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Soragna

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Insediamenti umani risalgono all'età del bronzo quando tra il III e II millennio a. C. fu fondato un villaggio palafitticolo; in seguito fu colonizzata da popolazioni galliche alle quali seguirono gli etruschi e in fine i romani che bonificarono le terre.
Con la caduta dell'impero romano d'Occidente fu occupato dai Goti ai quali seguirono i Longobardi e il borgo venne nominato per la prima volta il 2 agosto 712 in un documento del re Liutprando.
Si sviluppò intorno al castello del sec. IX e nel 1300 divenne dominio della famiglia: Meli Lupi.

Monumenti
Chiesa di S. Giacomo: risale al sec. XIII, divenuta sede di vicariato nel sec. XVII fu abbattuta e ricostruita nel 1755 in stile barocco; essa si sviluppa su di una pianta centrale con quattro grandi pilastri, la facciata convessa nell'ampia porzione centrale aggettante è arricchita dalle lesene e dalle fasce marcapiano, mentre l'ampio portale è incorniciato e timpanato sovrastato da una grande finestra con vetrata policroma e impreziosita da cornice. Sulla sommità un frontone triangolare corona il prospetto, mentre ai lati in corrispondenza degli ingressi minori arretrati, due volute completano l'armoniosa facciata barocca di stile romano.
L'interno l'ampia navata è coperta da una cupola affrescata e sostenuta da quattro pilastri polistili e coronati da capitelli compositi in stucco. L'altare maggiore in marmi policromi risale al 1939 arricchito da statue e mosaici. La Chiesa è arricchita da opere come: il gruppo statuario ligneo della Sacra Famiglia intagliato dalla ditta Fratelli Moroder di Ortisei; gruppo statuario in marmo bianco del 1708; una statua in legno del 1701; l'altare in legno dorato dedicato a S. Giacomo maggiore apostolo del sec. XVIII e una via Crucis in scagliola policroma del 1905 ad opera di Emilio Trombara, oltre ad arredi e quadri settecenteschi.
La cantoria in stile barocco del 1768 ospita un grande organo del 1814 e realizzato dai maestri organari: Bergamaschi Carlo e Giuseppe Serassi. All'interno del luogo di culto dal sec. XVIII vi ha sede il coro “Cantori di Soragna“ che dal 1907 si esibisce la corale polifonica “S. Pio X“ la quale svolge anche attività concertistica in collaborazione con un ensemble (una formazione musicale d'insieme) strumentale formato da: violino, violoncello, arpa, clarinetto e organo.
Chiesa della Beata Vergine del Carmine: eretta nel 1640 per volere del marchese Diofebo III Meli Lupi, ampliata insieme al convento nel 1661 e nel 1769 il convento fu soppresso per ordine del primo ministro ducale Guillaume du Tillot diventando un orfanotrofio; la Chiesa dopo i danni del terremoto del 2008 è stata riaperta al culto nel 2015 e si presenta con facciata a salienti, caratterizzata da quattro lesene sormontate da pinnacoli i quali dividono la fronte in tre parti.
L'ingresso principale al centro affiancato da lesene e timpanato, al di sopra una grande ed elaborata cornice inquadra una trifora riccamente affrescata.
L'interno a tre navate divise da una serie di arcate a tutto sesto e sostenute da pilastri, la navata centrale è coperta da volta a botte lunettata mentre le laterali sono coperte da volte a crociera. Custodisce opere di pregio tra cui l'altare maggiore barocco che fu realizzato nel 1707 da Alvise da Cà; i ricchissimi altari laterali in stucco da pregiati marmi policromi a forma di piccolo tempio con colonne tortili gialle.
Di notevole pregio sono anche i due ricchissimi altari laterali dedicati a S. Rocco e alla Beata Vergine delle Grazie, realizzati in stucco e ornati con statue e decorazioni barocche. Corredano inoltre la Chiesa: cinque tele del sec. XVIII e la cantoria per ospitare l'organo Dotti del 1707 il quale fu realizzato da Giambattista Galli; ricco di sculture di angeli, santi e decorazioni e stemmi dei Meli Lupi; al centro vi è la grande statua della Madonna del Carmine col bambino.
