Bologna
Antico insediamento ibero-ligure; passò agli etruschi con il nome di Felsina nel VI sec. a. C., in seguito venne occupata dai galli boi che l'elessero capitale. I romani se ne impossessarono nel 189 a. C. fondandovi una colonia, fu trasformata in municipio e chiamata Bononia. Assediata e distrutta dai barbari; in epoca medievale seguì le sorti dell'esarcato di Ravenna.
Dopo varie dominazioni divenne libero comune intorno al mille e seguì una fase di ripresa che portò all'istituzione dell'Università o Studium XI sec. Fece prte della prima e della seconda lega Lombarda, lottò con Barbarossa e Federico II. L'Università raggiunse notorietà a livello Europeo ma non cessarono le lotte interne.
Molti furono i tentativi di autonomia nei confronti della Chiesa e della nobiltà, ma sconfitti si diedero a papa Giulio II seguendo le sorti dello Stato Pontificio. Nel 1700 con la rivoluzione francese divenne un centro giacobino e dopo le vittorie napoleoniche fece parte della Repubblica Cispadana e poi di quella Cisalpina.
La pianta della città risale a epoca medievale con forma rotonda e una struttura viaria a raggiera; il centro storico è molto caratteristico per le vie a portici, i maestosi ed eleganti edifici, le torri medievali in cotto, materiale utilizzato a Bologna fin dall'epoca romana che determina il colore della cittadina.
E' chiamata “la dotta” per l'antichissima Università e la “grassa“ per i suoi ricchi piatti gastronomici. Nell'anno 2000 è stata capitale Europea della cultura e dal 2006 è stata dichiarata dall'UNESCO “città della musica”.
I ITINERARIO
Portici: essa è la città dei portici nel solo centro storico sono oltre 48 km.
Basilica di S. Petronio: risale al 1390 con inizi lavori e completata nel 1659; è la sesta Chiesa più grande d'Europa, dopo S. Pietro in Vaticano – Saint Paul a Londra – Cattedrale di Siviglia – Duomo di Milano e Duomo di Firenze.
E' lunga 132 metri per 60 di larghezza e l'altezza della volta di 51 metri; con il suo volume di 258.000 metri cubici è la Chiesa gotica in mattoni più grande del mondo. La facciata è incompiuta divisa in due fasce orizzontali; la parte inferiore ha specchiature marmoree eseguite nel trecento e cinquecento, quella superiore con materiale laterizio a vista.
La parte inferiore con basamento tardo gotico vi sono raffigurati Santi e rivestimento in pietra bianca d'Istria e marmo rosso di Verona. Presenta un portale decorato a bassorilievi di Jacopo della Quercia in formelle con storie della Genesi; l'architrave riporta scene del nuovo testamento e il gruppo a tutto tondo della lunetta raffigurante la Madonna col Bambino e Santi Petronio e Ambrogio.
I due portali laterali sono del 1524 e decorati da formelle di vari autori; i pilastri raffigurano scene bibliche mentre gli architravi storie del nuovo testamento. La lunetta a sinistra rappresenta la Resurrezione del Lombardi, quella a destra il Cristo deposto dell'Aspertini, una Vergine del Tribolo e un S. Giovanni del Saccadenari.
Le fiancate della Basilica sono decorate tra contrafforti e finestroni in marmo traforato. Il campanile è del 1481 alto 65 metri; nella torre campanaria vi sono 4 campane del XV sec. L'interno si presenta con grandiose campate a pianta quadrata di circa 19 metri, alle quali corrispondono altrettante campate laterali divise in due parti.
In contro-facciata vi è un monumento sepolcrale in cotto del 1526 su robusti pilastri e alcuni pannelli ad affresco con Santi. Nelle navate laterali si aprono 22 cappelle; in quella di S. Abbondio nel 1530 venne incoronato da papa Clemente VII, l'imperatore Carlo V e vi sono affreschi di Giovanni da Modena.
La cappella di S. Petronio ospita le reliquie del Santo; sul pilastro della terza cappella vi sono due orologi, tra i primi in Italia con la correzione del pendolo 1758. La IV cappella è dotata di transenna marmorea gotica del 1400, sull'altare un polittico ligneo con 27 figure intagliate e altre dipinte da Jacopo di Paolo.
La VII cappella ha sull'altare la Madonna in trono, un capolavoro di Lorenzo Costa del 1492 e dello stesso autore sono i disegni delle vetrate policrome. Il monumento funebre con le spoglie del principe Felice Baciocchi e di sua moglie Elisa Bonaparte. 1845. Tutte le cappelle sono dotate di affreschi.
La prima meridiana costruita in S. Petronio fu realizzata d Egnazio Danti nel 1575, dotata delle varie stagioni lungo una striscia marmorea con i segni zodiacali; nel 1657 questa lasciò il posto alla meridiana di Giovanni Domenico Cassini le cui misure sono eccezionali: lunga metri 66,8 che ancora oggi ne fanno la meridiana più grande del mondo.
Ai due lati dell'altare maggiore sopra le cantorie si trovano due organi a canne tra i più antichi in Italia. Inoltre custodisce uno dei più antichi simboli della fede cristiana: le storiche “quattro croci“ che secondo la tradizione furono poste su antiche colonne di epoca romana da S. Ambrogio o S. Petronio fra il IV – V sec.
All'interno della Basilica vi è allestito l'archivio storico con documenti che contano 724 pezzi fra volumi, buste e mazzi. Una curiosità: in una delle due grandi corti dei calchi (cast courts) nel Victoria and Albert Museum di Londra, è presente il calco integrale in scala 1:1 della Porta Magna eseguita da Oronzo Lelli nel 1886.
Palazzo del Podestà: risale al 1200 e su di esso si erge la torre dell'Arengo quadrangolare in cotto. Nel 1453 Aristotile Fioravanti vi collocò l'attuale campana e rinnovò la facciata romanica con lo stile rinascimentale. Il grande salone del Podestà dal 1581 al 1767 venne utilizzato come teatro pubblico.
La parte inferiore del palazzo è decorata con centinaia di formelle a motivo floreale. Nel 1245 al Palazzo venne affiancato il palazzo Re Enza e tra i due palazzi si trova il “Voltone del Podestà” una volta a crociera sostenuta agli angoli da quattro pilastri sormontati da altrettanti statue in terracotta che rappresentano i Santi protettori della città. Qui nell'antichità venivano eseguite le impiccagioni sono ancora visibili le travi a cui venivano fissate le funi.
Palazzo comunale: formato da più edifici del XIII sec. il portale risale al 1555 sovrastato da una loggia con una statua bronzea raffigurante Gregorio XIII e sulla sinistra una Madonna col Bambino in terracotta ad opera di Niccolò dell'Arca nel 1478. Il cortile interno ha tre lati porticati del 1400; al piano superiore si accede tramite una cordonata del Bramante e racchiude pregevoli opere d'arte.
Il palazzo ospita le collezioni comunali d'Arte tra cui il Canova – del Francia – Vitale da Bologna - Signorelli e Tintoretto, oltre a pregevoli raccolte in miniature del XVIII sec. come: vetri, ceramiche, maioliche, argenterie.
Palazzo dei Banchi: trae il nome da alcuni banchi o botteghe che nel XV – XVI sec. esercitavano l'arte cambiaria. Risale al 1412 ma rifatto nel 1565/68 da Jacopo Barozzi detto il Vignola, dal lato sud parte il portico più famoso “il Pavaglione”. Esso a lungo è stato considerato il passeggio “bene“, il salotto della città. Dietro il palazzo vi è il mercato di mezzo: una serie di vicoli dove fin dal medioevo esiste un mercato di prodotti tipici e artigianato.
Fontana del Nettuno: frutto di collaborazione tra Zanobio Portigiani, Tommaso Laureti e Giambologna risale al 1566 voluta da Pier Donato Cesi per glorificare il governo pontificio del papa Pio IV. Il critico d'Arte, politico e docente Italiano Giulio Carlo Argan la definì “soprammobile da piazza”; essa poggia su di una base di tre gradini con sopra una vasca in macigno locale ricoperto da marmo di Verona.
Al centro della vasca vi è uno zoccolo e alla base quattro nereidi che si toccano i seni, sono decorati con emblemi pontifici di foggia fantastica e quattro putti che reggono i delfini, facendo un riferimento del Gange, del Nilo, del Rio delle Amazzoni e del Danubio: i quattro continenti che allora erano conosciuti.
La maestosa figura serpentiforme del Dio Nettuno si erge al centro del piedistallo, nato dallo scalpello del Giambologna. Ai lati della vasca in marmo sono riportate iscrizioni in latino: “fori ornamento” (fatta per ornare la piazza)- “aere publico” (fatta con i soldi pubblici) - “populi commodo” (fatta ad uso del popolo) - “MDLXIIII“ (eseguita nel 1564 – ma in realtà l'opera fu portata a compimento nel 1566).
In lettere capitali latine nei quattro cartigli tra le sirene, sono incisi i nome dei committenti:
“Pius IIIIPont.Max“(Pio IV Pontefice Massimo); - “Petrus Donatus Caesius Gubernator“ (Pier Donato Cesi Cardinale vice Legato); - “Carolus Borromaeus Cardinalis” (Carlo Borromeo Cardinale Legato); - “S.P.Q.B.“ (Senatus Populusque Bonononiensis, ovvero il reggimento di Bologna).La fontana in se con la statua simboleggia l'Ordine storico della Goliardia bolognese “Excelsa Neptuni Balla” e il capo dell'ordine, il Pontifex Maximus, ha lo scettro che raffigura il tridente.
Palazzo Bocchi: fatto erigere come sua residenza e per ospitare l'Accademia Ermatena da lui fondata nel 1546 da Achille Bocchi (1488 – 1562 con profondi interessi per testi ebraici, risale al 1546)su disegni di Jacopo Barozzi da Vignola mentre l'interno fu affrescato da Prospero Fontana; due iscrizioni sono sul bugnato della facciata una in ebraico riporta il versetto di un salmo (120) unico caso in Italia e in Europa- “Liberami dai bugiardi, Dio hanno sorriso così dolce; ma mentire attraverso i loro denti”. L'altro è in latino e recita: “Rex eris, aiunt, facies recte si” (fare bene, sarai incoronato) dalla lettera 1 da Orazio e legge.
Palazzo arcivescovile: con l'alto portico duecentesco e le quattro arcate del XVI sec. il cortile opera di Domenico Tibaldi risale al 1575 mentre il voltone d'ingresso è del 1772. Al suo interno si trovano avanzi architettonici del XIII e XIV sec.; la cappella fu decorata da F. Minozzi nel 1790 e varie sale sono opera di P. Fancelli.
Torre degli Azzoguidi: è una delle circa 20 case torri esistenti nel centro storico. Risale al XII sec. alta 61 metri e questo la classifica come seconda torre per altezza dopo quella degli asinelli. Per la sua perfetta verticalità è anche detta Altabella; la porta d'ingresso è sormontata da un arco ogivale in conci di selenite.
Cattedrale di S. Pietro: l'originale risale al IV sec. ed era dedicata a Nabore e Felice; un incendio nel 906 la distrusse e la nuova venne eretta entro le mura di selenite, le quali proteggevano una piccola porzione dei resti della Bononia romana dalle incursioni barbariche. A fianco alla Chiesa vi è il campanile paleocristiano di estrazione ravennate, ellittico nella base e rotondo alla cima facente parte di un preesistente complesso culturale del VI sec.
La facciata è tipicamente barocca con paramento murario in mattoncini rossi e decorazioni in marmo. E' suddivisa da due fasce sovrapposte da un alto cornicione, mentre la fascia inferiore è divisa da lesene corinzie. Presenta tre portali di cui il centrale è sormontato da un frontone con lo stemma di Benedetto XIV sorretto da due colonne; la fascia superiore ospita un grande finestrone.
Il campanile non fu mai demolito e oggi possiamo ancora ammirarlo all'interno dell'altro che gli fu costruito intorno; esso è alto circa 70 metri la torre campanaria ospita una campana detta “la nonna“ pesante 33 ql. Che con altre tre campane fanno un concerto di 65 ql.
L'interno ha una larghezza di m. 42,89 e lunga m.89,60, racchiusa da una volta a botte lunettata in tre navate; quelle laterali di poco più di cinque metri mentre la maggiore è larga 25 m. e sette grandi finestroni le danno luce. La contro-facciata è ornata da statue, sopra la porta e nelle nicchie laterali vi sono i quattro dottori della Chiesa; ai lati della porta maggiore due antichi leoni stilofori sorreggono altrettanti acquasantiere.
Cinque cappelle per lato intervallate da ambulacri sormontati da coretti che si aprono con cantorie sulla navata maggiore. La cappella del battistero presenta la vasca battesimale marmorea del 1698; la cappella del Sacro cuore è decorata con stucchi di Ferdinando Rossi e una pala d'altare di Giuseppe Cassioli del 1925.
La cppella del Santissimo Sacramento del 1731 opera del Torreggiani, riporta marmi e fusioni in bronzo su cui spicca la pala del 1737 di Donato Creti raffigurante S. Ignazio di Loyola. Segue la cappella delle reliquie presenta un opera di Pietro Fiorini del 1500, nella grande nicchia vi sono le reliquie del Cardinale Paleotti coperte da una replica d'immagine mariana venerata in Roma presso la Chiesa di S. Lorenzo in Damaso.
La cappella S. Ambrogio mostra una pala raffigurante il Santo inserita in un'architettura di dipinta da Luigi Samoggia nel 1883. La cappella del beato Nicolò Albergati presenta la balaustra e la quadratura di Stefano Orlandi del 1750 e la pala del beato del 1748, mentre di fronte vi è collocato il gruppo scultoreo in terracotta detto “Compianto sul Cristo morto” di Alfonso Lombardi del 1522/26.
La cappella di S. Anna mostra marmi policromi di Davide Venturi 1906 e un tempietto al centro con la reliquia di S. Anna in rame dorato e smalti, che fu donata dal re d'Inghilterra Enrico IV al Cardinale Nicolò Albergati Benedetto e una cupoletta affrescata da Mauro Cesare Trebbi. La cappella di S. Apollinare contiene la pala S. Apollinare consacrato vescovo da S. Pietro e dipinta nel 1737 da Ercole Graziani Jr.
La cappella di S. Rocco reca una decorazione di Giuseppe Antonio Ambrosi. La pala al centro di Camillo Rusconi raffigura la Sacra famiglia con i Santi Rocco e Giacomo Maggiore di Marcantonio Franceschini dipinta nel 1727/28. Contestualmente lo stesso Franceschini dipinse S. Petronio e S. Pancrazio nel sottarco. Nella cupola sopra la navata vi è dipinta l'apparizione al Santo papa Celestino I di S. Pietro il quale lo induce ad eleggere vescovo di Bologna S. Petronio, opera di Vittorio Bigari del 1730.
