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Pozzuoli

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Fu fondata nel 531 a. C. con lo sbarco di alcuni profughi di Samo, che con il consenso di Cuma, fondarono: Dicerchia; nel 421 a. C. il suo nome era Fistelia; con la conquista dei romani nel 338 a. C., fu chiamata: Puteoli (piccoli pozzi). L'esistenza del Cristianesimo a Pozzuoli è ben organizzata fin dal I sec., è testimoniata dal libro degli Apostoli, in viaggio da Reggio a Roma; la nave di Paolo, a causa di un forte vento di scirocco fermò nella città Campana e l'apostolo, accogliendo l'invito di alcuni fratelli, vi rimase una settimana (AT. 28.13.14).
Subì vari saccheggi in epoca barbarica.
La cittadina di Pozzuoli si trova in un'area vulcanica: campi Flegrei (campi ardenti) che comprende un vulcano ancora in attività: la solfatara; il fenomeno geosismico tipico dell'intera area Flegrea è il bradisismo, ossia l'abbassamento e il sollevamento della crosta terrestre.

Monumenti
Duomo S. Procolo: sito sulla sommità del rione terra, un complesso antichissimo eretto in età greca o sannita come capitolium (tempio alla triade capitolina: Giove – Giunone – Minerva ); radicalmente ristrutturato in età repubblicana e completamente riedificato in età Augustea.
Nel V sec., i Puteolani decisero di dedicarlo al S. Patrono Procolo e nel 1538 fu restaurato e rimaneggiato nel 1647 da Bartolomeo Picchiatti e Cosimo Fanzago, affrescando la sala capitolare raffigurante tutti i vescovi fino al 1732. Nel 1633 fu eretto il campanile e demolito nel 1968, recuperando tre delle quattro campane.
Una cupola maiolicata e decorata internamente con marmi e nei pennacchi della cupola la raffigurazione ed affresco dei quattro Evangelisti. Il Duomo si arricchisce con splendidi quadri di noti artisti dell'epoca, tra i quali: Artemisia Gentileschi autrice delle tre tele: S. Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli; Santi Procolo e Nicea; Adorazione dei magi; inoltre tele di: Giovanni Lanfranco; Cesare e Francesco Francanzano; Agostino Beltrano; Onofrio Giannone; Massimo Stanzione; Paolo Finoglio.
Nel 1817 venne annessa al Duomo la cappella del SS. Corpo di Cristo. Il Duomo dal 21 novembre 1940, è munumento nazionale. Nella notte tra il 16/17 maggio 1964 un incendio distrusse la navata centrale e le tele furono trasferite nei musei di Capodimonte e S. Martino.
Santuario S. Gennaro: alla solfatara, eretto nel 1580 in sostituzione della precedente dell'ottavo sec., sorse sul luogo dove S. Gennaro e i suoi compagni subirono il martirio della decapitazione; fu restaurata e abbellita nel 1877. La facciata semplice con un profondo pronao e due colonne tuscaniche; sul portale in piperno, un delicato bassorilievo in marmo seicentesco.
L'interno a navata unica, coperta da una volta a botte intagliata con cappelle laterali; un arco trionfale la divide dal presbiterio, coperto da una pseudo cupola affrescata, insieme ai pennacchi e alla volta nel 1926 da L. Tammaro. Le cappelle sono intercalate da lesene, sormontate da capitelli ionici. Sul pronao, trova posto il coro dei frati.
Tra le opere più pregevoli conservate nella Chiesa: un altarino sovrastato da bassorilievo raffigurante il martirio di S. Gennaro, opera di Andrea Vaccaro del 1695; altra opera raffigurante il martirio del Santo posto sull'altare maggiore opera di Pietro Gaudioso 1678; nella cappella destra della navata, la pietra sulla quale avvenne la decapitazione, luogo di pellegrinaggio, poiché nei giorni che precedono l'anniversario della decapitazione, le presunte tracce di sangue, assumono sempre più un colore rosso rubino, durante il resto dell'anno, la pietra è nera.
Nella stessa cupola, è presente il busto del Santo, opera di ignoto artista del XII sec.; la scultura è posta in una nicchia che in origine era una cappella per la statua di un lare. Il prodigio più conosciuto, risale al periodo della peste 1656, che si decise di portare in processione S. Gennaro e avvenne che sul collo del Santo, all'inizio della processione, apparve una macchia giallastra, strada facendo si ingrandiva fino a diventare, alla fine della processione, come una pesca, assumendo la forma di bubbone pestilenziale. Ad un tratto si squarciò emanando odore di bruciato, lasciando sul collo la macchia giallastra dell'inizio della processione; visibile ancora oggi – Pozzuoli fu liberato dalla peste.
Ancora una leggenda è legata al busto: al tempo dei corsari saraceni, questi con un colpo di scimitarra, tagliarono il naso alla statua; vari scultori tentarono di adattarvi un nuovo naso, senza successo. I pescatori trovavano più volte tra le reti, un pezzo di marmo dalla forma strana che rigettavano in acqua, fino a quando uno dei pescatori, nel marmo, vi riconobbe il naso del Santo e non appena fece ingresso nella Chiesa, il sasso volò dalle mani del pescatore per tornare al suo posto originale: tra gli occhi e la bocca.