Oratorio di S. Antonio da Padova: eretto nel 1696 per volere della confraternita del suffragio; la torre campanaria risale al 1794. La Chiesa è a navata unica con portico antistante l'ingresso, la facciata è dotata di tratti monumentali neoclassici con colonne tuscaniche e al primo livello si apre un'elegante loggia con quattro colonnine ioniche. Al centro vi è un gruppo statuario in terracotta raffigurante S. Antonio, il quale fu realizzato nel 1806 da Giuseppe Carra; a coronare la facciata vi è il grande frontone triangolare con orologio centrale e sulla sommità si innalzano una Croce in ferro e due vasi laterali.
L'aula stretta e lunga reca colori tenui e riccamente ornata con decorazioni a stucco di Giovanni Mercoli; lo scultore nel 1698 realizzò gruppi di alte colonne binate con capitelli compositi, due grandi cornici ovali dei dipinti sugli altari laterali, gli archi della volta a botte di copertura e l'alta cornice marcapiano, le quattro sculture in stucco raffiguranti i Dottori della Chiesa e che ornano i pennacchi della piccola cupola semi-sferica a coronamento della navata.
Gli oli che ornano gli altari laterali e rappresentano la strage degli innocenti e la Madonna con Santi furono eseguiti nel 1698 dal pittore Giovanni Bolla, mentre il ricco altare maggiore in legno dorato con colonne tortili e intagliato da Giulio Seletti nel 1726, ospita quattro candelieri scolpiti nel 1778 da Francesco Gaibazzi; i sedili lignei lignei del coro e collocati a semi-cerchio sul retro fra due porte laterali incorniciate da stucchi, risalgono al 1734 ad opera di Giambattista Galli il quale è anche l'autore dei confessionali, del portale di accesso alla sacrestia, di un armadio intagliato e della cantoria barocca dipinta della contro-facciata, che ospita l'organo a sette registri risalente al 1701 di Giuseppe Dotti.
Chiesa dell'Annunciazione di Maria Vergine: la prima testimonianza della sua esistenza risale al 1230, fu ristrutturata nel 1752 riutilizzando parti dei materiali recuperati dalla demolizione del vicino castello di Castellina.
La Chiesa è a tre navate con cappella ai lati, la facciata interamente intonacata è scandita verticalmente in tre parti da quattro alte lesene e coronate da capitelli dorici; in alto si apre un finestrone con cornice mistilinea, sovrastata da un grande orologio a coronamento si staglia il timpano con cornice modanata e retto da una coppia di lesene scanalate.
Su tre ordini s'innalza il campanile in laterizio alto 36 metri, con gli spigoli decorati a lesene con capitelli dorici mentre la cella campanaria, si affaccia attraverso ampie monofore ad arco a tutto sesto; la lanterna in alto a base ottagonale è sormontata da una guglia conica su tre livelli.
All'interno la navata centrale è coperta da una serie di volte a vela, ed è separata da quelle laterali da arcate retta da alti pilastri a fascio e capitelli dorici. Le cappelle laterali sono coronate da volte a botte contenendo dipinti di pregio; la cantoria neoclassica è stata realizzata nel 1824 da Giovanni Cavalletti.
Il presbiterio risale al sec. XV coperto da una volta a crociera decorata con affreschi, preceduto da una balaustra in marmo e in mezzo l'altare maggiore in marmi policromi, disegnato dal Rivara e realizzato nel 1874 da Alessandro Monti. La pala raffigurante l'Annunciazione eseguita nel sec. XVII da Andrea Mainardi detto “il Chiaveghino” si staglia sul retro.
Chiesa di S. Pietro: risale al 1226 a navata unica affiancata da una cappella per lato. La facciata è a capanna intonacata e scandita da quattro lesene elevati su alti basamenti in laterizio coronate da capitelli dorici; il portale d'ingresso è delimitato da una cornice scanalata in marmo rosso e sormontato da architrave in rilievo, sulla sommità si staglia il frontone triangolare con cornice aggettante in laterizio e sovrastata da due vasi all'estremità. Il campanile è esile e decorato con finto bugnato, la cella campanaria si affaccia attraverso monofore ad arco a tutto sesto.
All'interno la navata è coperta da volta a botte lunettata, è affiancata da una serie di lesene coronate da capitelli dorici che sostengono il cornicione perimetrale ornato a intervalli regolari con teste di angioletti in stucco. Attraverso due ampie arcate a tutto sesto si aprono le cappelle laterali con volte a botte e altari con ancone barocche.
Il presbiterio è coperto da volta a crociera con affreschi raffiguranti elementi e simboli sacri; al centro l'altare maggiore è sormontato dalla pala barocca in legno intagliato e dorato del sec. XVIII, al suo interno vi è una statua lignea dipinta di S. Pietro Apostolo.