La cappella di S. Carlo Borromeo vi è la pala di S. Carlo che distribuisce l'elemosina dipinta nel 1740 da Donato Cresti. La tribuna è interamente occupata dal presbiterio sopraelevato di alcuni gradini, opera di Domenico Tibaldi ed è coperto con volte a crociera. Al di sopra del colossale arco di trionfo due angeli reggono lo stemma di papa Gregorio XV.
La cappella maggiore è riccamente decorata con affreschi di Prospero Fontana 1579, Cesare Fiorini e Cesare Aretusi tra il 1500 e il 1600, mentre nel lunettone di fondo sotto la volta un dipinto di Ludovico Carracci raffigurante l'Annunciazione di Maria. L'altare maggiore è opera di Alfonso Torregiani in marmi policromi; sormontato da una pregevole Crocifissione romanica in legno di cedro del XII sec. con la statua di Gesù sulla Croce, della Maddalena e di S. Giovanni Evangelista.
Nel sacello della cripta vi è stato collocato un Cristo risorto bronzeo e una pala d'altare rappresentante S. Orsola del XVII sec. mentre nella cappella delle reliquie troviamo la resurrezione della carne del XVIII sec di Gian Pietro Cavazzoni Zanotti e una pietà del XVI sec. La cripta ospita anche il sepolcro di Giovanni Acquaderni che assieme a Mario Fani dono stati i fondatori della Società della Gioventù Cattolica Italiana, che in un secondo momento è diventata Azione Cattolica Italiana.
Dietro il campanile si trovano la segreteria e la segreteria capitolare: la prima contiene diversi dipinti di artisti dal XV al XVII sec. Nel mezzo della sacrestia capitolare vi è il dipinto di S. Pietro piangente davanti alla Vergine opera del 1616 di Ludovico Carracci e conserva inoltre paramenti antichi e arazzi tessuti a Roma su disegno di Anton Raphael Mengs donati a papa Benedetto XIV.
Palazzina Majani: eretta nel 1908 in stile Art Nouveau come sede dell'omonima azienda dolciaria fondata nel settecento da Teresa Majani.
Torre degli Scappi: risale al 1219 è alta 38,40 lo spessore dei muri alla base sono di m. 2,90; oggi la base per circa 20 m. di altezza è inglobata nella cinquecentesca casa Coccapani. Al piano terra vi è una delle più antiche e famose botteghe Bolognesi “la coroncina” la quale fu fondata nel 1694.
Chiesa madonna di Galliera: risale al XV sec. con facciata in forme rinascimentali a navata unica. Al suo interno è ricca di affreschi del Marchesi e una tavola raffigurante la natività dell'Albani.
Palazzo Ghisilardi-Fava: risale al 1484, essendo sorto su preesistenti strutture medievali nel sottosuolo sono stati rinvenuti reperti di età romana tra cui una strada in marmo, mentre al suo interno sono ancora visibili strutture murarie in grossi blocchi di selenite.
Durante il ventennio fascista il palazzo ospitò la casa del fascio di Bologna. Dal 1985 l'edificio ospita il museo civico medievale. Nel cortile del palazzo si erge la torre dei conoscenti con le tipiche caratteristiche di una casa torre.
Palazzo Felicini: costruito nel 1497 tutto in mattoni a vista sono eleganti gli ornati segnapiano, quelli che sottolineano i nove archi di portico e le finestre ogivali. Dal 1561 con i Fibbia si arricchì di importanti decorazioni come l'allegoria dell'Aurora, il trionfo di bacco e Arianna, e il crepuscolo di Domenico Maria Canuti e D. Santi del 1664 e la caduta di Fetonte, l'Assunzione della Vergine di Angelo Michele Colonna e G. Alboresi dello stesso anno 1664. Interessanti sono i capitelli corinzi di macigno su cui si alternano gli stemmi dei Felicini a quelli dei Ringhiera.
Percorrendo la via Galliera si ammira il cinquecentesco palazzo Calzoni realizzato dal Formigine; il Palazzo Montanari del XVIII sec. la cui facciata è opera del Torregiani; la quattrocentesca casa Bertoni; il palazzo Gamberini con ornamentazioni in cotto del Terribilia 1500.
Porta Galliera: eretta nel 1200; nel 1494 con il passaggio del bucintoro (era la galea di Stato dei dogi di Venezia) di Giovanni II Bentivoglio fu inaugurato il canale e il nuovo porto all'interno della porta, essa fu abbattuta e riedificata molte volte come noi l'ammiriamo risale al 1660/63.
Giardino della Montagnola: è una delle più antiche e centrali aree verdi della città; vi si accede tramite il Pincio di Bologna che fu realizzato nel 1896, esso sorge sui ruderi del palazzo che il Cardinale Bertrando del Poggetto fece costruire per ospitare papa Giovanni XXII e la sua corte, ma successivamente fu distrutto a furor di popolo.
All'interno del parco vi è una vasca circolare del 1888 contenente sculture di animali ad opera di Diego Sarti. La monumentale scalinata chiamata “il Pincio“ è ornata da sculture e rilievi che narrano le vicende della città.
II ITINERARIO
Museo civico archeologico: ha sede nel quattrocentesco Palazzo Galvani, esso nasce dalla fusione di due musei l'universitario erede “della stanza della antichità” dell'Accademia delle scienze di Luigi Ferdinando Marsili del 1714 e il comunale che si arricchì della collezione di antichità del pittore Pelagio Pelagi 1860 e numerosissimi reperti provenienti dagli scavi della città e del suo territorio.
Esso va dalla preistoria all'età romana; la collezione di antichità egizie è una delle più importanti d'Europa. Tra il 1972 e il 2012 il museo ha ospitato oltre 150 mostre ed esposizioni a carattere archeologico e artistico.
La sezione preistorica espone dal Paleolitico inferiore (circa 700.000 anni fa) fino all'età del bronzo finale (X sec. a. C.); il Paleolitico è documentato da strumenti in selce e ftanite (roccia sedimentaria di natura silicea, organogena, del tipo della radiolarite che è una roccia ricca di biossido di silicio e si può considerare una varietà di selce): bi-facciali, punte, raschiatoi.
Con l'età del bronzo si hanno numerosi esemplari di recipienti in ceramica, in osso, corno e metallo che sono stati rinvenuti insieme alle forme per la fusione, mentre la sezione etrusca espone l'insediamento etrusco dalle origini (IX sec. a. C.) alla fondazione di Felsina (l'insediamento bolognese del periodo etrusco) fra il VI e V sec. a. C. testimoniato da circa 4000 corredi tombali: vasi a forma biconica per le ceneri del defunto, strumenti in bronzo, vasellame in ceramica e bronzo. Tra i pezzi esposti vi è “l'Askos” una tipologia di vasi rari che conteneva olio per le lucerne.
La fase di Felsina IV sec. a. C. è rappresentata da corredi tombali tra i quali la “tomba grande” e “tomba dello sgabello” con pregiati vasi greci per il consumo del vino e oggetti di lusso quali: un candelabro o un sedile di avorio o anche la “Situla della Certosa” un raffinato recipiente in bronzo decorato con scene di vita militare, civile e religiosa.
Il museo comprende anche le lapidi sepolcrali romane databili I sec. a. C. e II sec. d. C. interessante la statua con la corazza dell'imperatore Nerone del I sec. d. C. che fu rinvenuta nel XV sec. in piazza dè Celestini che era sede del teatro romano; nel cortile sono presenti anche una serie di pietre miliari della via Emilia.
Nella sezione greca vi è la testa dell'Atena Lemnia, una copia in marmo di età Augustea da una statua in bronzo che fu eseguita da Fidia nel V sec. a. C. Pregevole è la raccolta di gemme antiche e moderne di oreficerie. Interessanti sono anche i buccheri: specchi etruschi a rilievo e incisi e le urne etrusche in terracotta e marmo.
La collezione romana si ammira il vasellame di vetro, bronzetti figurati, chiavi, fibule, aghi. Cucchiai, campanelli, pesi, bilance. Pregevole è la serie di avori paleocristiani (dittici e pissidi) decorati da motivi sacri e profani del V sec. d. C.
La collezione egizia è fra le più importanti d'Europa, comprende più di 3500 oggetti tra cui sarcofagi, stele e “Ushabti” (che in egizio significava “quelli che rispondono” (ed erano piccole statue che costituivano elemento integrante ed indispensabile del corredo funerario) i quali documentano 3000 anni di civiltà. Tra i reperti più importanti spiccano i rilievi provenienti dalla tomba di “Horemheb a Saqqara“ che risalgono al XIII sec. a. C.
Il museo vanta anche una collezione numismatica con 100.000 esemplari di monete, medaglie e conii, nonché monete della zecca italiana e delle medaglie papali. Una raccolta di copie in gesso di celebri sculture greche e romane. Il museo è dotato di sezione didattica, biblioteca con sala di lettura, archivio storico, fotografico, laboratorio di restauro, accesso per i disabili, sale per esposizioni temporanee, sala conferenze. Inoltre nello stesso edificio ha sede il museo del I e II risorgimento con materiale vario dal XVIII sec. alla seconda guerra mondiale; interessanti sono le armi di Gioacchino Murat.
Chiesa di S. Maria della vita: di antica fondazione venne ricostruita nel 1687 e nel 1787 Giuseppe Tubertini fece la cupola, mentre la facciata risale al 1905. Essa è nota perché custodisce un gruppo fittile del Compianto Cristo morto opera di Niccolò dellArca del quattrocento; è composto da sei figure a grandezza naturale più il Cristo giacente.
A lato dell'altare in “cornu Epistolae“ si trova il bellissimo organo costruito da Giuseppe Guermandi e restaurato dai Fratelli Ruffatti. Nell'oratorio detto “dei battuti“ si trova la Madonna col Bambino e Santi risalente al 1550 opera del Nosadella, nonchè un transito della Madonna formato da un gruppo di 14 statue in terracotta di Alfonso Lombardi del 1522, mentre nelle nicchie alle pareti vi sono statue di Alessandro Algardi raffiguranti S. Procolo, S. Petronio; la statua di S. Francesco e S. Domenico sono opera di Giulio Cesare Conventi. Il museo di arte sacra è ospitato nell'oratorio.
Archiginnasio: è uno dei palazzi più significativi ubicato nel cuore del centro storico, fu sede dell'antica università fino al 1803. Dal 1838 è sede della biblioteca comunale dell'archiginnasio la più grande dell'Emilia-Romagna e custodisce circa 35.000 manoscritti ed incunaboli. Fu costruito nel XVI sec. esso è strutturato su due piani con porticato anteriore e cortile centrale a doppio ordine di logge. A testimonianza della lunga storia universitaria del palazzo, è rimasto il più vasto complesso araldico murale al mondo; attualmente vi sono circa 6000 stemmi studenteschi e iscrizioni in onore dei professori, mentre in origine erano oltre 7000.
Cappella di S. Maria dei Bulgari: si trova nel palazzo Archiginnasio e vi si accede dal cortile, prende il nome da una Chiesa che sorgeva in “curia Bulgari“ presso le case del giurista Bulgaro del XII sec. Al suo interno conserva un'Annunciazione ad opera del Calvaert e frammenti di pitture a fresco di Bartolomeo Cesi.
Teatro anatomico: ubicato nel palazzo Archiginnasio era una sala dedicata allo studio dell'anatomia, a forma di anfiteatro eretta in legno d'abete, con soffitto a cassettoni e decorata con statue. E' caratterizzata da una cattedra per il professore sovrastata da un baldacchino retto da due statue di uomini nudi e privati della pelle detti “gli spellati“ opera del settecento di Ercole Lelli.
Numerose statue decorano le pareti e rappresentano medici dell'antichità; essi sono in busti quelli ritenuti di figure minori, mentre a figura intera se considerati eminenti luminari. Le due statue principali all'entrata raffigurano Ippocrate il più grande medico greco e Galeno il più importante medico romano.
Sulla parete opposta alla cattedra una singolare statua raffigura un medico che regge in mano un naso; è il bolognese Gaspare Tagliacozzi il quale è considerato il precursore della rinoplastica. Al piano superiore sono le antiche sale di studio dei legisti (diritto civile e diritto canonico), degli artisti (filosofia, medicina, matematica, scienze fisiche e naturali). L'aula magna “Stabat Mater“ è così chiamata poiché il 18 marzo 1842 si tenne la prima esecuzione nazionale dell'omonima opera di Gioacchino Rossini diretta da Gaetano Donizetti.
Basilica S. Domenico: il 22 dicembre 1216 papa Onorio III approvò la regola dell'ordine di Domenico di Guzmàn e nel gennaio del 1218 il Santo giunse a Bologna, si stabilì con i suoi monaci, nel convento della Chiesa di S. Maria della Purificazione (oggi nota come Mascarella).
Per avere spazi più ampi nel 1219 Domenico si stabilì definitivamente nel convento di S. Nicolò delle Vigne (lo stesso luogo dove oggi sorge la basilica). Il 6 agosto 1221 il Santo morì e fu sepolto dietro l'altare di S. Nicolò. Dal 1228 la Chiesa fu ingrandita e fu completata nel 1240.
L'antistante piazza di S. Domenico è dotata di pavimentazione in ciottoli di fiume; nella parte posteriore della piazza è presenta una colonna in pietre e bronzo ad opera di Guido Reni con la Madonna del Rosario del 1632, la quale commemora la fine dell'epidemia della peste mentre nella parte anteriore, si eleva la colonna con la statua di S. Domenico.
Molto caratteristiche nella piazza sono le tombe del glossatore Rolandino dè Passaggeri del 1305 e quella di Egidio Foscherari risalente al 1289. La facciata in forme romaniche è a capanna in laterizi e coevo è il rosone traforato. Nella lunetta del portale vi è un mosaico raffigurante S. Domenico che benedice.
L'interno a tre navate e numerose cappelle laterali, un transetto e un coro. La torre campanaria risale al 1313 in stile gotico. La cappella di S. Domenico contiene la preziosa Arca di S. Domenico il quale contiene i resti del Santo e fu costruita nel XVII sec. dall'architetto Floriano Ambrosino che sostituì la cappella duecentesca. Essa è larga 13,60 metri lunga 23,80 metri e alta 38 metri, è sopraelevata di 1,5 metri rispetto al pavimento della basilica; è a pianta quadrata e contiene un'abside semi-circolare e un tamburo con cupola. Al centro è posta l'arca di S. Domenico.
Alla sommità della cimasa cioè dell'intera arca si vede Dio Padre che sorregge il mondo con la mano sinistra tenendolo vicino al cuore e sotto i suoi piedi un altro globo più grande. Più in basso i simboli della creazione: i festoni di frutta rappresentano la terra, i due putti il cielo e gli otto delfini il mare.
Più in basso vi è il mistero della redenzione: Gesù morto rappresentato in mezzo a due angeli a destra quello dell'Annunciazione e a sinistra quello della passione; allo stesso livello degli angeli, i quattro Evangelisti: S. Matteo – S. Marco – S. Luca e S. Giovanni che hanno diffuso nel mondo intero il messaggio della redenzione di Cristo.