Chiesa S. Maria delle Grazie: del XVI sec. E nel XVII sec., fu arricchita con la creazione di nuovi altari e cappelle; nel 1915 fu arricchita di un pulpito marmoreo; nel 1923 di una cappella del Sacro Cuore; nel 1948 fu ampliata con due absidi e arricchita con la doratura del soffitto; le pietre dei pennacoli della cupola del pittore Puteolano: Leon Giuseppe Buono; pavimentazione in marmo; la scala marmorea del pulpito e l'organo polifonico. A causa del bradisismo del 1970, fu sottoposta ad una radicale opera di consolidamento e restauro.
Gli altari laterali sono arricchiti da:
- statua di S. Leonardo Noblac in legno policromo XIX sec., con altare in marmo del 1736;
- statua di S. Paolo del 1951 con altare in marmo del 1737;
- nel transetto tela di Giacinto Diano raffigurante l'ultima cena 1760;
- nell'abside sinistra cappella e statua di S. Biagio in legno policromo, fatta costruire con tutti gli arredi sacri nel 1639, da una confraternita di bottegai; macellai e fornai, demolita e ampliata nel 1948;
- statua lignea della SS. Addolorata con altare del XIX sec.;
- statua dell'Immacolata XIX sec., altare in marmo e dipinto raffigurante Mosè, opera di Nicola Malinconico;
- cappella Sacro Cuore e SS. Sacramento;
- statua di S. Antonio da Padova 1948, con altare in marmo e dipinto raffigurante le nozze di Cana del XIX sec., opera di Nicola Malinconico;
- nel transetto una tela di Giacinto Diano raffigurante S. Giuseppe, il bambino Gesù e i Santi Nicola e Giovanni Battista;
- nell'abside ampliata nel nel 1948 cappella dedicata a S. Ciro con statua lignea del Santo ottocentesca.
In seguito al Concilio Vaticano II, la zona sotto la cupola è stata rialzata di una pedana di marmo e collocato il nuovo altare; in esso furono poste le reliquie di S. Valentino martire.
Chiesa dei Santi Francesco d'Assisi e Antonio da Padova: ubicata su di un colle in posizione panoramica da cui si gode il golfo di Pozzuoli. Eretta nel 1348 e restaurata nel 1540 e settecento; il convento dal febbraio del 1736 ospitò il musicista Jesino: Giovambattista Pergolesi, che malato di tisi, venne a Pozzuoli per l'aria e il clima, completò la sua celebre: “ stabat mater” e il 16 marzo dello stesso anno morì; essendo povero e straniero, fu sepolto in una fossa comune all'interno del Duomo della città. Un cenotafio a lui dedicato e una targa all'esterno della Chiesa, ne fa memoria. A ricordare i suoi anni, il rozzo campanile.
L'interno a navata unica con cappelle laterali, è coperta da una volta a botte ribassata unghiata (catalana), una balaustra marmorea policroma divide la navata dal presbiterio, racchiuso da quattro pilastri e una cupola ribassata. La tela dell'altare maggiore è opera di Onofrio Marchione; la decorazione in stucco è del XVIII sec., quelle marmoree sono del 1906. La cantoria in stucco simil legno e ai lati due acquasantiere marmoree donate dal viceré Don Pedro de Toledo (1532 – 1553) . Gli altari laterali sono ornati con tele, statue, busti e Crocifisso ligneo con altari in marmo del 1700.
La cappella di S. Antonio da Padova fu ampliata nel 1749 e presenta un altare in marmo policromo del XVIII sec., sormontato da un polittico decorato con cornici in oro zecchino e motivi floreali e geometrici nonché, una nicchia centrale che accoglie la statua seicentesca del Santo.
Chiesa del SS nome di Gesù: detta S. Giuseppe, eretta nel 1704 e presenta una facciata sobria, preceduta da una doppia scala; l'interno con volta a botte e affreschi del 1949. Il presbiterio, delimitato da quattro pilastri con capitelli compositi, è coperto da volta a vela, decorata assieme ai quattro pennacchi da Gennaro Lopez nel 1925.
Oltre alle armoniose linee architettoniche, sono degne di rilievo: le statue lignee della Madonna. Nella Chiesa si possono ammirare tele del XVIII sec., disposte sulle pareti laterali. Interessante è la cripta con accesso dall'esterno della Chiesa; a tre navate e la copertura è sostenuta da sei poderosi pilastri quadrati.
Chiesa S. Maria della Consolazione: o Chiesa del Carmine, in questa Chiesa è esposta anche un'altra effige della Vergine, davanti alla quale, pregò re Ferdinando II di Borbone con la moglie incinta, la regina Maria Teresa, da allora l'effige fu definita: Madonna del Parto dove ancora oggi, le donne incinte, le chiedono la grazia.
