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Il centro più antico sorse con il nome di Palaepolis (città vecchia) poco dopo la fondazione di Cuma nel IX sec. a. C., sull'isoletta di: Megaride (attuale Castel dell'Ovo) e nella sovrastante collina di Pizzo Falcone, ma forse già esisteva un insediamento precedente cui sarebbe legato il nome di: Partenope; le origini della città, sono tutt'ora controverse.
Neapolis (la città nuova) sorse intorno al V sec. a. C. poco distante da Paleopolis, prosperando nei commerci, esercitando una forte influenza culturale greca. Nel IV sec., Neapolis divenne residenza preferiva degli imperatori e patrizi romani, che erigendo ville sontuose; florido fu anche il periodo bizantino, nonostante l'occupazione di Belisario e dei Goti, finché divenne capitale di un ducato autonomo ( 763 – 1139).
La sua forte posizione sul mare, riuscì a contrastare l'invasione musulmana, potenziando i suoi traffici commerciali nonostante un breve periodo di dominazione Longobarda. Dopo durissime lotte, nel 1139 Ruggero II d'Altavilla, re di Sicilia, la conquistava dando inizio alla decadenza, nonostante i privilegi ottenuti dai normanni e dalla successiva dinastia Sveva (1194).
Tornò ad essere capitale con gli Angioini sul trono del Regno di Sicilia (1266) ed ebbe un periodo di sviluppo urbanistico, politico, culturale, sottomettendosi con riluttanza ad Alfonso V d'Aragona (1442). Le successive lotte tra Spagna e Francia, si conclusero con la vittoria Francese di Carlo VIII (1495) . Fu nel 1503 che Napoli accolse favorevolmente Consalvo di Cordova che occupava Napoli in nome dello Spagnolo Ferdinando il cattolico.
Fino al 1707, fu il periodo più scuro, in mano a viceré dispotici e tartassati dalle tasse. Vi furono episodi di ribellione, la più nota, quella di Masaniello nel 1647 e qualche anno dopo, una nuova pestilenza, uccideva oltre 400.000 napoletani. Duramente provata, accoglieva Carlo VI d'Austria, passando a una nuova serie di viceré fino al 1734, quando Carlo di Borbone assicurò il Regno alla sua dinastia. Fu periodo di rinascita, di riforme politiche e sociali di impulso culturale.
Dal 1806 al 1815, Napoli fu nelle mani di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat per tornare poi ai Borbone, ma intanto il sogno dell'unità d'Italia, conquistò gran parte della popolazione che acclamò, con travolgente entusiasmo Garibaldi il 7 settembre 1860.
Durante la II guerra mondiale, la città fu vittima di spaventosi bombardamenti e feroci rappresaglie, ma le storiche: quattro giornate di Napoli “26 – 30 settembre 1943” misero fine all'occupazione nazista.
Napoli è una città famosa in tutto il mondo per i suoi tesori artistici, per le sue bellezze naturali, per le sue canzoni, ne fanno un'eguagliabile centro turistico; per meglio visitarla, la dividiamo in itinerari:

Primo Itinerario
Piazza del Plebiscito: la vastissima piazza, cinta da solenni architetture, presenta un lato semi ellittico con portico a colonne che si chiude al centro con la facciata di:
S. Francesco di Paola: Chiesa eretta nell'ottocento Per volere di Ferdinando I ; preceduta da statue equestri di Ferdinando I e Carlo di Borbone, realizzata da Pietro Bianchi su modello del Pantheon romano, l'interno circolare è delimitato da colonne e pilastri.
Nel centro storico, è annoverata dalla critica: la più ricca e accurata delle Chiese Italiane dell'ottocento; retta dai frati minimi, si apre al centro del colonnato di piazza Plebiscito, una breve scalinata in marmo di Carrara, da accesso al pronao, con sei colonne in ordine ionico in marmo di Carrara; due pilastri laterali reggono l'architrave con la scritta:”D.O.M.D. FRANCISCO DE PAULA FERDINANDUS EX VOTO A MDCCCXVI” (chiese l'intercessione di S. Francesco a ritornare sul trono); sopra l'architrave poggia un timpano triangolare: a sinistra la statua di S. Francesco; a destra la statua di S. Ferdinando da Castiglia; sulla sommità: una statua della religione.