Poco sotto, appoggiato alla cornice vi sono otto statue che raffigurano i protettori di Bologna: S. Francesco – S. Petronio – S. Domenico e S. Floriano che si notano nella parte anteriore, mentre nella parte posteriore: S. Agricola – S. Giovanni Battista – S. Procolo e S. Vitale.
I 4 lati del sarcofago parallelepipedo sono decorati da sei pannelli scolpiti ad altorilievo da Nicola Pisano e allievi. Essi rappresentano le storie e la vita di S. Domenico, intervallate da sei statuette delle quali due al centro dei lati maggiori raffigurano Cristo e la Vergine con il Bambino e quattro figure angolari dai nomi incerti. La storia di S. Domenico parte dal pannello di destra sul lato lungo del sarcofago rivolto verso l'entrata e si procede verso sinistra in senso orario.
Inizia con la prova del fuoco che brucia i libri degli Albigesi, è descritto un evento avvenuto in linguadoca (è un territorio al sud della Francia corrispondente all'antica provincia di Linguadoca) prima del 1216 quando il Santo operava su richiesta di papa Innocenzo III per convertire i Catari e questi non sapevano se accogliere la parola di Domenico o quella dell'eresia albigese dei Catari; qui S. Domenico chiese di gettare i libri di entrambi nel fuoco e vedere quali dei due libri avrebbe resistito alle fiamme. Nell'altorilievo si vede il fuoco al centro capeggiato da un giudice, gli eretici sulla destra vedono i loro libri bruciare; a sinistra quello di Domenico con i suoi confratelli vedono il loro libro rimanere sospeso.
Miracolo della resurrezione di Napoleone Orsini caduto da cavallo in uno dei suoi viaggi a Roma. Domenico si imbatté nella morte per la caduta da cavallo del giovane nipote del Cardinale Stefano Fossanova e lo resuscitò: la scena è dominata dal cavallo e dal giovane a terra e soccorso da due passanti. In piedi vediamo lo stesso giovane seguito da Domenico e i confratelli che lo riconsegnano alla famiglia.
I Santi Pietro e Paolo consegnano la Missione dell'ordine. In uno dei suoi viaggi a Roma Domenico vide apparire S. Pietro e S. Paolo che gli consegnarono la Bibbia e un bastone con cui esercitare le sue prediche: sulla sinistra vediamo S. Domenico inginocchiato di fronte ai due Santi ricevere il bastone e il libro. Sulla destra Domenico insegna ai confratelli a predicare con quei strumenti.
Approvazione dell'ordine da parte di papa Innocenzo III. Nel 1216 Domenico chiese al papa l'approvazione della regola ma fu respinto; in seguito il papa in un sogno vide Domenico sorreggere la Chiesa di S. Giovanni in Laterano, accolse di nuovo Domenico consigliandogli di adottare la regola agostiniana; fu papa Onorio III alla fine dello stesso anno che approvò definitivamente la regola domenicana. A sinistra vediamo il Santo inginocchiato di fronte a un papa freddo e distaccato; al centro la visione del papa dormiente con Domenico che sorregge la Chiesa e a destra Domenico inginocchiato davanti ad un papa accogliente.
Adesione di Reginaldo d'Orleans all'ordine. Dal 1218 Domenico è a Bologna e ricevette la visita del docente di teologia alla Sorbona di Parigi (Reginaldo d'Orleans). A Bologna il professore si ammalò gravemente e venne guarito da Domenico; a sinistra vediamo Reginaldo e Domenico a colloquio, al centro il professore cade ammalato e a destra lo vediamo coricato a letto che gli appare la Madonna la quale toccandogli il capo gli mostra l'abito domenicano.
Miracolo dei pani portati dagli angeli alla mensa del Santo. Siamo sempre nel 1218 e Domenico è in riunione con i confratelli nella piccola Chiesa di S. Niccolò delle Vigne a Bologna; mancando il desinare Domenico si mise a pregare e apparvero due giovinetti che portarono pane e fichi. La scena vede sette domenicani a tavola incluso Domenico al centro e davanti a loro i due giovani che portano vivande per la cena.
Dall'analisi stilistica si nota che molte figure scolpite presentano caratteristiche più goticheggianti, con forme nervose e lineamenti più marcati, questo è spiegabile nel fatto che nel 1265 Nicola Pisano era contemporaneamente impegnato a Siena per la commissione del pergamo del Duomo e quindi qui vi fu un'ampia partecipazione della bottega suoi allievi: fu scolpita prevalentemente da Arnoldo di Cambio e dal converso domenicano Guglielmo da Pisa oltre che da due altri allievi Lapo e Donato citati da Vasari ma non noti.
Sotto il sarcofago vi è la stele di Alfonso Lombardi con l'adorazione dei magi al centro e scene della vita del Santo ai lati. Partendo da sinistra vediamo: la nascita di Domenico; Domenico fanciullo sdraiato sul pavimento che per un desiderio innato abbia lasciato il comodo letto e abbia preferito il pavimento; la scena raffigura il bimbo ai piedi del letto dove si vede anche un cane simbolo dei domenicani con in bocca una torcia, allusione al sogno della madre di Domenico e riferimento al fatto che il nascituro avrebbe incendiato il mondo con la sua opera.
Vendita dei libri: Durante gli studi a Palencia Domenico vendette i suoi costosi libri per assistere alcuni affamati. Nell'occasione disse: “non voglio studiare su dei libri in pelle morta mentre gli uomini muoiono di fame”. Adorazione dei re magi: è riferito all'esortazione di Domenico verso i confratelli a cercare il Cristo con la stessa assiduità e passione dei re magi.
Morte di Domenico: la scena raffigura la visione di frà Guala priore di Brescia il quale nello stesso momento che Domenico spirò vide un'apertura nel cielo attraverso la quale un domenicano era seduto ai piedi di una scala tenuta ai lati dalla Madonna e da Gesù, questi fecero salire la scala con il domenicano finchè fu risucchiato da un fascio di luce e da un canto di angeli. Nella scena una serie di figure inginocchiate e in piedi che vedono l'ascesa di Domenico.
Ai lati della stele vi sono due angeli reggi-torcia quello di sinistra è opera di Niccolò dell'Arca 1469/73; mentre quello a destra è di Michelangelo 1494. Sotto l'altare dell'arca è presente un bassorilievo con la morte del Santo di Jean Baptiste Boudard 1768. Dietro l'arca è custodito un prezioso reliquiario di Jacopo Roseto da Bologna del 1383 contenente il capo di S. Domenico.
L'affresco del catino absidale della Chiesa raffigura la Gloria di S. Domenico opera di Guido Reni del 1613/15. Le sette statue collocate sulla parete di fondo entro le nicchie sono opera di Giovanni Tedeschi del 1617/31 e raffigurano le tre virtù teologali Fede, Speranza e Carità e le quattro virtù cardinali Temperanza, Fortezza, Giustizia, Prudenza. Una targa commemora la visita di papa Giovanni Paolo II nel XX sec.
Cappella Madonna del Rosario il cui altare risale al 1589 opera di Floriano Ambrosini che accoglie la Madonna del rosario e quindici formelle dipinte raffiguranti i 15 misteri del Rosario la cui preghiera fu introdotta proprio da Domenico; la cappella fu terminata nel 1601 da vari artisti quali: Ludovico Carracci; Guido Reni; Bartolomeo Cesi; Denijs Calvaert, Lavinia Fontana, Francesco Albani e Domenichino. Nella cappella trovarono sepoltura i due pittori: Guido Reni ed Elisabetta Sirani deceduti nel 1342 e 1665 rispettivamente.
Sulla destra dell'altare si trova l'organo su cui Wolfgang Amadeus Mozart studiò nel periodo che fu ospite a Bologna come allievo di padre Giovanni Battista Martini per sostenere gli esami all'aggregazione all'Accademia Filarmonica di Bologna. Nel transetto sinistro trova posto il settecentesco cenotafio di Enzo di Sardegna qui sepolto nel 1279; il sepolcro del vescovo domenicano Martino di Opavia e il beato Giacomo da Ulma morto nel 1491, artista domenicano autore di pregevoli vetrate gotiche nella basilica di S. Petronio.
Nella cappella di S. Michele vi è il prezioso Crocifisso del 1250 di Giunta Pisano che fu esposto per la consacrazione della basilica avvenuta il 17 ottobre 1251 da parte di papa Innocenzo IV. Sulla parete sinistra della cappella vi è un dipinto staccato attribuito a Jacopo Benintendi detto il biondo e raffigurante S. Tommaso d'Aquino e S. Antonio Abate risalente al trecento. A lato una ricomposizione cinquecentesca del monumento a Taddeo Pepoli con le lastre di marmo scolpite ad altorilievo con quattro scene della vita del signore di Bologna e realizzate dal pittore pisano nel 1347.
Dietro l'altare dell'abside si trova il preziosissimo e monumentale coro ligneo, lavoro ad intarsio in tipico stile rinascimentale opera di fra Damiano da Bergamo; le scene sono ispirate all'antico e nuovo testamento. L'abside è dominata dal polittico del bolognese Bartolomeo Cesi racchiusa all'interno di una ricca cornice lignea scolpita e dorata. Al centro l'adorazione dei re magi e sottostante l'Ultima cena.
Fra le numerose opere presenti si distinguono: il matrimonio mistico di S. Caterina d'Alessandria del 1501 di Filippino Lippi; sepolcro di Alessandro Tartagni opera di Francesco di Simone Ferrucci da Fiesole; S. Raimondo di Penafort attraversa il mare sul suo mantello seicentesco di Ludovico Carracci; S. Vincenzo Ferreri resuscita un fanciullo opera di Donato Creti; S. Tommaso d'Aquino del 1662 opera del Guercino.
Museo – Convento e biblioteca: la basilica è dotata di un piccolo museo con opere d'arte e reliquie come: il reliquiario di Luigi IX di Francia oreficeria in stile gotico XIII sec.; Madonna col Bambino (detta del velluto) tavola mirabile di Lippo di Dalmasio del 1408; resti della pietà in terracotta del 1495 di Baccio da Montelupo; busto di S. Domenico in terracotta di Niccolò dell'Arca del 1474; resti di un affresco Madonna col Bambino e S. Domenico XIV sec. di artista sconosciuto; Madonna col Bambino S. Domenico e Vincenzo Ferreri del 1773 di Ubaldo Gandolfi; numerosi intarsi di fra Damiano da Bergamo.
Interessante l'adiacente convento con i chiostri del XIV – XV e XVI sec. con numerose opere d'arte. La biblioteca risale al 1466, strutturata a navate su colonne come la basilica conserva numerosi manoscritti. É affiancata dal salone Bolognini in cui è custodita la tela raffigurante “l'estasi di S. Tommaso” opera di Marcantonio Franceschini.
III ITINERARIO
Palazzo di giustizia: o Palazzo Ruini detto anche Palazzo Baciocchi; è sede della Corte d'Appello dell'Emilia-Romagna esso risale al XVI sec. Notevole è lo scalone d'onore dotato di due rampe ellittiche, si accede al I piano con ambienti decorati dal Franceschini e da altri artisti. L'ultimo proprietario è stato Felice Baciocchi di professione occhialaio, passò al ramo nobile grazie al matrimonio con Elisa Bonaparte sorella di Napoleone. Dal 1873 è sede degli uffici giudiziari e quindi della Corte di Appello dell'Emilia-Romagna.
Chiesa dell'Annunziata: risalente al trecento e modificata nel XV sec. con portico di gusto rinascimentale. L'interno è diviso in tre navate poggianti su pilastri e colonne, custodisce una pittura a fresco staccata raffigurante l'adorazione dei re magi del XVI sec.
Corpus Domini: venne fondato il 22 luglio 1456 da S. Caterina dè Vigri (1413 – 1463) ed è il primo convento di suore clarisse della città di Bologna. A navata unica, nel transetto si ammirano dipinti di Ludovico Carracci, mentre del Franceschini sono gli affreschi nella cappella di S. Caterina dèVigri. Dalla Chiesa si accede al museo dove è conservato il corpo seduto e incorrotto della Santa; vi si conservano alcuni manoscritti di opere. Sulla parete sinistra è presente un reliquiario con il dipinto della Madonna del Pomo attribuito al pennello della Santa; ad essa è attribuita anche l'immagine di del Bambino Gesù ad acquarello che veniva portata per devozione ai malati.
La cella che ospita il museo risale al 1680 e ospita alcuni dipinti del Franceschini; decorazioni floreali di Enrico Haffner; le riquadrature del Quaini e i putti in stucco di Giuseppe Maria Mazza; sulla parete di destra di fronte alla Madonna del Pomo vi è una giga (strumento musicale). Le monache hanno come forma di di vita la regola di S. Chiara ed emettono i voti di castità – povertà – obbedienza e clausura. Nella Chiesa sono sepolti gli scienziati Luigi Galvani e Laura Bassi.
Chiesa di S. Procolo: risale al sec. XI, fra il 1535 e il 1557 l'architetto Antonio Morandi detto “Terribilia” costruì la quinta campata della Chiesa, il coro ed il campanile mascherando le volte a sesto acuto per farle sembrare a tutto sesto. Al suo interno si trova l'organo costruito da Baldassarre Malamini nel 1580 e aggiunte ottocentesche di Verati. La Chiesa custodisce i resti del pittore bolognese Paolo Alboni.
Curiosità: all'interno è presente una piccola lapide che recita uno scioglilingua in latino “SI PROCUL A PROCULO PROCULI CAMPANA FUISSET NUNC PROCUL A PROCULO PROCUL IPSE FORET A.D. 1393” - “SE PROCOLO FOSSE STATO LONTANO DALLA CAMPANA DI S. PROCULO, ORA PROCULO SAREBBE LONTANO DALLO STESSO S. PROCOLO ANNO DOMINE 1393”.
Da visitare sono i quattro chiostri cinquecenteschi della vicina ex Abbazia benedettina, mentre davanti a S. Procolo sorge il teatro “la Ribalta” con portici cinquecentesco.
Palazzo Sanuti Bevilacqua Degli Ariosti: risale al 1477 caratterizzato dall'assenza di portico e sostituito dalla fascia di bugnato a spigolo smussato in arenaria grigia di Porretta che corre lungo tutto il piano terra, mentre i piani superiori sono realizzati in laterizio. All'interno vi è un cortile ornato da decorazioni in cotto di Sperandio da Mantova, caratterizzato da due logge le cui colonne sono ad opera di Tommaso Filippo da Varignana con porticato e al centro una fontana.
Chiesa di S. Giovanni Battista dei Celestini: è molto antica e fu ristrutturata nel 1535 attribuita al “Terribilia”; la facciata è del 1765 su progetto del Tavolini che curò anche la sacrestia. Il sontuoso decoro interno rende la piccola Chiesa più importante di tante altre; custodisce sculture del Mazza e dell'Orsoni, dipinti di Mastelletta, Gandolfi e del Sabattini.