Chiesa di S. Giovanni Battista: del 1230 si sviluppa a tre navate e cappelle ai lati, la facciata è a salienti suddivisa da due cornicioni modanati in laterizio; i due ordini più bassi sono scanditi da quattro lesene elevati su alti basamenti e coronate da capitelli dorici. Sul lato destro s'innalza il campanile con spigoli a lesene decorati, la cella campanaria si affaccia su monofore ad arco a tutto sesto e delimitate da cornici; la lanterna in laterizio si eleva in sommità ed è sormontata da una guglia.
Al suo interno la navata centrale è coperta da una serie di volte a vela decorate con affreschi e suddivisa dalle laterali chiuse da volte a botte con ampie arcate a tutto sesto e rette da massicci pilastri, ornati con dipinti raffiguranti alte colonne corinzie.
Il presbiterio è chiuso da una volta a vela affrescata con l'altare maggiore in legno dorato; all'interno di una cornice lignea riccamente intagliata si staglia la pala raffigurante la nascita di S. Giovanni Battista, la quale fu dipinta nel 1548 da Michelangelo Anselmi. La cantoria accoglie l'organo a canne del 1881 dalla ditta Aletti di Monza. Le cappelle custodiscono due altari barocchi dedicati alla Beata Vergine del Rosario e a S. Antonio da Padova.
Chiesa di S. Caterina d'Alessandria: risale al sec. XVI per volere dei marchesi Lupi, si presenta a pianta basilicale a tre navate; la facciata a salienti rivestita in calcestruzzo armato misto a graniglia bianca, è scandita in tre parti da quattro massicce paraste coronate da alte guglie. L'ingresso principale è strombato e sormontato da una lunetta ad arco ogivale e contenente un altorilievo in terracotta; l'accenno di protiro che circonda l'accesso è coronato da una cuspide sormontata da pinnacoli, nascondendo quasi l'alta vetrata policroma ad arco a sesto acuto.
Sulla sommità si sviluppa una fascia decorativa a polifora cieca coronata da pinnacoli; ai lati in corrispondenza delle navate vi sono i portali d'ingresso secondari e strombati, sormontati da lunette ogivali con altri altorilievi in terracotta; più in alto due piccole finestre a croce greca mentre sulla sommità corre un cornicione decorato con un motivo di archetti pensili.
Al suo interno l'alta navata principale è coperta da una serie di volte a crociera a sesto acuto con costoloni, è separata dalle laterali attraverso pilastri a fascio e coronati da capitelli corinzi; l'aula viene illuminata dalle numerose vetrate policrome aperte su ogni parete. Il presbiterio si conclude nell'abside coperta da una volta ad ombrello a sesto acuto; l'altare maggiore è in marmo di Carrara, ricco di edicole contenenti statue, altorilievi, colonne, guglie e pinnacoli.
Sinagoga: risale al sec. XVII detta “Casa grande delli Hebrei” infatti essi ottennero il permesso da marchese Diofebo II Meli Lupi di acquistare edifici da adibire a residenza o luogo di culto. Il palazzo il quale ospita al primo piano la sinagoga è esternamente privo di elementi che rivelano il luogo di culto.
La sala delle preghiere è preceduta da un vestibolo sormontato dal matroneo, essa si sviluppa in pianta rettangolare ed è decorata armoniosamente in stile neoclassico con stucchi realizzati da Antonio Rusca e affreschi dipinti da Giuseppe Levi. Le pareti sono scandite da semi-colonne in stucco lucido a finto marmo, coronate da capitelli corinzi i quali sorreggono la trabeazione, che a sua volta è ornata con iscrizioni in lingua ebraica tratte dal libro dei Re e dal libro dei Salmi.
La volta a padiglione è decorata con affreschi in chiaro scuro e raffiguranti motivi floreali, oggetti rituali e strumenti musicali tradizionali. La sala contiene una serie di panche in legno le quali sono rivolte verso l'Aron, il quale è collocato in una nicchia ed è raggiungibile salendo tre gradini; l'armadio sacro dell'ottocento è chiuso da due ante laminate e sbalzate in oro, è preceduto dal lume perpetuo sbalzato in argento e da un piccolo leggio; due ampie finestre si aprono ai lati e sormontate come la nicchia da lunette ad arco a tutto sesto, due alti candelabri in bronzo dorato sono posti alle estremità.