All'interno,tre portali; quello centrale diviso in sei scomparti con la croce e lo stemma del Santo, altari in marmi policromi del XVIII sec.; arricchiscono: opere, dipinti, tele di artisti come: Luca Giordano; Giuseppe Bonito; Gaspare Landi e altri;
Palazzo della Prefettura: sorge sul terreno dov'era il convento del Santo Spirito (1326). La facciata principale è caratterizzata da due registri: uno basamentale in bugne listellate con mezzanino e botteghe, nel quale si apre il portale di piperno; lo fiancheggiano coppie di semi colonne tuscaniche che reggono la trabeazione, la quale riemerge sulla chiave di volta sporgente; il registro superiore è caratterizzato dall'ordine gigante, enfatizzato nel centro da una lieve sporgenza dei sette murari conclusi da un timpano.
In piazza Trieste e Trento, c'è l'ingresso al “caffè Gambrinus” storico bar napoletano facente parte dei locali storici d'Italia.
Palazzo Salerno: di interesse storico monumentale, nacque sulla trasformazione architettonica dei vecchi conventi, destinato al re Ferdinando IV per alloggiare i cadetti reali, eretto nel 1775 e divenne sede del ministro John Acton , poi fino al 1825, sede dei ministri di Stato di sua maestà Borbonica.
Oggi è sede del Comando Forza Difesa Interregionale Sud.
Presenta una facciata neoclassica, l'ala conserva ancora il nome: palazzo croce, dovuta alla presenza della Chiesa di S. Croce di palazzo, mentre il nome del palazzo, prende il nome di uno dei figli di Ferdinando IV: duca di Salerno Leopoldo Giovanni Giuseppe di Borbone, nominato poi principe di Salerno nel 1817.
Chiesa S. Croce di palazzo: del XIX sec., in sostituzione di quella più antica; fondata nel periodo Angioino sul luogo detto: della croce. Nel 1327 Roberto d'Angiò la unì alla reale cappella S. Luigi, collocata sul luogo dove oggi sorge la Basilica di S. Francesco di Paola. La moglie del re: Sancha d'Aragona, vi fondò un convento nel quale si rinchiuse con il nome di suor Chiara di S. Croce e lì fu sepolta nel 1345. Al tempo di Giovanna II d'Angiò, trovandosi il complesso fuori dalle mura, le monache furono trasferite a S. Chiara e con esse le spoglie, però se ne sono perse le tracce.
Nell'attuale luogo di culto, vi sono custodite opere ottocentesche.
Palazzo reale: costruito nel XVII sec., trasformato al suo interno nel secolo successivo e restaurato nel 1800, con la nuova sistemazione del giardino pensile; fu residenza dei viceré e della dinastia borbonica, saltuariamente, dei re d'Italia; oggi è sede della biblioteca nazionale.
Si presenta con portale da doppie colonne laterali sostenenti la loggia, si passa nel portico rimaneggiato nel 1700 dal Vanvitelli che ne ricavò delle nicchie dove presero posto le statue dei principali sovrani di Napoli.
All'ingresso dell'appartamento storico, una porta di bronzo, qui trasferita da Castel Nuovo, opera di Guglielmo Monaco del XV sec., divisa in sei rilievi che celebrano la vittoria di Ferdinando I su Giovanni d'Angiò, segue lo scalone d'onore di F. A. Picchiatti del 1600, con decorazioni ottocentesche del Genovese; sulla destra si apre il teatro di corte: salone rettangolare adattato dal Fuga nel 1700, fu ricostruito nel 1950 dopo i danni di una bomba.
Si visita poi, il salone centrale, la sala del trono, la sala degli ambasciatori, la cappella di Maria Cristina, la sala delle guardie, la sala dei pilastri, il salone d'ercole, la cappella e altre sale intermedie. In questi ambienti, splendidamente decorati, sono esposti mobili, arazzi, dipinti, sculture, suppellettili, porcellane e affreschi del XVII – XVIII sec.