La Chiesa custodisce anche la sepoltura dello scultore bolognese Niccolò dell'Arca. Il vicino convento è ora sede dell'Archivio di Stato.
Torre dei Galluzzi: sita all'interno della corte omonima è alta circa 30 metri, con spessore dei muri alla base di 3,10 metri; la sua costruzione risale al 1257 la porta alla base èdi recente apertura, mentre l'originale si trova a 10 metri di altezza e collegava la torre ad una casa di legno. Le buche pontaie in cui venivano innestate le travi sono ben visibili sulla facciata; la porta è sormontata da un arco ogivale.
Oratorio di S. Giovanni Battista dei Fiorentini: si trova affiancata alla torre ed è sovrapposta all'antica Chiesa di S. Maria Rotonda dei Galluzzi (sconsacrata e destinata ad uso commerciale). Essa presenta una struttura e una decorazione barocca, la forma attuale è dovuta ai rimaneggiamenti del 1793 da Giuseppe Tubertini. Al suo interno presenta la volta decorata con dipinti raffiguranti la Gloria di S. Giovanni Battista risalenti al 1688 opera di Mauro Aldrovandini.
Basilica di S. Paolo Maggiore: risale al seicento ad opera del barnabita architetto Giovanni Ambrogio Magenta, mentre la facciata risale al 1636 ad opera di Ercole Fichi. E' a navata unica voltata e cappelle laterali, caratterizzata da uno spettacolare ciclo di affreschi raffigurante la vita e le opere di S. Paolo nonché un dipinto di Ludovico Carracci raffigurante il paradiso e un altro del Guercino che raffigura S. Gregorio e le anime del Purgatorio.
Museo storico-didattico della tappezzeria: fa parte dei musei civici d'arte antica, nacque nel 1946 ad opera del tappezziere bolognese Vittorio Zironi che con appassionati ed esperti il 6 novembre 1966 inaugurarono il museo, oggi comprende un vastissimo patrimonio etnografico, culturale e artistico unico al mondo nel suo genere.
Sono conservati tessuti Italiani come: damaschi – lampassi – broccati – velluti – taffetas – liserè ecc. tessuti orientali, turchi, egiziani, copti, caucasici, persiani e indiani, tessuti asiatici, giapponesi, trine e ricami, molti paramenti sacri, abiti e costumi, bandiere e stendardi, pelli, passamanerie, telai, attrezzi e macchinari per tappezzieri.
Inoltre pizzi e ricami Aemilia Ars, oltre che umbri provenienti dalla scuola di Sorbello. Disegni di gioielli di Alfonso Rubbiani, Aemilia Ars – disegni per i merletti Aemilia Ars, testate di pagina e iniziali ornate di Guido Fiorini uno dei più ispirati disegnatori e decoratori di Aemilia Ars.
Chiesa di S. Salvatore: l'attuale edificio risale al 1606 su di una precedente struttura risalente al 1056 abbattuta per una nuova costruzione più ampia. La facciata molto semplice custodisce in quattro nicchie le statue in cotto degli Evangelisti in finto bronzo, mentre altre tre statue in rame sono poste sulla sua sommità.
L'interno a navata unica con cappelle laterali in cui conserva: La Sacra Famiglia di Alessandro Tiarini; il polittico di Vitale da Bologna risalente al 1353; la Madonna della vittoria una tavola del trecento di Simone dei Crocifissi; una grande pala realizzata tra il 1610 e il 1620 dal pittore Ferrarese Carlo Bonomi; al centro del pavimento è posta la tomba di Giovanni Francesco Barbieri detto “il Guercino” che per lungo tempo fu accolto dai canonici e volle essere sepolto nella loro sede nel 1666 con il fratello Paolo Antonio Barbieri.
Palazzo della Prefettura: risale al 1561 da Francesco Caprara su progetto di Francesco Morandi “il Terribilia“ e poi di Niccolò Donati al suo rinnovamento del settecento contribuì anche il Torreggiani; divenuto residenza vice-reale nel 1805 il palazzo ospitò Napoleone Bonaparte.
Palazzo Dall'Armi-Marescalchi: risale al 1466 e rifatto nel 1613; nel 1961 una società immobiliare ne aveva chiesto l'abbattimento per il suo deterioramento e fu acquistato dal Ministero del Tesoro che dopo il restauro lo destinò alla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici dell'Emilia. La parte ex Sorra Munarini dove nel 1874 vi nacque Guglielmo Marconi era stata sopraelevata di due piani in stile neoclassico agli inizi del novecento ed usato come sede universitaria, mentre nel giardino venne edificato un caseggiato allineato agli storici Dall'Armi-Marescalchi e Munarini-Sorra.
Tombe dei Glossatori: conservano le spoglie di alcuni importanti professori che nel medioevo venivano chiamati glossatori perché commentavano i testi di diritto romano con aggiunte esplicative a margine, dette glosse per rendere più chiaro il contenuto. I cinque mausolei sorgono in due luoghi di Bologna: piazza Malpighi adiacente a piazza S. Francesco e piazza S. Domenico e tutti risalgono al XIII sec.
Sono costituite con poche variazioni da un'edicola sormontata da una piramide la quale poggia su di un numero variabile di colonnine in marmo, eretto su di un piedistallo o su di un altro ordine di pilastrini secondo una struttura definita “free standing tomb” per la collocazione nello spazio; “a baldacchino” alla copertura. All'interno dell'edicola è posta un'arca di marmo, leggermente rialzata su bassi sostegni.
La prima tomba di cui si ha notizia è quella di Odofredo Denari presso S. Francesco che risale al 1265. Il secondo in ordine di tempo è quello di Rolandino dè Romanzi del 1285. La tomba di Egidio Foscherari del 1291 è ben documentata dalle fonti. Tomba degli Accursii risale al 1293. Tomba di Rolandino dei Passaggeri eretta tra il 1300 e il 1306 e nonostante i danni provocati da una bomba del 1943 il suo assetto corrisponde a quello originale.
IV ITINERARIO
Colonna dell'Immacolata: si erge nella piazza Malpigli l'antica selciata di S. Francesco dove si trovano l'abside a cappelle radiali e i due campanili dell'omonima Chiesa. Alla sommità della colonna ionica svetta la statua in rame della Vergine che fu realizzata da Giovanni Tedeschi nel 1638 su disegno di Guido Reni. Il piedistallo presenta gli stemmi di papa Urbano VIII, della famiglia francescana e del comune di Bologna.
Basilica di S. Francesco: risale al XIII sec. il Santo fu pellegrino a Bologna nel 1222 alloggiando nella casa di S. Maria delle Pugliole la quale già Bernardo di Quintavalle aveva ottenuto nel 1213 da Nicolò Pepoli. I francescani restarono in S. Maria fino al 1236 quando papa Gregorio IX e per concessione delle autorità civili costruirono il nuovo complesso.
Nel 1796 con l'arrivo dei francesi la Chiesa fu sconsacrata e ridotta a dogana; tra il 1886 e il 1906 Alfonso Rubbiani ne curò il restauro restituendo alla Chiesa l'aspetto originario. La facciata ha l'aspetto romanico a capanna, tripartita da lesene e decorata da scodelle di ceramica lungo gli spioventi. Il portale si apre entro un protiro marmoreo affiancato da bassorilievi dell'VIII sec.; nei pressi dell'abside sono interessanti i tre monumenti funebri Arche dei glossatori Accursio e del figlio Francesco d'Accursio, del giurista Odofredo e di Rolandino dei Romanzi.
Alla base del campanile grande vi è la gotica tomba di Pietro Canetoli del 1382, vicino è posto l'affresco della Madonna con Bambino e Santi opera di Pietro Lianori del 1405. Tra la Chiesa e gli edifici che la fiancheggiano sorge un piccolo atrio in stile romanico, con archi a tutto sesto e sulle pareti frammenti di sculture ed elementi decorativi; da qui si accede al chiostro del convento e alla Chiesa da un ingresso laterale.
L'interno a tre navate scandite da pilastri ottagonali con altissime volte divise in sei vele, mentre nel coro si sviluppa un deambulatorio absidale con corona di nove cappelle a raggiera. Sulla contro-facciata vi è il monumento di Ludovico Boccadiferro del 1545; sulle pareti della Chiesa troviamo: il monumento di Pietro Fieschi opera di Francesco di Simone Ferrucci del 1492; l'Arca del vescovo Galeazzo Bottrigari del 1519; il monumento di Alessandro Zambeccari opera di Lazzaro Casario del 1571; il sepolcro di Giuseppe Arnolfini del 1543; il sepolcro di papa Alessandro V del 1424 opera di Nicolò Lamberti; la pietra tombale di Ercole Bottrigari del 1612.
All'altare maggiore vediamo la grandiosa ancona marmorea di S. Francesco che fu commissionata ai fratelli Pierpaolo e Jacobello dalle Masegne ma fu realizzata dal solo Pierpaolo tra il 1388/92. Alle pareti vi sono frammenti di affreschi con storie della vita di S. Francesco opera di Giovanni da Rimini; un Crocifisso dipinto da Giovanni Lianori si trova in una delle cappelle radiali, mentre in una delle cappelle dell'abside vi è l'organo costruito dal Balbiani.
Nel chiostro dei morti fu realizzato nel XIV sec. sulle pareti sono collocate tombe dei dottori dello studio tutte che risalgono al trecento come: Tomba del giureconsulto Bartoluzzo dè Preti 1318 è rappresentato in cattedra mente da lezione; tomba di Gerardo Ghisilieri; lapide di Ferdinando Tamajo essa si trova nella sala capitolare dell'ex convento di S. Francesco “AVANZO DELLA LAPIDE SEPOLCRALE DI FERDINANDO TAMAJO DI BURGOS MILITE SPAGNOLO PODESTA' DI BOLOGNA SOTTO IL REGIME DEL CARDINALE EGIDIO ALBORNOZ MORI' NELLA BATTAGLIA DI S. RUFFILLO IL 20 GIUGNO 1361 PER LA LIBERTA' DEL POPOLO BOLOGNESE”.
Un altro grande chiostro quattrocentesco si trova sul lato sud il quale con molte altre parti del grande complesso che nei secoli fu dei frati minori, oggi sono adibiti ad usi degli uffici finanziari.
Certosa: è il cimitero monumentale appena fuori dalla cerchia delle mura della cittadina esso risale al 1801; la sua particolarità è un ciclo notevole di ispirazione neoclassica e simbologia illuministica, forse uniche al mondo sono le tombe dipinte a tempera e quelle realizzate in stucco e scagliola. La Chiesa al suo interno che da anni è gestita dalla comunità dei passionisti di Casalecchio di Reno, vi è da segnalare il trittico della passione di Cristo opera di Bartolomeo Cesi e il coro ligneo a intarsio ripristinato nel 1538 da Biagio Dè Marchi.
In evidenza sono i dipinti dedicati ad episodi della vita di Cristo che hanno delle dimensioni: 450 x 350 cm i quali furono commissionati nel seicento ai due Sirani Giovan Andrea e sua figlia Elisabetta, a Francesco Gessi, Giovanni Maria Galli da Bibbiena, Lorenzo Pasinelli, Domenico Maria Canuti e al napoletano Nunzio Rossi.
All'interno del cimitero si può ammirare quello che può essere un museo a cielo aperto, un vastissimo repertorio di opere scultoree di artisti come: Giacomo De Maria, Lorenzo Bartolini, Giovanni e Massimiliano Putti, Mario Sarti, Alessandro Franceschi, Pietro Tenerani, Cincinnato Baruzzi, Carlo Chelli, Giovanni Drupè, Vincenzo Vela e molti altri, mentre gli artisti che hanno realizzato le tombe dipinte sono: Pietro Fancelli, Flaminio Minozzi, Antonio Basoli e Pelagio Pelagi.
Sono oltre una cinquantina i personaggi illustri che sono sepolti nel cimitero.
Chiesa di S. Girolamo alla Certosa: è un antico centro monastico e adibito a pubblico cimitero nel XX sec. le sue origine risalgono al 1333 e nel seicento una nuova torre campanaria fu aggiunta al piccolo campanile del SIV sec. Essa custodisce opere d'arte di noti artisti, è circondata da chiostri di particolare bellezza come quello della cappella e quello delle Madonne poiché accoglie varie immagini sacre che vi furono traslocate da alcune Chiese del seicento e da quelle colpite dalle soppressioni napoleoniche.
Santuario della Madonna di S. Luca: risale al 1194 ed è un importante Santuario meta di pellegrinaggi fin dalla sua origine, si venera l'icona della Vergine col Bambino detta “S. Luca” il Santuario è raggiungibile da porta Saragozza la quale fa parte della terza cinta muraria della città, risale al XIII sec. e nel 1334 fu dotata di ponte levatoio; dal 1674 quando venne costruito il lungo porticato il quale scavalca la via Saragozza, con il monumentale Arco del Meloncello del 1732 e che conduce al Santuario; acquisì particolare rilievi e fu utilizzata come punto di partenza per le processioni dirette al luogo santo.
La storia del Santuario è legata all'icona custodita al suo interno che viene così narrata: un pellegrino eremita greco in pellegrinaggio a Costantinopoli, avrebbe ricevuto dai sacerdoti della basilica di S. Sofia il dipinto attribuito a Luca Evangelista, affinché lo portasse sul monte della guardia, così com'era indicato in un'iscrizione del dipinto stesso.
L'eremita dopo tanto cammino, a Roma seppe dal senatore bolognese Pascipovero, che tale monte era nei pressi di Bologna. Qui giunto la tavola della Madonna col Bambino fu portata in processione sul monte. Col tempo la fantasia ha molto lavorato e tante sono le supposizioni, tanto che nel 1539 Leandro Alberti ipotizzava l'arrivo dell'icona nel 1160; la scrittrice Lucrezia Marinelli nel 1603 pubblicò una raccolta di rime sacre contenenti un poemetto sull'icona e cosi via dicendo.
I documenti ritenuti autentici ci parlano di Angelica Bonfantini figlia di Claicle di Bonfantino e di Bologna di Gherardo Guezi che in un documento del 30 luglio 1192, decise di darsi alla vita eremitica sul monte con il proposito di costruirvi un oratorio e una Chiesa. Professò i voti nel ramo femminile dei canonici di S. Maria in Reno, donando terreni di sua proprietà chiedendo in cambio un aiuto per la costruzione della Chiesa e gli alimenti per la canonica.
Papa Celestino III l'anno seguente con documento datato 24 agosto 1193 ordinò al vescovo di Bologna Gerardo di Gisla di porre la prima pietra su richiesta di Angelica e portata direttamente da Roma benedetta dal Pontefice stesso, essa fu posata il 25 maggio 1194. Furono molte le controversie che mossero il Santuario che dovette intervenire più volte il papa, che si verificarono anni di decadenza dopo la morte di Angelica.