Con affreschi analoghi alla sala di preghiera è ornato il soffitto del vestibolo; essendo adibito oggi a museo, ospita gli oggetti più pregiati tra cui antichi rotoli della Torah, manti e fasce, puntali e corone nonché un Siddur (libro quotidiano delle preghiere ebraiche) del XVIII sec. Dall'atrio salendo una scala, si accede al matroneo il quale affaccia sulla sinagoga attraverso tre ampie grate di ferro battuto e pregevolmente lavorate con motivi ad arabeschi; conserva otto Ketubot (documento di accordo nuziale ebraico ed è considerato parte integrante del matrimonio ebraico tradizionale ed illustra i diritti e le responsabilità dello sposo in relazione alla sua sposa) finemente decorati del XVIII sec.
Rocca Meli Lupi: è un maniero medievale che fu trasformato in residenza nobiliare fra il sec. XVI e XIX; l'edificio appartiene tutt'ora ai principi Meli Lupi i quali ressero il principato di Soragna fino all'ebolizione del feudalesimo, che fu decretato dall'imperatore Napoleone Bonaparte nel 1805.
Il primo castello difensivo della zona fu edificato nel 985 dal marchese Adalberto I, figlio di Oberto I degli Obertenghi al quale nel 962, l'imperatore del Sacro Romano Impero Ottone I di Sassonia concesse le terre tra Soragna e Busseto.
Nel 1198 un matrimonio consentì alla famiglia Lupi di entrare in possesso del feudo e avviare i lavori di ricostruzione del castello. Oggi esso si presenta a pianta pressoché quadrata attorno ad un cortile centrale, in corrispondenza dei quattro spigoli vi sono collocate le torri quadrangolari e al centro della facciata principale si erge una quinta torre d'ingresso più stretta.
Sul retro dalla torre si estende una lunga struttura che collega la rocca con la cappella di S. Croce, che proseguendo si conclude con un fortino neogotico sui margini di un romantico laghetto. La facciata principale è interamente rivestita in laterizio, si accede da un ponticello in muratura del sec. XVII in sostituzione dell'antico ponte levatoio; due alti piedistalli in mattoni sono collocati ai lati a sostegno di grandi leoni in pietra.
L'ampio ingresso ad arco a tutto sesto è sovrastato al primo livello da un piccolo balcone incassato e al di sopra campeggia al centro di un secondo arco, un grande stemma dei principi Meli Lupi. L'androne di accesso è coperto da volta a botte decorata con grande ovale affrescato e contenente l'Assunzione della Vergine con la seguente scritta: “Domum custodiat quae Christum custodivit“ (Protegga la casa colei che protesse Cristo).
Il cortile centrale dell'interno è preceduto da un elegante porticato ad archi ribassati e sostenuto da un massiccio colonnato ionico in pietra di Sarnico; la volta è a padiglione lunettata è decorata con affreschi del 1446, i quali raffigurano tralci e rami di vite mentre le ampie lunette sulle pareti, sono dipinte con gli stemmi delle casate con le quali nei secoli si sono imparentati i Meli Lupi.
Sala del Baglione detta anche sala delle grottesche è caratterizzata dagli affreschi rinascimentali a grottesche e ricoprono interamente le pareti e la volta del soffitto, realizzati nel 1580 dal pittore Cesare Baglione sono in perfetto stato di conservazione. Inoltre la sala è arricchita dal grande camino in pietra e dall'arredamento antico costituito da cassapanche risalenti a varie epoche, tavoli a fratina e sedie; di grande pregio è una nicchia la quale è chiusa da due ante lignee a grottesche e decorata internamente con motivi religiosi.
Sala Gialla è detta anche sala di Nicolò dell'Abate o sala d'Ercole, essa è caratterizzata dalla colorazione dei muri in colore giallo e la volta del soffitto è decorata da affreschi a grottesche mentre le lunette riportano paesaggi. Quattro affreschi di pregio sono stati staccati e montati su tela ora decorano le pareti, essi furono realizzati nel 1543 dal pittore Nicolò dell'Abate con la figura mitologica di Ercole e raffigurano: Ercole fanciullo che strozza i serpenti - Ercole che abbatte il toro Cretese – Ercole che uccide Caco ed Ercole che uccide Anteo.