Chiesa di S. Ferdinando: è sita in uno dei punti più animati di Napoli, al suo interno, numerosi affreschi di Paolo de Matteis; (1662 – 1728);
Teatro S. Carlo: teatro lirico di fama internazionale, sorse nel 1700 su progetto di G. A. Medrano; decorato dal Fuga qualche decennio dopo; distrutto da un incendio, fu ricostruito su progetto di Antonio Niccolini;
Galleria Umberto I: del 1887 il cui ingresso principale è davanti al teatro S. Carlo, costituita dalla facciata a esedra , un porticato architravato, retto da colonne di travertino e due archi ciechi, uno di accesso alla galleria, l'altro aperto sull'ambulacro; finestre a serliana, separate da coppie di lesene dal capitello composito e un secondo piano con finestre a bifora e lesene simili alle precedenti.
L'attico, presenta coppie di finestre quadrate e lesene dal capitello tuscanico. L'arco di destra, mostra sulle colonne quattro statue rappresentando: l'inverno, primavera, estate e autunno; l'arco di sinistra mostra sulle colonne: Europa, Asia, Africa, America. Nel soffitto del porticato, una serie di tondi con divinità greche – romane.
L'interno della galleria, è coperta da una struttura in ferro e vetro; negli otto pennacchi della cupola, otto figure femminili in rame, sostengono i lampadari; sul tamburo della cupola, decorato con finestre a semicerchio, è visibile la stella di Davide, riproposta in tutte e quattro le finestre (per la massoneria napoletana).
Nel pavimento sotto la cupola, si trovano mosaici con la rosa dei venti e segni dello zodiaco. Nella parte sottostante la galleria, esiste un'altra crociera di dimensioni minori, con al centro, il teatro della belle Epoque, il salone Margherita che per più di vent'anni, fu sede principale dello svago notturno dei napoletani, accogliendo personalità nazionali come: Matilde Serao; Salvatore di Giacomo; Gabriele d'Annunzio; Roberto Bracco; Ferdinando Russo; Eduardo Scarfoglio e Francesco Crispi.

Secondo Itinerario
Castel Nuovo: noto come Maschio Angioino, (per la sua costruzione fu abbattuta la Chiesa di S. Maria al Palatium del 1216 e Carlo d'Angiò, donò ai frati minori un terreno sul quale edificarono la Chiesa detta “La Nova”, con annesso convento); eretto nel 1200 da Carlo I d'Angiò, ristrutturato da Alfonso I d'Aragona; tra le sue mura si sono svolti gli episodi salienti della storia napoletana: L'area trapezoidale, è segnata dal fossato e dalle mura intervallate da torrioni merlati. Sulla facciata, le torri sono tre: la torre S. Giorgio, la torre di mezzo, la torre di guardia, fra le ultime due si ammira il celebre: arco di trionfo; costruito nel 1443 con l'arrivo a Napoli di Alfonso I d'Aragona.
Due doppie colonne corinzie affiancano l'arcata inferiore, ornata nell'attico dal monumentale rilievo del trionfo di Alfonso I, opera di vari artisti tra cui: Laurana Isaia da Pisa; D. Gagini; Père Johan; G. Sagrera. Su questo poggia un secondo arco coronato da nicchie, contenenti le personificazioni delle quattro virtù cardinali.
Sotto l'arco inferiore, si apre il portale, sormontato dal rilievo dell'incoronazione di Ferdinando I, che immette nel vestibolo e quindi nel cortile usato per spettacoli all'aperto con portico quattrocentesco;
Chiesa di S. Barbara: o cappella palatina, che fa parte della costruzione Angioina, con portale rinascimentale decorato da Andrea dell'Aquila, su cui è posta una Madonna del Laurana. L'interno conserva tracce di affreschi assegnati a Maso di Banco e aiuti; più avanti, una scala esterna conduce alla sala dei baroni, con volta a costoloni e un grandioso camino;
Porto: con il suo molo Angioino del XIV sec., la stazione marittima per il traffico nazionale e internazionale; il bacino Angioino e la darsena seicentesca, affiancata alla calata Beverello che permette la comunicazione nel golfo; il palazzo dell'Immacolatella (propriamente edificio della Deputazione della salute) stile rococò, uno dei palazzi storico e artistico di Napoli, locato tra calata Peliero e calata porta di Massa, fatto costruire da Carlo III di Spagna XVIII sec., dall'architetto Domenico Antonio Vaccaro.