La fortuna si ebbe nuovamente a seguito del cosiddetto “miracolo della pioggia” del 5 luglio 1433, quando le piogge rischiavano di rovinare il raccolto, ma che esse cessarono all'arrivo di una processione che portava in città l'icona. I pellegrinaggi crescevano e le offerte salivano. Nel 1603 venne ampliata e decorata la cappella maggiore, eretto il campanile e l'aggiunta di quattro cappelle laterali.
L'edificio attuale è il risultato dei lavori del 1723. Il Santuario fu dichiarato “MONUMENTO NAZIONALE” nel 1874 e papa Pio X nel 1907 lo elevò alla dignità di basilica minore. Fra il 1922 e il 1950 fu realizzata la decorazione della cupola e sistemato il piazzale antistante.
Il Santuario oggi si presenta in stile barocco, il corpo è costituito dal grandissimo Tiburio ellittico, spoglio e compatto sormontato al centro da una grande cupola con lanterna. La facciata che non copre le forme retrostanti, è costituita da un avancorpo modellato sulle forme classiche del pronao: un ordine di paraste giganti in stile ionico sorreggono un frontone e sotto si apre un grande arco centrale.
Ai lati della facciata il porticato si sviluppa con due ali curvilinee le quali racchiudono il piazzale antistante e vanno a concludere con due tribune pentagonali a edicola. La statue di S. Luca e S. Marco affiancano il portale d'ingresso, le quali furono eseguite nel 1716 opera di Bernardini Cametti.
L'interno è caratterizzato da una pianta ellittica sulla quale s'innesta una croce greca presentando un presbiterio rialzato e sulla cui sommità è posta l'icona della Vergine col Bambino. Gli archi principali sono sostenuti da pilastri a fascio e sono composti da tre colonne corinzie giganti.
Fra le opere che custodisce al suo interno vi segnalo le pale d'altare di: Donato Creti Incoronazione della Vergine; e la Vergine e i Santi patroni di Bologna; Guido Reni con la Madonna del Rosario; Guercino con Cristo che appare alla madre; e Domenico Pestrini con le opere nella sacrestia maggiore.
Gli affreschi che custodisce al suo interno sono: di Vittorio Maria Bigari e di Giuseppe Cassioli che ornano rispettivamente la Cappella maggiore e la cupola, mentre gli stucchi sono opera di Antonio Borrello e Giovanni Calegari, mentre le statue di Angelo Gabriello Piò.
La via che porta al Santuario fu ciottolata nel 1589 e lungo il percorso i pellegrini avevano l'abitudine di appendere agli alberi immagini con i misteri del Rosario, ciò fece capire che occorrevano delle cappelline lungo il portico, il quale consta di 666 archi e 15 cappelle il quale con i suoi 3,796 km diventa il portico più lungo del mondo.
Il tratto in pianura che parte dall'arco Bonaccorsi (vicino porta Saragozza) e fino a quello del Meloncello, è composto da 316 arcate e lungo 1,52 km, mentre il tratto collinare dal Meloncello al Santuario è composto da 350 arcate fra cui le 15 cappelle del Rosario sono poste a cadenza regolare di ogni 20 archi, ed è lungo 2,276 km una nota: (le cappelle sono 15 poiché i misteri della luce sono nati nel 2002 con il papa Giovanni Paolo II e non riportate qui).
Il portico è punteggiato di lapidi ed epigrafi commemorative di varie epoche con fine devozionale. Secondo alcuni osservatori non sarebbe occasionale che il portico sia composta da 666 archi (numero diabolico) ciò simboleggia il serpente sia per la sua forma e sia perché terminando ai piedi del Santuario, viene a ricordare la tradizionale iconografia del diavolo sconfitto dalla Vergine con la testa sotto il suo calcagno.
L'icona della Madonna di S. Luca: raffigura una Madonna col Bambino classica iconografia orientale di tipo “odighitria“ o “hodigitria” che significa “Colei che indica la via” e considerata la Madonna dei viaggiatori. Essa è collocabile tra il XII e il XIII sec. e attribuibile a mano occidentale ma appartenere a una cultura bizantina.
L'icona misura 65 x 57 cm è stata eseguita a tempera e foglia d'argento, su tela di lino e applicata a una tavola centrale di pioppo a cui sono state aggiunte due tavole di testa in olmo e castagno. Dal 1625 il dipinto è ricoperto da una lastra d'argento che lascia scoperti i soli volti, è un'opera di Jan Jacobs di Bruxelles. Da papa Pio IX nel 1857 ricevette un prezioso diadema.
Prima di essere utilizzata come punto di partenza, le processioni partivano da Porta S. Isaia conosciuta come porta Pia del 1568 e nel 1903 fu demolita insieme alle mura della terza cinta. La porta Saragozza ha assunto le attuali fattezze tra il 1857/59 dall'architetto Giuseppe Mengoni il quale aggiunse dei torrioni cilindrici laterali collegati tramite un portico a un nuovo cassero centrale a ricordo, al centro della porta vi è una lapide che recita: “MDCCCLIX QUESTA PORTA AMPLIATA E COMPIUTA PER OFFERTE CITTADINE A NOSTRA DONNA DI S. LUCA PROTETTRICE SUPREMA DI BOLOGNA SI VOLLE DEDICATA”.
Il Cassero venne concesso dall'amministrazione comunale al “Circolo di cultura omosessuale XXVIII giugno” in data 26 giugno 1982 il primo centro di politica e cultura gay; qui nel 1985 è nata l'associazione nazionale Arcigay.
All'interno del cassero vi è ospitato il Museo della Beata Vergine di S. Luca una raccolta storico-didattica per far conoscere il patrimonio devozionale, storico, artistico e culturale collegato all'immagine della Madonna.
V ITINERARIO
Casa dei Drappieri: Risale al 1486 la facciata è attribuita a Francesco Francia, presenta nove arcate murate separate da paraste e due ordini di bucature, uno di finestre bifore e l'altro di oculi un cornicione aggettante chiude il prospetto. Il balcone centrale in arenaria risalente al 1507, è sormontato da una nicchia la quale ospita una statua della Vergine con il Bambino di Gabriele Fiorini. E' chiamata Madonna del campanello poiché nelle rare occasioni in cui viene sollevata la tenda che la copre, suona anche la campanella sita a lato.
Torre Garisenda: Tutte le torri di Bologna sono strutture con funzione sia militare che gentilizia di origine medievale; tra il XII e XIII sec. se ne contavano circa 100 oggi ne sono 24 le cui più famose sono la Garisenda e degli Asinelli.
Oltre alle torri e alle case torri sono visibili alcuni “torresotti“ fortificazioni innalzate in corrispondenza delle porte della seconda cerchia di mura del XII sec. La torre Garisenda è alta 48 metri con uno strapiombo di 3,2 metri è la più pendente e fu citata più volte da Dante nella divina commedia e nelle rime; essa risale al 1109/1119 ed è la più antica, fu innalzata con la funzione di avvistamento e a causa di un avvallamento del terreno non fu completata, ma venne mozzata per volere di Giovanni Visconti da Oleggio nel XIV sec.
Torre degli Asinelli: è alta 98 metri per la mancanza di documenti così remoti rende meno certa l'origine delle torri, ma in associazione alla torre Garisenda viene citata per la prima volta nel 1185, quasi 70 anni dopo la data presunta di costruzione. Essa ha uno strapiombo di 2,2 metri, dal XIV sec. ne divenne proprietario il comune e la utilizzò come prigione e fortilizio.
Gli scienziati Giovanni Battista Riccioli nel 1640 e Giovanni Battista Guglielmini nel secolo successivo utilizzarono la torre per esperimenti sul moto dei gravi e sulla rotazione della terra. E' nota come torre pendente più alta d'Italia. Nei bombardamenti della seconda guerra mondiale 1943/45 venne utilizzata come torre di avvistamento con quattro volontari appostati in cima durante i bombardamenti indirizzavano i soccorsi verso i luoghi colpiti dalle bombe.
Chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano: la tradizione ne parlava già nel V sec. eretta da S. Petronio sulle fondazioni di una Chiesa Paleocristiana; nel luogo dove oggi sorge la basilica esisteva nel 13 sec. una Chiesa di modeste dimensioni. Nel 1516 la famiglia Gozzadini ne iniziò la ristrutturazione, fu realizzato solo il portico che i lavori furono sospesi per l'uccisione di Giovanni di Bernardino Gozzadini.
Essi furono ripresi nel 1599 dai padri Teatini i quali, con la canonizzazione nel 1671 di S. Gaetano fondatore dell'ordine dei Teatini unirono alla Chiesa anche il titolo di S. Gaetano oltre a quello dell'Apostolo. Con scene della vita di S. Gaetano vennero decorate le lunette del portico, venne conservato il portale quattrocentesco e nel 1694 furono completati il campanile e la cupola.
Nella scalinata si trova un'opera a olio dell'incisore bolognese Ludovico Mattioli oltre a un'Annunciazione dell'Albani sul quarto altare e la Vergine col Bambino opera del Reni nel transetto sinistro.
Palazzo della Mercanzia: detto anche Loggia dei mercanti o palazzo del Carrobbio; risale al XIV sec. e fino al XVIII è stato la sede dell'Universitas mercatorum (foro dei mercanti), con l'occupazione dei francesi dal 1797 diviene la sede della camera di Commercio. Il palazzo si presenta in stile romanico-Lombardo con una serie di archetti pensili che sottendono gli stemmi delle compagnie delle arti, gotiche di cui è esempio il balcone con baldacchino e classico- naturalistico nei capitelli decorati con elementi floreali.
Partendo dal basso la facciata ci presenta una loggia sostenuta da pilastri che reggono delle volte a sesto acuto; tre nicchie contengono delle statue in marmo di cui quella centrale raffigura la giustizia e nella parte superiore è caratterizzata da archi. Più in alto in posizione centrale vi è la tribuna con il baldacchino a cuspide affiancata da due bifore con colonnette a spirale. Una cornice racchiude gli stemmi delle compagnie delle Arti, sormontata a sua volta da una serie di alti merli.
Anche le facciate laterali sono impreziosite da nicchie, bifore e motivi ornamentali. Le decorazioni dell'edificio sono arricchite dalle statue di sei Santi di cui: S. Domenico - S. Zama – S. Floriano – S. Petronio che sono i protettori della cittadina; le altre due raffigurano S. Pietro e S. Antonio da Padova.
La porta di accesso è sormontata dalla lunetta decorata a intarsio, la quale presenta gli stemmi del comune di Bologna e della famiglia Bentivoglio, nonché l'orologio sopra l'arco del portale che vi fu posto nel 1889 e ricorda quello presente nel XV sec.
Al piano superiore prese posto la sede del Tribunale, ma con l'istituzione della camera di commercio in epoca napoleonica, il tribunale e la cancelleria passarono al piano inferiore. I locali del primo piano sono affrescati in stile rinascimentale ornato di stemmi: la prima stanza è la saletta verde e prende il nome dal colore delle pareti con il soffitto stile seicentesco.
La sala della giunta espone un lampadario di Murano appeso al soffitto in legno con le pareti in seta e marmo adornate con opere d'arte. A fianco vi sono due uffici con le pareti in stoffa di seta e decorazioni sul soffitto risalenti al 1700; esse sono separate da un atrio con pitture raffiguranti attività lavorative. La sala delle riunioni presenta raffigurazioni della storia romana, mentre la direzione dell'ufficio di ragioneria è caratterizzata da decorazioni in stile neoclassico e da un dipinto della dea Venere.
Il salone dell'anagrafe presenta un pavimento in marmo a mosaico e un soffitto in legno; sulle pareti vi sono dipinte immagini legate ad attività commerciali, artigianali ed agricole. La scala d'onore risale al 1837 progettata dall'ingegnere Carlo Scarabelli; essa è costituita da 75 gradini divisi in cinque rampe, sia le volte che le pareti sono decorate con gli stemmi delle compagnie delle arti maggiori e gli emblemi araldici delle famiglie a cui appartenevano i giudici.
La biblioteca camerale detiene un considerevole patrimonio tra quotidiani, periodici, volumi e opuscoli; vi sono raccolte di ordini, decreti e provvedimenti delle corporazioni mercantili del XVII e XVIII sec.; statuti del foro dei mercanti dal 1550 al settecento; i verbali della compagnia dei Cambiatori dal 12 giugno 1669 al 30 maggio 1680; volumi manoscritti detti “delle catene“ relativi ai sec. XVII e XVIII.
Al secondo piano vi si accede attraverso un salotto decorato con i dipinti dei presidenti della camera di commercio dal 1861 ai nostri giorni compresa un'iscrizione in onore del papa Gregorio XIII. Il salone consiliare si presenta abbellito con stemmi e decorazioni; nelle lunette degli archi si trovano le figure principali: “la Giustizia con spada e bilancia” e “l'Equità” con libri del diritto e una serpe. Sul soffitto vi è un ritratto del santo patrono delle arti.
Tutta la parete superiore è caratterizzata da un simbolo “il ceppo“ che si espande nelle lunette degli archi con la frase “NOVA EX ANTIQUO JURE VIRESCIT LIBERTAS“ (la tenebra diventa luce, il vecchio si vivifica in nuovo). Il gonfalone camerale posto in un angolo è caratterizzato da un pregevole lavoro di ricamo che raffigura la testa di Mercurio, opera di Mario Dagnini.
Torre Alberici: risale al 1273 alta 27 metri; ancora oggi è possibile vedere la suggestiva bottega con serraglia di legno a forma di ribalta, mantenuta durante il periodo di restauro al posto della base originaria; sulla facciata sono ben visibile i fori da ponte tipici della Bologna medievale.
Palazzo Bolognini Amorini Salina: risale al XVI sec. con la realizzazione dei primi sei archi del settore sinistro, del corpo posteriore, della scala e dei cortili, mentre il settore di destra risala al sec. XVII. La parte architettonica e i capitelli sono attribuibili ad Andrea Marchesi da Formigine e Properzia dè Rossi; le numerose teste di terracotta che adornano la facciata sono opera di Alfonso Lombardi e Nicolò da Volterra.
Di notevole interesse artistico sono le argenterie, i gioielli, gli abiti, i mobili e i mezzi di trasporto posseduti dalla famiglia. Dall'ottocento il palazzo ha ospitato diversi inquilini di cui il più famoso: “Società del Casino dei Nobili” che tra il 1823 e il 1855 occupò il primo piano dello stabile.
Casa Isolani: è uno dei rari esempi di costruzioni civili risalenti al duecento; l'ultimo piano e poggiato su di un portici di pilastri in mattone e travi da quercia alto 9 metri. Una galleria chiamata Corte Isolani collega la casa alla corte dell'altra residenza Isolani.
