tindari1.jpg
Dest. Relig.
Collina
Mare

Tindari

Manifestazioni

Segnala un evento


La città antica chiamata Tyndaris fu edificata da Dionigi il vecchio di Siracusa nel 396 a.C. In onore di Tindaro,re di Sparta e sposo di Leda, nonchè padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce. Durante la i^ guerra punica, nelle sue acque si combattè: ”la battaglia di Tindari” 257 a.C. Nella quale la flotta romana, guidata dal Console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella Cartaginese.
Cicerone la citò come nobilissima civitas.
Nel I sec. d.C. Subì le conseguenze di una grande frana mentre nel IV sec. Fu soggetta a due distruttivi terremoti.
Conquistata dai Bizantini nel 535, cadde nelle mani degli Arabi nell'836 dai quali venne distrutta.
Vi rimase il Santuario dedicato alla Madonna nera di Tindari. Ingrandito negli anni, ospita una Maria con il bambino scolpita in legno di cedro, considerata apportatrice di grazie e miracolosa.
Le origini della statua della Madonna nera, sono legate ad una leggenda che una nave, per sfuggire alla tempesta, si rifugiò nella baia di Tindari ma non riuscì più a partire fino a quando non lasciarono anche la statua, che fu portata sul colle in una piccola chiesa e più volte ampliata per accogliere i pellegrini, attratti dalla fama miracolosa del simulacro.
Alla base della statua, la scritta riprende il cantico dei cantici 1,5 “nigra sum sed formosa” traducibile in: ”sono brunetta ma formosa” o meno letteralmente ma in un linguaggio più semplificato: ”sono nera ma bella”.
Il Santuario ha una storia travagliata. Nel luglio del 1544, l'assalto dell'armata corsara turco-ottomana insidia, assalta e distrugge il circondario. La chiesa viene ricostruita dal vescovo Giovanni Privitera tra il 1552 e il 1598, i lavori furono completati dopo la sua morte.
Il Santuario viene ampliata dal nuovo vescovo Giuseppe Pullano con una chiesa più grande consacrata nel 1979, divenendo come la porziuncola di S. Francesco o la Casa Santa di Loreto, venendo a costruire una sorta di chiesa nella chiesa.
Resti della città antica, si trovano nella zona archeologica.
I primi scavi sono datati 1838. L'impianto urbanistico, risale probabilmente all'epoca della fondazione della città, con strade, sistema fognario, cardini e canalizzazioni delle singole abitazioni.
I resti delle mura cittadine visibili, sono dovute ad una ricostruzione del III sec. a.C.
Il teatro, venne costruito in forme greche alla fine del IV sec. a.C. In seguito, rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l'adattamento per i giochi dell'anfiteatro.
Vi sono ruderi di abitazione romana del I sec. a.C..
A base del promontorio, si trova una zona sabbiosa con una serie di specchi d'acqua, la cui conformazione si modifica in seguito ai movimenti della sabbia, spinta dalle mareggiate. Conosciuta con il nome di Marinello o il mare secco e vi sono legate diverse leggende:
- La spiaggia, si sarebbe formata miracolosamente in seguito alla caduta di una bimba dalla terrazza del Santuario, ritrovata poi sana e salva sulla spiaggia appena creatasi per il ritiro del mare.
- Un'altra leggenda narra della morte, avvenuta proprio su questa spiaggia di papa Eusebio il 17 agosto 310, pochi mesi dopo la sua elezione avvenuta il 18 aprile e che sarebbe stato esiliato in Sicilia da Massenzio.
- Sopra la spiaggia, sul costone, si apre una grotta che, secondo la leggenda locale, era abitata da una maga, la quale attraeva i naviganti col suo canto e poi li divorava. Quando qualcuno degli adescati, rinunciava per la difficoltà di raggiungere l'ingresso dell'antro, la maga sfogava la rabbia affondando le dita nella parete e a questo sarebbero dovuti i piccoli fori che si aprono numerosi nella roccia.