Camera della sposa è ornata con una cornice in stucco dorata e caratterizzata da un letto a baldacchino in legno intagliato nel 1801 da Carlo Guerrieri e Giovanni Ziglioli nell'occasione delle nozze tra il marchese Casimiro I Meli Lupi e Anna Grillo di Mondragone. Su di una parete campeggia il dipinto del pittore Giovanni Bolla il quale raffigura Giuseppe e la moglie di Putifarre, è inquadrato in una cornice barocca in legno intagliato e dorato il quale fu realizzato da Lorenzo Aili. Un tavolo in legno intagliato e contornato da due sedie dorate genovesi del 1780 è posizionato nelle vicinanze.
Sala del Bocchirale è collegato al giardino con uno scalone a doppia rampa, la volta è a botte lunettata decorata con affreschi a grottesche e un grande ovale centrale. Un grande arazzo francese del sec. XVII e di pregevole tessuto trapuntato raffigura fiere ed animali esotici orna una delle lunghe pareti. La sala è anche arricchita da un grande mobilio tra cui sedie, divani e tavoli laccati e intagliati a festoni in stile impero, realizzati nel 1801 da Carlo Guerrieri. Vi sono presenti anche due busti uno di figura maschile del sec. XVI di Antonio Lombardo, mentre l'altro raffigura il Cristo scolpito nel sec. XVIII da Alvise da Cà; completano quattro vasi del settecento in terracotta dipinta ed un cancello in ferro battuto ad opera di Giulio Pellegrinelli.
Sala Rossa caratterizzata dal colore rosso è uno dei salotti del castello arredato con divani e consolle in stile barocco. Le pareti sono adorne di sei grandi tele ovali con paesaggi dipinte dal Brescianino nel sec. XVI ed inquadrate da elaborate cornici intagliate da Giuseppe Bosi; a questi vengono aggiunti altri due ritratti i quali raffigurano il marchese Giampaolo I Meli Lupi e la consorte Ottavia e sul camino è posizionata una specchiera in legno dorato e intagliato, che fu realizzata nel sec. XVII da Lorenzo Aili e Francesco Peracchi. Su di un basamento vi sono alcuni vasi giapponesi del settecento intagliato e laccato in oro di gusto barocco.
Sala del biliardo antico è anche detto galleria degli antenati, caratterizzato dal grande tavolo da biliardo al centro e alle pareti numerosi ritratti dei membri della stirpe Meli Lupi tra cui Cassandra Marinoni, nota anche come “donna Cenerina” presunto fantasma della rocca. Un camino del settecento realizzato dallo scultore Alberto Oliva arricchisce la sala.
La leggenda di Donna Cenerina la marchesa era la consorte di Diofebo II Meli Lupi e il 18 giugno 1573 fu barbaramente pugnalata dal cognato Giulio Albissola mentre era ospita a Cremona dalla sorella Lucrezia e a sua volta colpita a morte per motivi ereditari. Restando il delitto impunito, la tradizione vuole che il suo fantasma appaia in particolari circostanze: per preannunciare la morte dei suoi discendenti oppure quando gli ospiti non le sono graditi; in tali occasioni la sua presenza sarebbe accompagnata da strani e inquietanti fenomeni: sbattimenti di porte, rumori improvvisi, scricchiolii inspiegabili e rotture di vetri.
Sala degli stucchi è un ambiente quadrato realizzato nel 1688 caratterizzato dai notevoli e ricchissimi stucchi che ornano le pareti e la volta del soffitto; le decorazioni in stile barocco furono realizzate nel 1696 dai fratelli Ferdinando e Francesco Galli da Bibbiena.
Galleria dei poeti collega il castello con la cappella di S. Croce e il fortino aperto verso il laghetto del parco. Il corridoio riporta tre diverse decorazioni: la parte più corta fu decorata dai fratelli Bibbiena decorata con stucchi e affreschi barocchi in perfetta continuità con l'adiacente sala degli stucchi.
La seconda più larga e lunga 62 metri è interamente decorata con affreschi che raffigurano poeti e soggetti classici entro cornici geometriche, dipinte dal pittore Giovanni Motta.
La terza è all'interno del piccolo fortino in stile neogotico, ornata con affreschi raffigurante Apollo il dio greco della poesia con i suoi cigni; la galleria è arricchita da 12 erme dei poeti più illustri: Dante Alighieri – Francesco Petrarca – Ludovico Ariosto – Torquato Tasso seguiti dal poeti latini: Orazio – Virgilio – Ovidio e Lucrezio infine dai poeti greci: Omero – Sofocle – Pindaro e Anacheronte.