Palazzo Isolani risale al 1451 da Pagno di Lapo Portigiani da Fiesole, il portico ha arcate a tutto sesto con capitelli corinzi, mentre le finestre monofore sono a sesto acuto. Il portico ligneo di casa Isolani è detto “portico delle tre frecce”.
Basilica di S. Stefano: è conosciuto come il complesso delle sette Chiese. La tradizione indica S. Petronio che avrebbe dovuto imitare il Santo sepolcro di Gerusalemme, edificato sopra un tempio dedicato a Iside. Le origini degli edifici sono molto antichi: S. Giovanni Battista o del Santo Crocifisso risale al sec. VIII; la Chiesa del S. Sepolcro al V sec.; la Chiesa dei Santi Vitale ed Agricola risale al IV sec. e conserva i sarcofagi di due martiri.
Negli spazi esterni della basilica si trovano due sarcofagi medievali che hanno custodito le spoglie dei primi vescovi della Chiesa di Bologna. La Chiesa del Crocifisso è di origine Longobarda e risale al sec. VIII, si presenta a navata unica e volta a capriata; il presbiterio è sopraelevato sulla cripta. Al suo interno conserva i complesso statuario settecentesco del compianto sul Cristo morto di Angelo Gabriello Piò e al centro del presbiterio si trova il Crocifisso del 1380 opera di Simone dei Crocifissi. Alle pareti vii sono affreschi del sec. XV raffigurante il martirio di S. Stefano.
La cripta si trova sotto il presbiterio suddivisa in cinque navate con colonne di diversa fatture, di cui una dallo zoccolo al capitello, secondo la leggenda, equivale all'altezza di Gesù circa 1,60. In due urne riposte su di un altare vi sono custoditi i resti dei Santi Vitale e Agricola; ai lati dell'altare da pochi anni sono stati rinvenuti due affreschi cinquecenteschi sotto uno strato di intonaco, i quali illustrano il martirio di Vitale e Agricola.
Un affresco di Lippo di Dalmasio del quattrocento si trova nella navatella raffigurante la Madonna della neve. All'inizio della cripta vi è una statuetta raffigurante la Madonna bambina.
La basilica del S. Sepolcro risale al v sec. Al suo interno vi sono 12 colonne di marmo e laterizio mentre al centro si trova un'edicola che custodiva le reliquie di S. Petronio che qui furono rinvenute nel 1141. Sulla volta è ciò che resta di un affresco originale del duecento e rappresenta “la strage degli innocenti“.
La basilica dei proto-martiri S. Vitale e Agricola è la più antica del complesso; ha una facciata a salienti e abside triconca e fin dalla sua edificazione custodiva le reliquie dei Santi che sono rispettivamente servitore e padrone. Essi furono i primi martiri bolognesi al tempo di Diocleziano 305 d. C. Nel 393 vengono traslati i resti di Ambrogio per essere portati a Milano; il fatto testimonia che la basilica era già stata edificata.
Al suo interno custodisce: resti di pavimento musivo romano; due sarcofagi alto-medievale attribuiti a Vitale e Agricola con figure di animali come leoni, cervi e pavoni in rilievo schiacciato. L'altare principale è addossato alla parete, secondo la vecchia liturgia che il celebrante dava le spalle ai fedeli.
Cortile di Pilato: per ricordare il “lithostrotos” dove fu condannato Gesù; vi si accede uscendo dalla Chiesa del sepolcro, è delimitato da due porticati in stile romanico con caratteristiche colonne cruciformi in mattoni e reca al centro una vasca in pietra calcarea poggiata su di un piedistallo cosiddetto “catino di Pilato”. Esso e un'opera Longobarda risalente al 737 e reca un'iscrizione sotto il bordo di cui si riporta la trascrizione più accreditata:
”+ umilib(us) vota suscipe d(omi)ne d(om)n(orum)n(ost)r(orum) liutpran(te) ilpran(te) regb(us) et d(om)n(o) barbatuepisc(opo) s(an)c(te)heccl(esie) b(o)n(onien)s(i)s. Hic i(n) h(onorem)r(eligiosi) sua praecepta obtulerunt, unde hunc vas impleatur in cenam d(omi)ni salvat(ori)s, et si qua mun(er)a c(uisquam) minuerit, d(eu)s req(uiret)”.
“Signore, il Signore, ricevere i voti del vescovo barbuto nano del santo Hecclesiae eccellente signore di Bologna, e della nostra liutprante ilprante Rego. Qui, in onore delle loro regole religiose offerti, da cui questo vaso è riempito con la cena Signore e Salvatore, e se funziona è ben potrebbe diminuire, Dio richiede.”
Sotto il porticato al centro di una finestra su di una colonna vi è un gallo di pietra del XIV sec. chiamato “gallo di S. Pietro“; e alcune lapidi tra cui una con al centro un paio di forbici vere appartenenti ad un sarto, significativo per la passione di Cristo è che la distanza tra il cortile e la vicina Chiesa di S. Giovanni in monte (così chiamata perché sorge sull'unica protuberanza naturale del piatto centro di Bologna) sarebbe la medesima che c'è tra il S. Sepolcro e il Calvario a Gerusalemme.
Chiesa della Trinità o del martyrium: con il presepe più antico; nell'ultima cappelletta della Chiesa vi è il grande gruppo ligneo dell'adorazione dei Magi con statuette a grandezza d'uomo, si tratta del più antico presepio conosciuto al mondo composto da statue a tutto tondo. Uno studio approfondito ha identificato lo scultore delle statue, lo stesso lo stesso maestro del Crocifisso del 1291 custodito nella collezione d'arte del comune di Bologna. La Chiesa custodisce anche brani di affreschi trecenteschi.
Chiostro medievale: è caratterizzato dal fatto di essere su due piani, quello inferiore è antecedente al mille ed è impostato su ampie aperture ad arco preromaniche, mentre quello superiore è un magnifico esempio di colonnato in stile romanico. Interessanti sono certi capitelli mostruosi, in particolare due: uno rappresentante un uomo nudo schiacciato da un enorme macigno, mentre l'altro raffigura un uomo con la testa girata a 180°.
Sotto i portici del chiostro sono affisse alle pareti numerose lapidi recanti nomi dei caduti della prima e seconda guerra mondiale. Il museo di S. Stefano il quale raccoglie preziosi oggetti culturali come un elaborato bastone pastorale in avorio, reliquari e abiti talari, oltre ad opere d'arte non più esposte nelle sette Chiese. Di particolare interesse è una formella in alto-rilievo di epoca Longobarda, la quale rappresenta Gesù tra i Santi Vitale e Agricola.
Una curiosità di un certo valore storico è dato dalla benda che secondo la leggenda, era indossata dalla Madonna in persona; tra i dipinti si segnalano: Santi di Simone dei Crocifissi, proveniente da uno dei polittici smembrati; S. Petronio e storie della sua vita; il reliquario della testa di S. Petronio opera di Jacopo Roseto del 1380: Madonna col Bambino e S. Giovannino dipinto da Innocenzo da Imola nel XVI sec. L'affresco della strage degli innocenti di scuola lucchese del XIII sec. che fa parte del ciclo decorativo della cappella del Santo sepolcro.
VI ITINERARIO
Chiesa di S. Giovanni in Monte: Citata nei documenti dal 1045 nel 1286 fu ampliata in stile romanico. La facciata fu realizzata del 1474 ispirandosi con il fronte trilobato; il protiro risalente al 1588 ingloba un rilievo di un'aquila in terracotta opera di Niccolò dell'Arca. Il campanile risale alla fine del duecento inizi del trecento, mentre il tiburio ottagonale è del 1496 opera di Domenico Balatino.
L'interno è in forme gotiche con impianto a croce latina in tre navate divise da pilastri ottagonali e una copertura di volta a crociera costolonate. I pilastri sono decorati da affreschi votivi di Santi; le vetrate della facciata risalgono al 1467/81 e raffigurano S. Giovanni a Patmosfurono eseguite dai fratelli Cabrini su disegno di Francesco del Cossa e Lorenzo Costa.
La croce della Chiesa antica è posta al centro della navata principale poggiante su di un capitello romano rovesciato, mentre l'altare è decorato da un Cristo alla colonna in legno di fico attribuito a Giovanni Angelo e Tiburzio del Maino. Le navate laterali sono dotate di cappelle corredate da opere di artisti come: Girolamo da Treviso – Bartolomeo Cesi – Pietro Faccini – Benedetto Gennari Junior – Lippo di Dalmasio – Lorenzo Costa – Guido Reni – Guercino.
Nel coro vi è un'altra pala di Lorenzo Costa, esso è intarsiato e risale al 1518/23 opera di Paolo Sacca decorato da busti in terracotta di Zaccaria Zacchi da Volterra. La parete sinistra è decorata da un Crocifisso su tavola del XIV sec. opera di pseudo Jacopino, mentre una natività della Vergine del 1580 opera di Cesare Aretusi e Giovan Battista Fiorini orna la parete destra.
L'estasi di S. Cecilia del 1514/16 di Raffaello (oggi è rievocata da una copia di Clemente Alberi del 1860), la quale fu commissionata da Elena Duglioli dall'Olio nel 1514 si trova nella cappella alla testata del transetto sinistro. Sul sarcofago vi sono quattro angeli reggi-cero in legno dorato attribuiti ai fratelli del Maino.
Museo parrocchiale: espone preziosi arredi sacri, notevoli reliquiari e alcuni dipinti. L'attiguo monastero contiene i chiostri rinascimentali risalenti al 1543/49 opera di Antonio Moranti. Con l'occupazione francese e la soppressione del monastero fu adibito a tribunale e carcere dal 1797. Rimase una struttura penitenziaria fino al 1984. Durante il periodo fascista venivano imprigionati gli oppositori politici e i partigiani, prima di essere prelevati per la fucilazione o per i campi di sterminio nazisti.
Negli anni novanta i chiostri furono restaurati e dal 1996 ospitano alcuni dipartimenti universitari ed oggi l'ex monastero è sede del Dipartimento di Storia, Culture e Civiltà dell'università di Bologna.
Palazzo d'Accursio: è sede del municipio di Bologna, sono un insieme di edifici e fu acquistato dal comune nel duecento. Nel 1336 divenne residenza degli anziani la quale era la massima magistratura del comune e sede del governo cittadina; nel sec. XV fu ristrutturato da Fioravante Fioravanti e sulla torre d'Accursio, venne aggiunto un orologio astronomico con un carosello di automi. Nel XVI sec. venne ultimata la doppia rampa di scale che da accesso all'interno e attribuita al Bramante.
La facciata è adornata dalla Madonna di Piazza con il Bambino un'opera in terracotta di Nicolò dell'Arca del 1478 e dal maestoso portale di Galeazzo Alessi del cinquecento; all'interno del quale vi è una statua in bronzo di papa Gregorio XIII (pontefice bolognese al sec. Ugo Boncompagni).
Al primo piano vi è la sala d'Ercole con la statua in terracotta bronzata la quale raffigura Ercole che trionfa sull'Idra di Lerna. La sala rossa prende il nome dal colore delle tappezzerie che i primi del novecento la rivestivano, oggi è adibita a sala per i matrimoni civili. La sala del Consiglio comunale contiene la Galleria dei Senatori di Bologna e fu affrescata nel 1675 da Angelo Michele Colonna e Gioacchino Pizzoli.
La sala Farnese si trova al secondo piano e conserva intatta come fu adornata nel 1665 dal Cardinale Girolamo Farnese; le decorazioni riportano le vicissitudini dal medioevo al seicento della città stessa. La cappella Farnese è il posto in cui nel 1530 Carlo V re d'Italia venne incoronato con la corona ferrea del Sacro Romano Impero, mentre la successiva incoronazione di Carlo V questa volta imperiale, si tenne subito dopo nella Basilica di S. Petronio. La cappella fu affrescata da Prospero Fontana nel 1562 e la cappella fa parte delle Collezioni Comunali d'Arte.
Sala Urbana risale al 1630 dal Cardinale Bernardino Spada le sue pareti vennero ricoperte da affreschi comprendenti circa duecento stemmi, pertinenti dei governatori e dei legati pontifici che ressero la città dal XIV sec. Anch'essa è nella sede delle Collezioni Comunali d'Arte.
La sala dei cavalleggeri era destinata alla sosta della scorta al legato papale; il Cardinale Gaetano Bedini fece dipingere sulle pareti la continuazione della sala Urbana con altri stemmi di legati e vice legati. In onore di papa Pio IX fu chiamata Aula Piana.
Galleria Vidoniana risale al 1665 dal Cardinale Pietro Vidoni e atualmente presenta un importante patrimonio di dipinti, mobili, arredi e suppellettili donati al comune di Bologna nell'ottocento e novecento. La sala Boschereccia è decorata a tempera e risale al 1797, è così chiamata poiché riproduce spazi verdi e ambienti naturali.
Biblioteca Salaborsa: si trova nel palazzo comunale al piano terra che sorge su antichi resti romani; è stata inaugurata nel 2001 e sotto la pavimentazione trasparente si possono vedere reperti archeologici di Villanoviana risalenti al VII sec. a. C.; quella della Felsina etrusca e quelli della Bonomia romana fondata nel 189 a. C.
Nell'area che occupa la Sala-borsa vi sono le fondazioni di un monumentale edificio, probabilmente la basilica cittadina poiché essa si trovava nell'area del foro fra il cardo massimo e il decumano massimo. Il giardino interno nel 1568 venne trasformato in orto botanico da Ulisse Aldrovandi coltivando erbe officinali e conducendo ricerche che hanno contribuito alla creazione della botanica moderna.
Nel 1587 venne costruita una cisterna decorata con una raffinata edicola stile corinzio ad opera di Francesco Morandi detto il “Terribilia“. Nel 1765 l'orto fu trasferito e l'area fu impegnata per l'addestramento delle milizie cittadine e per le esercitazioni dei pompieri.
Fra il 1883/86 al posto del giardino sorse la nuova Sala Borsa, l'edicola del Terribilia fu spostata nel cortile della pinacoteca Nazionale dove oggi si trova (mentre una replica realizzata nel 1934 è nel palazzo). Dopo varie destinazioni nel 1999 fu decisa la destinazione di una biblioteca nella piazza coperta e nel 2001 avvenne l'inaugurazione della biblioteca pubblica multimediale di informazione generale.
Palazzo Davia Bargellini: risale al seicento su progetto di Bartolomeo Provaglia; esso ospita il museo d'arte industriale Davia Bargellini. All'ingresso vi sono due telamoni scolpiti da Francesco Agnesini e Gabriele Brunelli. Nel museo sono raccolti mobili provenienti da case patrizie o borghesi, utensili, arredi sacri del 1500 - 1700, ceramiche e dipinti dal XIV al XVIII sec.
Una raccolta di ferri battuti, bronzi, vetri, presepi e marionette del 1700; inoltre opere di Vitale da Bologna – Antonio e Bartolomeo Vivarini – Giacomo Francia - Simone dei Crocifissi – Innocenzo da Imola nonché sculture della scuola di Jacopo della Quercia.