Monumenti
Santuario di Maria SS. di Tindari: il Santuario della Madonna Nera o primitiva Cattedrale di Tindari sorge sulla sommità del colle omonimo e domina i sottostanti laghetti di Marinello, i quali sono inseriti nell'omonima riserva naturale. L'edificio ricopre l'area della antica fortezza o castello di Tindari.
La scultura lignea è in cedro del Libano, bizantina e databile tra la fine dell'ottavo sec. e inizio del IX sec. essa ha il caratteristico e originale volto lungo non riscontrabile in altre statue religiose; è una “theotòkos Odigitria” (tipo di iconografia Cristiana diffusa in particolare nell'arte bizantina e russa del periodo medievale) rappresentata come Basilissa ossia regina seduta in trono, che regge in grembo il Bambino Gesù tenendo la mano destra sollevata, benedicente. Sul capo vi è posto una corona o un turbante tipo orientale.
Santuario antico: secondo la tradizione orale il simulacro approda a Tindari nel periodo della dominazione bizantina (535 – 836), mentre in oriente vi è la persecuzione iconoclasta ad opera dell'imperatore Leone III Isaurico.
Nel 1544 fu saccheggiato dall'ammiraglio “Khayr al-Din Barbarossa” e da “Rais Dragut” (successore) fu risparmiata la venerata immagine della Madonna Bruna. Nel 1552 il vescovo di Patti “Bartolomei Sebastiani” lo ricostruisce e sulla bugna – chiave di volta del portale d'ingresso vi è scolpito l'anno 1598.
Il rilievo dell'arco del portale in facciata, è realizzato in bugnato; il secondo ordine è contraddistinto da una finestra circolare sovrastante l'ingresso, mentre un timpano triangolare con la dedica “AVE MARIA“ costituisce il terzo ordine.
Delle semplici cornici abbelliscono gli ordini inferiori dei campanili. Stelle a otto punte le quali sono ricavate dalla sovrapposizione di quadrati sfalsati ornano gli ordini centrali. Sulla contro-facciata il portale dipinto raffigura il corteo processionale che accompagna il simulacro dalla spiaggia all'acropoli.
L'altare maggiore è dedicato al Sacro Cuore di Gesù. L'elevazione è costituita da una doppia coppia di colonne; quelle interne aggettanti sormontate da timpani a ricciolo simmetrici; al centro lo stemma con fregi reca l'iscrizione: “VENITE FILII, AVDITE ME, TIMORE DOMINI, DOCEBO VOS“. Al centro vi è un ricco tabernacolo argenteo e nel presbiterio due quadroni raffigurano: la venerazione dell'icona negli attimi successivi all'apertura della cassa contenente il simulacro; e il recupero raffigurante il salvataggio della cassa con l'ausilio delle reti dei pescatori.
NAVATA Destra: caratterizzata con volta e nicchia contenente la statua raffigurante S. Giuseppe e Gesù fanciullo.
La Cappella di Maria SS con altare dedicato alla Vergine del Tindari è animata da manufatti in stile barocco con baldacchino in altorilievo di stucco e colonne tortili. Una coppia di putti alati sorreggono il baldacchino coronato, dal quale si diparte un manto con motivi fitoformi che svela la nicchia centrale nella quale vi è custodita una riproduzione dell'icona.
La seconda coppia di putti sostiene e tende il drappeggio allargato, il quale ricadente in ricche pieghe esalta la frangia decorativa, che occupa tutta la parete creando un effetto scenografico di elevato impatto artistico e visivo.
Un'altra coppia di angioletti sulla trabeazione, regge lo stemma coronato e sulle cimase del timpano a riccioli, altri putti si protendono verso il soffitto; un paliotto ad intarsi marmorei con tre scene abbellisce la mensa.
NAVATA Sinistra: con volta e nicchia contenente la statua marmorea raffigurante Gesù battezzato da S. Giovanni Battista nel Giordano.
Cappella del Coro e cenotafio (monumento sepolcrale). Entrambi i Santuari (antico e moderno) vantano il titolo di “Chiese Liberiane” un appellativo che affonda le origini nei primi secoli della Chiesa e sono legati al sorgere della Basilica di S. Maria Maggiore in Roma, la quale è considerata il più antico Santuario mariano d'Occidente. Risalente al IV sec. sotto il Pontificato di papa Liberio.