Cappella di S. Croce: risale al 1606 come oratorio e luogo di sepoltura per i membri della casata che per circa 200 anni vi furono tumulati. La volta è decorata con affreschi del 1697 dal pittore Giacomo Mercoli, arricchiscono le colonne ioniche e l'altare ornato con diversi marmi; sul retro la grande pala che raffigura la Crocifissione incorniciata da due colonne, le quali sostengono un elaborato timpano dipinta nel sec. XVIII dal pittore Giovanni Bolla e autore anche del quadro raffigurante S. Antonio Abate.
L'oratorio custodisce una tela del seicento la quale raffigura la Beata Vergine delle Grazie con Santi ad opera di Giovanni Battista Lazzaroni e due dipinti di scuola genovese del sec. XVIII. Il sepolcro gotico in pietra di Ugolotto Lupi morto nel 1351 è collocato all'nterno della parete; esso fu rimosso dalla Chiesa di S. Francesco del Prato a Parma nel 1821 e ricostruito nella cappella.
La cappella custodisce anche: un rilievo in marmo dell'”Ecce Homo“ risalente al 1470 opera dello scultore Giovanni Antonio Amedeo e il sepolcro del marchese Francesco Meli Lupi morto nel 1669 recante la scritta: “Quivi giace a marcir entro l'avello nudo senza vigor, vile, fetente, un lupo per venir celeste agnello”.
Sala da pranzo caratterizzata da stucchi barocchi che incorniciano la volta a padiglione recante un affresco dipinto dal pittore Pietro Ferrari il quale raffigurò il marchese Giampaolo III Meli Lupi con il figlio Diofebo nel 1661 durante la costruzione dell'oratorio di S. Rocco sito alle spalle del parco della rocca.
Il camino in marmo rosso di Verona che fu realizzato da Alberto Oliva nel 1689 è posizionato su di un lato; al di sopra di esso vi è una specchiera in legno intagliato e dorato in stile barocco del sec. XVII. Quattro grandi ovali che raffigurano figure morte, risalenti al XVIII sec. opera del pittore Felice Boselli arricchiscono la sala; le cornici intagliate e dorate sono opera di Francesco Seracchi, il quale è anche l'autore del cassettone del settecento presente nella stanza e contenente una serie di piatti savonesi dipinti del settecento.
Sala d'armi si presenta adorna di sobrie decorazioni ad affresco che incorniciano le pareti e la cappa del grande camino in pietra. Sono da ammirare armi risalenti al XVI e XVII sec. con vari fucili a pietra focaia, alabarde, spade, sciabole ed elmi oltre ad una bandiera spagnola del settecento ed uno stendardo dei Meli Lupi. Anche un cannone in ferro del sec. XVII fa bella mostra in un lato dell'ampio ambiente.
Galleria delle monache la leggenda vuole che le monache appartenenti alla famiglia Meli Lupi vi avessero le loro celle, mentre oggi è adibita a sede espositiva di oggetti antichi. Su di un lato vi sono appesi numerosi ritratti del seicento dei duchi Farnese e varie stampe dei castelli del ducato di Parma e Piacenza, essi si alternano a vetrine che mostrano costumi e vesti del settecento, onorificenze, armi antiche e reperti archeologici. Custodisce infine una portantina del XVIII sec. - una culla intarsiata del XIX sec. - un velocipede dell'ottocento e una coeva carrozzina – un'antica macchina elettrostatica e numerosi altri oggetti e strumenti.
Scalone d'onore risale al sec. XVII progettato dall'architetto Carlo Virginio Draghi il quale morì nel 1694 per il crollo dell'impalcatura durante la decorazione della volta. Le pareti sono ornate da affreschi del seicento, mentre il soffitto fu dipinto in stile liberty dal pittore Giuseppe Riva. Esso è arricchito da una balaustra in marmo rosso di Verona e lungo il cui sviluppo s'innalzano su pilastrini intarsiati sette putti in pietra bianca.
Grande Galleria si apre al promo livello del grande scalone e per le sue decorazioni ad affresco dei fratelli Ferdinando e Francesco Galli da Bibbiena del 1696 è detta anche galleria bibbiena. La parete lunga di destra è occupata dai dipinti con scene celebrative dei Meli Lupi con gli eventi più significativi. Contiene inoltre quattro cassapanche lignee con semplici decori.