Chiesa di S. Maria dei Servi: risale al 1346 con facciata dal semplice paramento in muratura laterizia; l'arioso quadri-portico antistante è sostenuto da eleganti colonne marmoree dove vi lavorò anche il giovane pittore forlivese Filippo Pasquali. Le lunette del portico lungo il fianco della Chiesa furono affrescate con storie della vita di S. Filippo Benizi, mentre il campanile fu eretto nel 1453 in stile gotico.
L'interno si presenta tipo basilicale a tre navate, le volte a crociera sono sostenute da archi acuti con costoloni in cotto e l'alternanza di colonne circolari e pilastri ottagonali; il soffitto è dipinto da Vitale da Bologna, essa è dotata di cappelle laterali ricche di opere d'arte.
Nella prima cappella si nota la Vergine che dona l'abito ai sette fondatori dell'ordine dei Servi di Maria del 1727 opera di Marcantonio Franceschini, in alto vi è il Padre Eterno dei Guercino; presentazione al Tempio di Giulio Morino e S. Francesco che prega per le anime del Purgatorio di Bernardino Baldi risalenti al 1594; sulla destra il busto di Domenico Landinelli del 1603.
Nella seconda cappella il Noli me tangere di Francesco Albani; nella terza cappella la morte di Santa Giuliana Falconieri del 1737 opera di Ercole Graziani. Nella quarta cappella il Paradiso di Dionisio Calvaert del 1602, nel sotto-quadro S. Giuseppe col Bambino Gesù di Luigi Crespi e nell'ancona in legno le statue della Fede e della Carità di Giovanni Lamberti del XVII sec.
La sesta cappella presenta il Crocifisso di Giovanni Battista Seniore del 1665 e nel pilastro S. Teresa del Bambino Gesù di Bartolomeo Cesi e un affresco frammentario dello sposalizio mistico di S. Caterina di Lippo di Dalmasio nonché la tomba del beato fra Venanzio M. Quadri. Nell'ottava cappella la Trinità di Jacopo Alessandro Calvi.
Segue l'ingresso della sacrestia dove si conservano tre storie del Battista opere di Mastelletta del 1620/23. Nel convento troviamo la Madonna del Santuario di Mondovì in gloria e Santi opera di Alessandro Tiarini; S. Carlo Borromeo e i quattro angeli affrescati da Guido Reni nel 1613, che secondo la tradizione furono eseguiti nel corso di una sola notte al lume delle torce; una Madonna col Bambino di Giovani da Modena.
Il coro è circondata da un deambulatorio con tre cappelle; all'inizio del peribolo si notano interessanti tracce di affreschi di Vitale da Bologna; ancona in terracotta policroma raffigurante la Vergine col bambino e i Santi Lorenzo ed Eustacchio del 1503 di Vincenzo Onofri e un polittico ad affresco con incorniciatura in terracotta ad opera di Lippo di Dalmasio.
All'altare maggiore vi è il tabernacolo marmoreo con Cristo risorto tra la Vergine e S. Giovanni Battista con i Santi Pietro e Paolo opera di Giovanni Angelo Montorsoli e dietro vi sono gli stalli lignei del coro risalenti al XIV sec.
La navata sinistra ospita la prima cappella con l'Addolorata di Angelo Piò; la terza cappella espone il monumento a Ludovico Gozzadini del 1540 opera di Giovanni Zacchi. La quinta cappella con S. Andrea Apostolo del 1641 di Francesco Albani e la sesta cappella l'Assunta di Pietro Faccini; l'Annunciazione nella settima cappella di Innocenzo da Imola, mentre il Cristo crocifisso che guarisce Pellegrino Laziosi di Domenico Viani e nel pilastro Ecce Homo del XVII sec. di B. Sirani.
La lastra tombale di Andrea da Faenza morto nel 1396 fondatore della Chiesa, resti di affreschi trecenteschi; monumento a Gian Giacomo e Andrea Grati un capolavoro di Vincenzo Onofri. Una preziosa tavola della Madonna col Bambino e angeli di Cimabue e alla parete una Madonna col Bambino e i Santi Cosma e Damiano opera di Lippo di Dalmasio.
Casa di Giosuè Carducci: la sua costruzione risale al XVI sec.; il Carducci vi abitò con la moglie Elvira dal 1890 al 1907 anno della sua morte. Oggi vi è stato allestito un Istituto culturale a lui dedicato che comprende la dimora storica con giardino e monumento che fu inaugurato nel 1928 opera dello scultore Leonardo Bistolfi; espone una biblioteca e archivio mentre la casa museo è dotata di oggetti e documenti carducciani.
La casa Carducci attualmente ha un patrimonio con più di 35.000 volumi di cui 880 cinquecentine, 3.300 opuscoli, ritagli tratti da giornali e riviste con articoli su e di Carducci; i manoscritti del poeta e l'epistolario costituito da 37.796 lettere inviate da circa 9.000 corrispondenti.
Torresotto di S. Vitale: risale al XII sec. e appartiene alla seconda cerchia di mura detta del “mille”; originariamente era sormontata da un torrione il quale fu demolito nel XVI sec. e comprendeva gli alloggi per il capitano e le guardie. Nel 1354 fu dotato di un ponte levatoio che nel settecento venne demolito. Ha assunto le dimensioni attuali con i lavori di restauro eseguiti nel 1950/52 quando venne tolto il rivellino (un tipo di fortificazione indipendente posto a protezione di una porta di una fortificazione maggiore) e l'avancorpo esterno. Fin dalle origini ebbe una particolare rilevanza poiché sorgeva sull'asse viario per Ravenna.
Casa Gnudi: risale al quattrocento, è stata la dimora di Cesare Gnudi (Ozzano dell'Emilia 9 luglio 1910 – Bologna 19 gennaio 1981) è stato uno storico dell'arte Italiano, Direttore della pinacoteca nazionale di Bologna e sovrintendente storico dell'arte.
Palazzo Marconi: è lo storico palazzo cinquecentesco attribuibile al Terribilia dove visse Guglielmo Marconi l'inventore della radio e oggi è un palazzo fatiscente.
Palazzo Fantuzzi: la sua costruzione fu iniziata nel 1517 e terminata nel 1532 su progetto del Formigine, l'edificio è anche chiamato palazzo degli elefanti poiché la facciata è arricchita da due sculture simmetriche, ognuna delle quali rappresenta un elefante recante sulla groppa un castello con portale e tre torri cilindriche, il quale era lo stemma di famiglia.
Il suo interno è caratterizzato da uno stupendo scalone monumentale, il quale termina con una copertura a lanterna con statue laterali di Gabriele Bunelli, realizzato dall'architetto Paolo Canali nel 1680; la volta è affrescata da Gioacchino Pizzoli e rappresenta il Carro del Sole.
Al piano nobile si trova un salone con un camino cinquecentesco e affrescato da Francesco Bibiena nel 1684, con particolari accorgimenti prospettici che rendono le pareti simili a quinte teatrali. Oggi al suo interno si trova la Galleria Farini Concept con 450 mq di ambienti espositivi rinascimentali, effettua mostre temporanee di buona qualità, worksop, conferenze e eventi internazionali d'arte.
VII ITINERARIO
Chiesa di S. Giacomo maggiore: risale al 1267; nel quattrocento i Bentivoglio la preseto sotto la loro protezione e nel 1471 alzarono il campanile. La facciata è la parte più antica, a due spioventi con slanciate proporzioni tardo romaniche. Nel 1295 maestri lombardi eseguirono gli ornati in pietra d'Istria sulle finestre ogivali e alla fine del trecento furono aggiunte le quattro celle sepolcrali, di poco successive a quelle poste sotto il portico; il protiro originale fu modificato con i leoni stilofori che erano rivolti verso l'esterno. Sulla destra vi è l'entrata al convento che oggi ospita il Conservatorio G.B. Martini e la tomba cinquecentesca di Annibale Coltelli.
Il portico attribuito a Tommaso Filippi ha 36 colonne con capitelli corinzi, la trabeazione reca un fregio con figurazione costante. Sotto si presenta la serie delle arche sepolcrali duecentesche a sesto acuto. Vi sono due portichetti risalenti al quattrocento e cinquecento, in uno vi è la ghiera in terracotta dell'occhio della cappella centrale, dove è inciso in caratteri gotici l'Ave Maria in latino.
L'interno è maestoso e imponente con sovrastrutture barocche, le grandi volte a vela recano affreschi con i Santi Nicola da Tolentino, Agostino e Giacomo Maggiore risalenti al 1495 dalla bottega del Francia e del Costa. Custodisce pregevoli opere d'arte: dipinto su tavola una copia dell'affresco della scuola del Francia; dipinto settecentesco raffigurante S. Agostino e S. Monica di Antonio Rossi; la pala con Cristo che appare a S. Giovanni da Sahagun di Giacomo Cavedoni del 1620; versione di S. Paolo del 1573 una delle migliori opere di Ercole Procaccini; pala con Cristo che appare a S. Rita con i Santi Francesco e Piriteo Malvezzi del 1734 opera del senese Galgano Perpignani;Pala con la Madonna e i Santi Agostino, Stefano, Giovanni Battista, Antonio Abate e Nicolò con i committenti coniugi Brigola 1565 opera di Bartolomeo Passarotti; la pala che raffigura l'elemosina di S. Alessio del 1576 di Prospero Fontana e gli affreschi nella volta col coro degli angeli e due storie del Santo. Sopra l'altare vi è l'urna contenente le spoglie del Beato Simone da Todi morto a Bologna nel 1322.
Lo sposalizio mistico di S. Caterina e i Santi Giuseppe, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e la Maddalena in una tavola firmata e datata 1536 da Innocenzo Francucci da Imola; nella predella il piccolo presepe e gli affreschi laterali sono dello stesso autore. Sulla parete vi è la tomba del giureconsulto Giovan Battista Malavolta del 1533 di Alfonso Lombardi. San Rocco di Ludovico Carracci anche la decorazione alla volta e alle pareti. Gli affreschi alle pareti, della cupoletta nella cappella Malvasia sono di Lorenzo Sabbatini risalenti a prima del 1570, mentre la pala con la Madonna con il Bambino e i Santi Giovannino, Michele e il diavolo sono del Sabbatini aiutato dal suo discepolo Denijs Calvaert.
La cappella Poggi fu fatta costruire dal Cardinale Giovanni Poggi per la sua sepoltura, i lavori furono affidati a Pellegrino Tibaldi 1552; a destra la Concezione del Battista e a sinistra Giovanni che battezza le folle, negli ovali della volta sono raffigurati: la natività del Battista, danza di Salomè, decapitazione del Battista e il capo di Giovanni portato al banchetto di Erode, gli affreschi di Prospero Fontana su cartoni del Tibaldi. Sull'altare la pala con il battesimo di Gesù del 1561.
Nella cantoria c'è l'organo con intagli del 1667; il portale che si accede alla sacrestia fa da base al monumento Fava del cinquecento mentre la gotica sacrestia conserva pregevoli armadi di varie epoche. Dipinto di Jacopo di Paolo del 1426. Episodi della vita di S. Maria Egiziaca e affreschi di Cristoforo da Bologna del trecento nella cappella Calcina. La pala con S. Anna che insegna a leggere alla Vergine con S. Gioacchino e angeli di Giovambattista Grati del 1705. Nella cappella Malvezzi due sculture in terracotta: sepolcro del filosofo Nicolò Fava del 1439 e il sepolcro del medico Nicolò Fava del 1483 di Jacopo della Quercia.
La cappella Manzoli presenta due fastosi altorilievi barocchi con la decollazione di S. Nicolino e S. Giuliana che riceve la comunione da S. Petronio opere di Giuseppe Maria Mazza del 1681 e sulla parete di fronte il cenotafio di Alessandro Fava morto a 19 anni nella battaglia di Lepanto. La pavimentazione in piastrelle di maiolica della bottega Della Robbia 1489 con tracce visibili degli stemmi Bentivoglio è la cappella Bentivoglio, con la decorazione pittorica di Lorenzo Costa il quale dipinse la Madonna in trono e la famiglia Bentivoglio del 1488, mentre a destra è il monumento di Annibale a cavallo del 1458; alle pareti il trionfo della morte e il trionfo della fama 1490. Sull'altare la pala con la Madonna in trono e i Santi Giovanni, Sebastiano, Agostino e Floriano di Francesco Raibolini detto il Francia del 1494 e nella parete di fronte la tomba di Anton Galeazzo Bentivoglio un'opera di Jacopo Della Quercia del 1438.
Sull'altare maggiore è posto il grande polittico della reliquia della Santa Croce databile 1345 ed una delle opere più belle di Paolo Veneziano, mentre nelle cappelle del coro Gesù appare a S. Agostino opera del fiammingo Michele Desubleo.
Oratorio di S. Cecilia: è addossato al retro della basilica di S. Giacomo maggiore, è la parrocchiale romanica più antica della basilica nel 1323 passò agli agostiniani; oggi in onore a S. Cecilia è usato come sala per concerti.
L'interno è ad aula unica e coperto da una volta a botte ribassata e unghiata, lungo le pareti corre un ciclo affrescato che fu realizzato dal 1505 al 1506 ed è dedicato ai Santi Valeriano e Cecilia, con le loro storie. Custodisce un raro ciclo di affreschi di pittori bolognesi ed emiliani del cinquecento e per questo motivo è chiamata “la cappella sistina” di Bologna.
Alcune delle opere in esso contenute: lo sposalizio di Cecilia e Valeriano opera di Francesco Francia; S. Urbano converte Valeriano opera di Lorenzo Costa; battesimo di Valeriano attribuito a Giovanni Maria Chiodarolo e Cesare Tamaroccio; Cecilia e Valeriano incoronati da un angelo attribuito a Bagnocavallo e Biagio Pupini; Decapitazione di Valeriano e suo fratello Tiburzio di Amico Aspertini; Sepoltura dei martiri di Amico Aspertini; Cecilia disputa col prefetto Almachio attribuito a Bagnocavallo e Biagio Pupini; Martirio e decapitazione di S. Cecilia attribuito a Giovanni Maria Chiodarolo e Cesare Tamaroccio; Cecilia dona ai poveri le proprie ricchezze di Lorenzo Costa; sepoltura di S. Cecilia di Francesco Francia; sull'altare vi è posta la pala della Crocifissione e Santi di Francesco Francia. Altri affreschi frammentari si trovano nel portico e arredi di pregevole fattura sono custoditi nella sacrestia trecentesca, mentre pitture del XIII e XIV sec. si possono ammirare nella sala del capitolo.