Eretta nel XV sec. E dedicata a S. Giacomo apostolo, rifatta nel seicento e ristrutturata nel XVIII sec., la facciata è in stile rinascimentale; il medaglione ottocentesco sovrastante il portale marmoreo, che presenta la dedica alla Madonna della Consolazione:” DEIPARAE CONSOLATRICI SACRUM”, contiene una maiolica riproducente la tela posta sull'altare maggiore del 1992.
L'interno a pianta cinquecentesca con cappelle laterali, la navata è coperta da una volta a botte unghiata; le cappelle laterali presentano balaustre in marmo e altari in marmo policromi del 1700.
Serapeo: una statua di Serapide, divinità dell'Egitto ellenico e rmano, rinvenuta sul luogo, fece ritenere si trattasse di un tempio; era invece un grande mercato pubblico, in parte sommerso dalle acque il cui livello varia a seconda del bradisismico. Risale all'età Flavia e consisteva in un vasto quadrilatero a portico, fiancheggiato da numerose botteghe.
Un basamento centrale di colonne corinzie sostenevano la cupola e al centro sorgeva una fontana. Il lato di fondo, absidato, era ornato da nicchie con statue; nel lato opposto al mare si apriva una cella absidata preceduta da quattro colonne delle quali ne restano tre.
Per il doppio interesse scientifico e archeologico, è il monumento più caratteristico di tutta la regione Flegrea.
Anfiteatro Flavio: costruito intorno al 70 d. C., è uno dei più grandi anfiteatri dell'antichità, dopo il Colosseo e quello di S. Maria Capua Vetere. Dei tre ordini della cavea, ne restano due, la capienza era di circa 40.000 spettatori; nell'arena vi si svolgevano le battaglie navali (naumachie),(simulazioni di battaglie navali in bacini naturali o artificiali, allagati per la circostanza, dove si rievocavano famose battaglie storiche), dopo la costruzione dei sotterranei: i combattimenti tra le fiere.
Due scale ai lati conducono ai sotterranei e la serie di botole aperte sull'arena, servivano ad arieggiare, a portare in scena materiali e per sollevare con montacarichi, le gabbie delle belve.
Necropoli Romana: Pozzuoli, dopo Roma, è l'unica città d'Italia e forse del mondo, a custodire un maestoso e impressionante complesso di mausolei, colombari e ipogei.
Villa Avellino – de Gemmis: del 1540, eretta da Marcantonio Colonna principe di Stigliano e viceré di Sicilia; passò all'archeologo: Francesco Maria Avellino e in seguito al barone de Gemmis di Terlizzi. La villa contiene marmi antichi e diverse piscine; oggi è una struttura ricettiva ad alto livello, il suo parco, costituisce i giardini pubblici di Pozzuoli.
Solfatara: è uno dei 40 vulcani che costituiscono i campi flegrei, ancora attivo ma in stato di quiescenza, che da due millenni conserva un'attività di fumarole d'anidride solforosa, getti di fango bollente ed elevata temperatura del suolo; si colloca al III periodo eruttivo flegreo, formatisi 3.700 – 3.900 anni fa. Già famosa durante l'epoca imperiale romana, Strabone (60 a. C., - 24 d. C., geografo e storico greco antico) nel suo Strabonis geographica, la descrive come dimora del Dio Vulcano, ingresso per gli inferi chiamandola: Forum Vulcani e Plinio il vecchio la menzionava: Fontes Leucogei, per le acque alluminose e biancastre che sgorgono ancora oggi.
Durante tale periodo iniziò la prima attività mineraria per l'estrazione del bianchetto, utilizzato come stucco. Rappresenta una valvola di sfogo del magma presente sotto i Campi Flegrei, per una pressione costante dei gas sotterranei; la solfatara, nome che viene indicato il cratere, ha una forma ellittica con diametri di 780 e 600 metri con un perimetro di circa tre km.

Aree Naturali
Lago d'Averno: di origine vulcanica, per i gas solfurei che uccidevano gli uccelli, gli antichi lo credevano: “la porta degli inferi”.
Lago di Lucrino: che significa lucrare, infatti, il senatore Sergio Orata nella Roma antica, lo aveva trasformato in un allevamento ittico, essendo lo stesso lago, in comunicazione tramite un canale, con il mare; nei pressi del lago si trovano i resti delle: “terme stufe di Nerone”.
Sul cono del vulcano Monte Nuovo, si trova l'oasi naturalistica di Monte Nuovo.
Riserva naturale: cratere degli Astroni, istituita dal ministero per l'ambiente nel 1987 e gestita dal WWF Italia. E' un cratere della zona Campi Flegrei e il meglio conservato nella sua struttura; è attraversato da sentieri naturali ed osservatori per l'avifauna, attrezzati con pannelli esplicativi e bacheche per un totale di 15 km. Di percorsi diversificati, il cratere si estende su 250 ettari e un perimetro di 6,5 km., comprende il lago grande ricco di animali e vegetali; è stato uno dei siti reali di caccia durante il Regno dei Borbone per i cinghiali e cervi.
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