Santuario moderno: il 22 gennaio 1943 le strutture del Santuario furono requisite dal Regio Esercito Italiano e in seguito occupate dai soldati inglesi. L'otto dicembre 1957 fu posta la prima pietra proveniente dagli scavi archeologici e benedetta da papa Pio XII. Nel 1975 in data 6 settembre l'icona della Madonna viene collocata sul monumentale altare del nuovo tempio.
Il Santuario moderno ha una pianta basilicale a croce latina a tre navate, con transetto quadrato e abside semi-circolare; essa è lunga 64 metri e larga 24 metri, il basamento è in marmo di billiemi catena dei monti di Palermo), mentre le falde della copertura sono rivestite di ceramiche azzurre. Un loggiato dalla lunghezza di 76 metri e largo otto, permette di ammirare il panorama dei laghetti di Marinello; sotto il loggiato vi è un ampio locale collegato alla cripta il quale forma la penitenzieria del Santuario.
La parte centrale della facciata è costituita da un corpo avanzato che s'innalza sulla piazza antistante e la sopra elevazione costituisce lo sviluppo della torre campanaria. Le porte sono in bronzo e ai lati del portone centrale vi sono collocate le statue dei Santi Pietro e Paolo.
Le figure allegoriche in vetrate istoriate delle virtù cardinali: Prudenza; Giustizia; Fortezza; Temperanza danno l'accesso al Santuario, mentre sui varchi d'accesso vi sono le virtù teologali: la Fede entrata di sinistra; Carità sul varco centrale e la Speranza sull'ingresso destro.
La navata centrale è delimitata da colonne ottagonali con basi di marmo bianco; sulla volta è incollata una tela di 75 mq. La quale raffigura “il trionfo della Madonna” e ai vertici della volta vi sono angeli che sorreggono dei cartigli recanti le frasi salienti tratte dal cantico del “Magnificat”: “MAGNIFICAT ANIMA MEA DOMINUM – BEATAM ME DICENT OMNES GENERATIONES – QVIA FECIT MIHI MAGNA, QVIPOTENS EST-”
Del pittore Fausto Conti è anche l'affresco della cupola. Sulle pareti esterne delle campate delle navate laterali, in grandi mosaici sono rappresentati i Misteri del Rosario realizzati ancora dal pittore romano Fausto Conti.
Al centro del transetto poggia il grande altare il quale poggia su stipiti di marmo giallo e sotto la mensa è posta una scultura in marmo bianco raffigurante l'ultima cena. Sotto la cupola troneggia l'artistico altare su cui vi è collocata l'immagine della Madonna. Essa è collocata su basi di bronzo raffiguranti nuvole, tra esse si ergono quattro maestosi angeli bronzei in posizione eretta con mani protese e sorreggono una bussola in cristallo contenente il simulacro della Madonna, mentre un'altra coppia in posizione più avanzata regge il tabernacolo e l'angelo posto sulla destra è genuflesso.
Le pareti dell'abside sono decorate da mosaici raffiguranti i momenti salienti della storia del Santuario.

Cultura
– Nelle verrine, Cicerone si sofferma a lungo su Tindari e sulle spoliazioni subite dalla città durante la Magistratura di Verre.
- Salvatore Quasimodo le dedicò la celebre poesia:”vento a Tindari”.
- Andrea Camilleri scrisse un giallo: ”La gita a Tindari” trasmesso poi, anche nella serie Montalbano.

Dal toponimo derivano i nomi propri: Tindaro e Tindara, specifici di quest'area circoscritta della Sicilia.
Conosci questa località ?
Oppure chiedi a chi la conosce

Aggiornamenti degli utenti

Se conosci notizie ulteriori, hai consigli per chi intende visitare questa località, oppure precisazioni particolari, scrivile qui in modo da aiutarci a tenere sempre aggiornata la scheda della località.

Foto inserite dagli utenti
Click per ingrandire

Aggiungi
Foto

Carica un'Immagine

×

Diari di viaggio
Click per leggere

Aggiungi
Diario