Ex Convento degli Agostiniani: dopo la confisca napoleonica degli Istituti religiosi oggi resta la biblioteca, il refettorio, il chiostro del XV sec. e uno del XVIII sec. nonché la monumentale scala che fu eseguita dal Torreggiani. Al suo interno vi ha sede il Conservatorio di musica G. B. Martini dove operarono anche Gioacchino Rossini e Gaetano Donizzetti, qui vi è allestito il museo civico bibliografico musicale arricchito da strumenti musicali di varie epoche e partiture originali.
Palazzo Magnani: edificato nel 1577 da Domenico Tibaldi il quale morì nel 1583 e fu sostituivo da Floriano Ambrosini. Tra le opere più significative che vengono custodite al suo interno sono il fregio affrescato con storie della fondazione di Roma, le quali furono eseguite nel 1590 da Ludovico Carracci.
Di pari importanza è il camino monumentale ad opera dello stesso Ambrosini, ornato dalle statue di Marte e Minerva sovrastate dalla rappresentazione dei Ludi lupercali di Annibale Carracci. La statua di Ercole è posta nel cortile interno opera del Fiorini. Il palazzo fu ereditato dal Guidotti nel 1797 il quale lo vendette ai Malvezzi Campeggi dei quali oggi ne ammiriamo lo stemma nella facciata.
Chiesa di S. Martino: Risale al 1227 e concessa ai monaci Carmelitani nel 1293, fu rimaneggiata più volte e il più antico resta il portale detto del Boncompagni, il quale conserva una lunetta decorata da un rilievo di S. Martino del 1531 ad opera di Francesco Manzini. Il campanile antico ha la cella campanaria rifatta nel settecento.
Il suo interno ha forme gotiche con tre navate divise da pilastri e archi ogivali i quali reggono le volte a crociera costolonate. L'abside è decorata da una Madonna col Bambino, Santi e il committente Matteo Malvezzi ad opera di Girolamo Siciolante da Sermoneta del 1548, la quale è posta all'interno di una maestosa cornice del Formigine risalente al 1554. Qui si trova anche l'organo antico costruito da Giovanni Cipri nel 1556, posto in una mostra lignea ad opera di Giacomo Marcoaldi e restaurato da Franz Zanin di Camino al Tagliamento (Udine).
La prima cappella della navata sinistra si presenta in forme toscane eretta nel 1506 da Giovanni da Brensa; conserva una tavola di Francesco Francia, autore anche dello scomparto di predella col Cristo e della cimasa con una pietà. La deposizione che mostra il paliotto a monocromo è opera di Amico Aspertini, mentre sulla parete destra si trova la frammentaria adorazione del Bambino opera di Paolo Uccello del 1437 e sulla parete sinistra su di un piccolo piedistallo vi è la Madonna del Carmine in terracotta opera di Jacopo della Quercia e l'affresco di Elia profeta il quale è un'opera di Alessandro Guardassoni.
La terza cappella contiene un Crocifisso con Santi opera di Bartolomeo Cesi; la quarta cappella ospita S. Girolamo del 1591 opera di Ludovico Carracci e nella quinta cappella vi è una tavola di Lorenzo Costa con l'Assunta del 1506. Più avanti troviamo tracce dell'antica Chiesa trecentesca la quale presenta una Madonna Immacolata opera di Simone dei Crocifissi e una serie di affreschi frammentari ad opera di Vitale da Bologna i quali mostrano Abramo che accoglie sotto il suo manto i beati, oltre a un gruppo di dannati e uno di apostoli.
La navata è chiusa da una cappella di testa detta del battistero, la quale contiene due colonne romaniche e un trittico di scuola bolognese del quattrocento. Vicino vi è l'accesso alla sacrestia e al campanile con importanti tele del seicento.
La prima cappella della navata destra si presenta riccamente decorata da rilievi eseguiti da Bernardino da Milano con capitelli, pilastri e balaustra nonché da una pala d'altare raffigurante l'adorazione dei Magi opera di Girolamo da Carpi. La quarta cappella contiene un affresco raffigurante la Madonna col Bambino opera di Lippo di Dalmasio; sul pilastro verso la cappella che segue, è posta una frammentaria Crocifissione attribuita a Vitale da Bologna.
La quinta cappella ci presenta la Madonna col Bambino e Santi, opera tra le più riuscite di Amico Aspertini databile 1510/15. Una cappella in forme barocche chiude la navata di testa su disegno di Alfonso Torreggiani del 1773.La cupoletta è affrescata con la Madonna del Carine la quale dona lo scapolare a San Sime Stock opera di Vittorio Bigari; sull'altare vi è posta una scultura lignea della Madonna col Bambino di Guglielmo Bergognone colorita dal Guercino, mentre alla parete destra vi è il martirio di S. Orsola opera di Giovan Giacomo Sementi e sulla sinistra S. Carlo e altri Santi di Alessandro Tiarini.
Il chiostro venne realizzato nel 1511 è porticato e su disegno di Giovanni da Brensa.
Palazzo Grassi: è una delle poche testimonianze superstiti del medioevo urbano. Il portico è sostenuto da travi lignee dalla caratteristica forma a “stampella“, mentre il portale principale presenta una ghiera a sesto acuto e le finestre a monofora sono decorate in terracotta.
Nel cortile interno del quattrocento, vi sono intagli attribuiti alla scultrice Properzia de Rossi e una Madonna col Bambino in terracotta del XVI sec. Nella cappella gentilizia vi sono decorazioni in stucco ad opera di Giuseppe Mazza, mentre gli ornati sono opera di Ercole Graziani risalenti al 1704. Il palazzo oggi è sede del circolo ufficiali.
Teatro comunale di Bologna: è un'opera di Antonio Galli da Bibbiena; i lavori iniziati nel 1756 e inaugurato il 14 maggio 1763, con l'opera seria “il trionfo di Clelia“ con musica di Gluk i disegni sono custoditi nella biblioteca dell'Archiginnasio datati seicento. Il teatro fu il primo in Italia a rappresentare in assoluto un'opera di Richard Wagner.
Il 14 maggio 1931 Arturo Toscanini si rifiutò di eseguire l'inno fascista “giovinezza“ e la “marcia Reale” alla presenza nel teatro di Ciano e Arpinati, venne aggredito e schiaffeggiato da una camicia nera; fu questo episodio che gli fece prendere la decisione di lasciare l'Italia.
L'auditorium ha una forma di campana composto da quattro ordini di palchi con un palco reale e un loggione. Il teatro realizza in una stagione quasi 80 spettacoli lirici e 30 concerti sinfonici. L'orchestra stabile sotto forma di associazione nel corso degli anni ha ospitato grandi musicisti come: Igor Stravinskij e Aaron Copland; ha partecipato a tournée internazionali come quella in Giappone nel 1993. Essa si avvale della partecipazione di 95 professori d'orchestra e 70 elementi del coro.
Palazzo Poggi: eretto tra il 1549/60 e fu l'abitazione di Alessandro Poggi e del fratello il Cardinale Giovanni Poggi; al suo interno present decorazioni con affreschi di Pellegrino Tibaldi. Oggi ospita la sede centrale dell'Università di Bologna, al piano terra un'aula è stata dedicata a Giosuè Carducci che qui il poeta tenne lezioni di lingua e letteratura Italiana per 40 anni. Sempre al piano terra vi è la sala Ercole con la statua dell'eroe mitologico che fu scolpita da Angelo Piò nel 1730. Nel palazzo sono presenti numerosi Musei universitari e nel rettorato e biblioteca vi è conservata la quadreria con oltre 600 pregevoli ritratti.
Esso è il primo studium europeo istituito attorno al mille, specializzato in materie giuridiche ma esteso poi ad altre discipline. In alcuni ambienti è ospitato il museo delle navi; nel 1724 venne creata la stanza della geografia e della nautica con studi sull'astronomia, alla storia naturale e alla nascente scienza della navigazione; poiché tra il seicento e il settecento il disegno del mondo era incompleto e i grandi viaggi di esplorazione non avevano ancora rivelato terre e mari sconosciuti.
Il museo oltre a modelli di imbarcazioni custodisce armi e una sezione di carte geografiche del 1600 – 1700. Nella vicina Accademia delle scienze sono visibili in due saloni il ciclo pittorico raffigurante episodi della vita di Ulisse ad opera del Tibaldi.
Pinacoteca nazionale: è sita nell'ex noviziato Gesuita di S. Ignazio al quartiere universitario, nello stesso edificio storico che ospita anche l'Accademia delle belle arti. Il primo nucleo di quella che sarà la futura pinacoteca risale al 1762 quando Monsignore Giacomo Zambeccari acquistò otto tavole del cinquecento per l'Istituto delle scienze e destinate ad essere conservate nell'Accademia Clementina sezione artistica.
Nel 1776 vennero acquistate una dozzina di tavole trecentesche e di icone bizantine provenienti dal lascito di Urbano Savorgnan. Altro polo fu l'appartamento del Gonfaloniere dove accanto ad opere come la Pala del Voto di Guido Reni, vennero incamerati dipinti della scuola di Raffaello, Lavinia Fontana e Annibale Carracci.
Nel 1796 con la caduta del regime pontificio e la soppressione di numerosi conventi si raccolsero i dipinti dalle Chiese e conventi soppressi in un unica collezione. Nel 1802 furono sistemate presso l'ex noviziato gesuita di S. Ignazio che fu realizzato nel 1726 da Alfonso Torreggiani come quadreria della neonata Accademia Nazionale di belle arti.
Nell'atrio e scalone vi è la grande tela del 1775 di Gaetano Gandolfi raffigurante le nozze di Cana; dal duecento al Gotico ammiriamo: il Crocifisso del maestro giuntesco; S. Giorgio e il drago di Vitale da Bologna1330/35; dello stesso autore quattro tavole raffigurante S. Antonio Abate; un polittico di Pseudo Jacopino di Francesco; Simone dei Crocifissi con Madonna col Bambino e Santi e il donatore Giovanni da Piacenza del 1378; Giovanni di Pietro Falloppi con Crocifisso su tavola sagomata; Andrea dè Bartoli un trittico del 1360; Crocifissione di Cristo del 1400 di Jacopo di Paolo.
Saletta di Giotto e dei forestieri: il polittico di Giotto raffigurante Madonna col Bambino (firmato); Crocifisso su tavola sagomata di Rinaldo di Ranuccio; Madonna col Bambino in trono e angeli del 1402 di Lorenzo Monaco.
Il tramonto del Gotico: un trittico di Lippo di Dalmasio; un polittico del 1433 di Pietro Lainori; un Crocifisso su tavola sagomata di Michele di Matteo; Crocifisso a tempera su tavolo e oro di Giovanni di Pietro Falloppi; dello stesso autore S. Bernardino da Siena e storie della sua vita, tempera su tela.
Salone degli affreschi: Miracolo di S. Francesco di Francesco da Rimini; Ultima cena del 1340 di Vitale da Bologna; dello stesso autore Madonna col Bambino detta Madonna del ricamo; Un S. Giacomo alla battaglia di Clavijo di Pseudo Jacopino di Francesco.
Sale di Mezzaratta: Sinopie e affreschi staccati provenienti dalla Chiesa di S. Apollonia di Mezzaratta; Annunciazione, natività e battesimo di Cristo di Vitale da Bologna; Simone dei Crocifissi – Jacobus - Pseudo Jacopino di Francesco - Cristoforo da Bologna – Jacopo Avanzi – storie del vecchio testamento e storie della vita di Cristo.
Sezione del rinascimento: un polittico della Certosa del 1450 di Antonio e Bartolomeo Vivarini; Madonna col Bambino di Cima da Conegliano; di Francesco Cossa la Madonna col Bambino in trono fra i Santi Petronio e Giovanni Evangelista e il committente Alberto Cattani – pala dei mercanti del 1474; Volto di Maddalena piangente del 1478 di Ercole dè Roberti; dello stesso autore S. Michele Arcangelo; di Lorenzo Costa La Madonna col Bambino in trono tra i Santi Petronio e Tecla del 1496 e dello stesso autore lo sposalizio della Vergine e i Santi Francesco e Anna; Francesco Francia la Madonna col Bambino in trono e Santi e la cimasa con Cristo in pietà fra due angeli; Amico Aspertini adorazione dei Magi – Madonna col Bambino in trono e i Santi Giovanni Battista, Girolamo, Francesco, Giorgio, Sebastiano, Eustachio e due committenti; di Pietro Perugino Madonna in gloria e Santi; di Raffaello estasi di S. Cecilia; di Innocenzo da Imola Madonna col Bambino in gloria e i Santi Michele Arcangelo, Pietro e Benedetto del 1517; di Bartolomeo Ramenghi (il Bagnocavallo) Sacra famiglia con i Santi Benedetto, Paolo e Maddalena; di Tiziano Vecellio Gesù e il buon ladrone; Jacopo Robusti detto il Tintoretto, visitazione con i Santi Giuseppe e Zaccaria del 1550.
Sezione del Manierismo: Parmigianino, Madonna di S. Margherita; Denis Calvaert flagellazione di Cristo; Bartolomeo Cesi Madonna col Bambino in gloria adorata da Santi; Giorgio Vasari Gesù in casa di Marta; El Greco ultima cena 1568.
Sala dei Carracci: Assunzione della Vergine – Madonna col Bambino in trono e i SantiLudovico, Alesskio, Giovanni Battista, Caterina, Francesco e Chiara _ Cristo incoronato di spine tutti di Annibale Carracci. Mentre: Annunciazione – Predica del Battista – Probatica piscina – Conversione di Saulo – Madonna dei Bargellini sono di Ludovico Carracci. Infine di Agostino Carracci è la comunione di S. Girolamo.
Sala del Reni: strage degli innocenti; sansone vittorioso; Cristo in pietà, pianto della Madonna e adorato dai Santi Petronio, Francesco, Domenico, Procolo, Carlo Borromeo del 1616; Madonna col Bambino in gloria e i Santi protettori di Bologna Petronio, Francesco, Ignazio, Francesco Saverio, Procolo e Floriano detta “Pala della peste” o “Pala del voto” - S. Sebastiano.
Sala del seicento: con opere dei seguenti artisti: Simone Cantarini – Giacomo Cavedoni – Domenichino – Guercino – Lucio Massari – Mastelletta – Elisabetta Sirani – Alessandro Tiarini.
Sale del settecento: Vittorio Maria Bigari – Giuseppe Maria Crespi – Donato Creti – Marcantonio Franceschini e Luigi Quaini.
Palazzina della Viola: risale al quattrocento si presenta con portico e loggiati in pregevoli forme rinascimentali; ospita l'Istituto di meccanica agraria.
Galleria comunale d'Arte moderna: è situata nel quartiere fieristico ha un ampio programma culturale di mostre e iniziative didattiche.
Conosci questa località ?
Oppure chiedi a chi la conosce
Oppure chiedi a chi la conosce
Aggiornamenti degli utenti
Se conosci notizie ulteriori, hai consigli per chi intende visitare questa località, oppure precisazioni particolari, scrivile qui in modo da aiutarci a tenere sempre aggiornata la scheda della località.