Sala delle Donne Forti fu voluto nel 1702 dal marchese Giampaolo Meli Lupi e in origine era la sala delle guardie anticamera della sfarzosa sala del trono. Il grande salone è interamente decorato con affreschi in stile barocco raffiguranti episodi tratti dalla Bibbia: Giuditta ed Oloferne e Giaele e Sisara.
Sala del trono è decorata alle pareti con broccati e velluti pregiati, dominato dall'enorme baldacchino riccamente intagliato e dorato dal quale scendono drappeggi rossi; al di sotto due poltrone barocche ad opera di Ottavio Calderoni le quali in origini fungevano da trono e anch'esse laccate in oro e ornate con velluti. La volta a padiglione è affrescata in continuità delle due sale adiacenti ad opera dei pittori Giovanni Bolla e Leonardo Clerici.
Ai lati due eleganti tavoli con ripiani intarsiati e sostenuti dalle statue dorate di Nettuno, Galatea e Nereidi; al di sopra vi sono collocati due preziosissimi mobiletti in ebano interamente intarsiati con inserti in avorio, madreperla e corallo. Negli spigoli due statue lignee laccate in oro le quali raffigurano la primavera e l'autunno.
Camera nuziale è rivestita alle pareti da tessuti pregiati e decorata sulla volta con affreschi di Giovanni Bolla e Leonardo Clerici; l'alcova con il soffitto dipinto è separata dal resto della sala da un cancelletto finemente intagliato e laccato in oro e da un'ampia arcata con cornice lignea intagliata e dorata realizzata nel 1701 da Giuseppe Bosi.
Il letto è laccato in oro sormontato da un grande baldacchino intagliato, vi è collocato un inginocchiatoio del 1743 il quale è sostenuto da due putti fra cuscini. Sui lati vi sono posizionati due notevoli tavoli barocchi fastosamente intagliati e dorati con elaboratissime volute realizzati da Anzolo Busi; al di sopra due grandi specchiere simili fra loro con una cornice in vetro di Murano ed intarsi in cristallo azzurro e bianco che furono create da Vincenzo della Vedra.
In continuità con la sala del trono vi sono collocate nei due spigoli le statue lignee dorate ad opera di Lorenzo Aili rappresentante l'inverno e l'estate. Il camino chiuso da un parafiamma riccamente intarsiato e dorato, su di esso un'ampia ciminiera con specchi e sfarzose decorazioni in legno laccato in oro ad opera di Antonio Vernieri risalenti al 1739 completano la scenografica sala.
Salottino dorato è l'ultimo ambiente dell'appartamento nobile, è interamente decorato con stucchi dorati ad opera di Giacomo Mercoli ed intagli lignei laccati in oro risalenti al 1701 da Giuseppe Bosi. Anche il pavimento è di notevole pregio per la ricchezza dei marmi intarsiati da Pietro Oliva, il quale rappresenta un enorme stemma dei Meli Lupi. La saletta che è in comunicazione con l'alcova e la camera nuziale è inoltre arricchita da lampadari in bronzo e cristallo e gli arredi barocchi tra cui un elegante divano intagliato e dorato, nonché uno scrittoio laccato con cineserie risalenti al XVIII sec.

Giardino della rocca sorse nel 1542 quando terminarono le esigenze difensive e il fossato fu interrato, si presenta oggi un grande giardino all'italiana ornato con nicchie e numerose statue, nel 1781 fu ampliato e arricchito di nuove piante e nel 1833 assunse l'aspetto attuale di parco all'inglese con laghetto artificiale. Il grande spazio verde abbraccia il fortino merlato alla ghibellina in stile neogotico. La piccola isola dell'amore emerge dallo specchio d'acqua corredata da due grotte artificiali arricchite da finte stalattiti e stalagmiti.
Il giardino è collegato con la rocca da uno scalone a doppia rampa e ai lati vi sono sei statue del settecento le quali rappresentano: il Nilo – il Gange – la primavera – l'estate – l'autunno – l'inverno. Sul margine orientale s'innalza il “Cafè Haus“ un piccolo edificio stile neoclassico con un portico su due alte colonne che sostengono un timpano triangolare; nelle vicinanze si erge un esemplare plurisecolare di “noce d'America“ di notevoli dimensioni.
Il castello è aperto al pubblico e fa parte del circuito dei castelli dell'Associazione dei Castelli del Ducato di Parma e di Piacenza.
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