L'edificio è caratterizzato dalla statua della Vergine Maria che svetta sulla sommità; è fronteggiata dalla piazza del municipio che affianca il Maschio Angioino, la piazza è ornata di fontane con il palazzo del municipio del 1825, il cui edificio incorpora la Chiesa di S. Giacomo Apostolo del 1500 e modificata nel XVIII sec.; dietro l'altare, il sepolcro del viceré : Pedro di Toledo del XVI sec.;
Chiesa S. Maria Incoronata: risale al 1300, fatta edificare da Giovanna I a seguito dell'incoronazione sua e del coniuge Ludovico. E' preceduta da un portico gotico, al suo interno un pregevole ciclo di affreschi trecenteschi opere di Roberto Oderisi; la cappella del crocifisso ligneo del Naccherino affrescata nel quattrocento;
Chiesa della pietà dei Turchini: è una delle Chiese monumentali di Napoli, eretta nel 1592 con unica navata e 5 cappelle laterali; nel 1633 venne ampliata con il transetto, l'abside e la cupola, la facciata risale al 1769, ornata da stucchi rococò e preceduta da una cancellata. Al suo interno, le cappelle sono decorate con affreschi, dipinti e marmi policromi, da importanti artisti come: Vaccaro; G. Diano; De Matteis; Luca Giordano; l'altare maggiore risale al 1770 in marmi policromi;
Chiesa di S. Maria la Nova: Chiesa monumentale, eretta nel 1279 a seguito dell'abbattimento della Chiesa di S. Maria al Palatium, onde avere più spazio per la costruzione del Maschio Angioino; Carlo d'Angiò, donò il terreno ai frati minori che vi edificarono la Chiesa e l'annesso convento, chiamandola:”La Nova”.
Restaurata nel 1859, l'accesso è dato da una scalinata in piperno, protetta da una balaustra in marmo del 1606; la facciata è austera a stampo rinascimentale recante la scritta:” Templum hoc a Carlo I Andeganensi in arce veteri costructum illustriori forma piorum oblationibus restitufum Divaeque Mariae Assumptae dicatum Phililippo II et III Regibus invictissimis MDXCIX”.
Tra due colonne in granito, è il portale d'ingresso; divide la Chiesa e il convento il campanile, costruito sull'antica torre maestra a guardia del porto di Napoli; l'interno a croce latina, a navata unica, pavimentata in riggiole con numerose lapidi tombali; caratterizzata da un soffitto in legno dorato del 1598.
Nella zone del cleristorio, tra un finestrone e l'altro, affreschi di Belisario Corenzio eseguiti tra il 1603 e il 1605; le cappelle divise da un pilastro divisorio, sono dotate di altarini in marmo e arricchite con pitture di manieristi napoletani. Il Cappellone di S. Giacomo della Marca risale al XVI sec., ospita i resti mortali del Santo e opere di Luca Giordano, Massimo Stanzione, Giovanni Balducci;
Chiostro di Monteoliveto: nel centro storico, in origine era una grande struttura religiosa con giardini e chiostri, la soppressione del 1799, dislocò le sue parti in abitazioni private e pubbliche; conserva il pozzo seicentesco in marmo a forma ottagonale, caratterizzato da un architrave e sostenuto da due colonne corinzie;
Palazzo Gravina: palazzo cinquecentesco, la facciata al piano terra, caratterizzata da un alto bugnato e quattro piccole finestre per lato; al piano nobile, paramenti con lesene corinzie che si alternano alle finestre in marmo bianco, sormontate da nicchie con ghirlande di fiori e frutta e busti-ritratto; il cortile interno è circondato da portici con arcate sorrette da pilastri in piperno; l'attuale portale è del settecento. Dal 1936 è la sede della facoltà di architettura dell'Università: Federico II;
Chiesa S. Anna dei Lombardi: o Chiesa di Monteoliveto, è una Chiesa monumentale; i lavori al suo interno di Giuliano e Benedetto da Maiano, Antonio Rossellino e Giorgio Vasari, fanno della Chiesa una delle più rilevanti testimonianze del rinascimento toscano a Napoli.
Eretta nel 1411, subì trasformazioni nel 1600; l'interno a navata unica e soffitto a lacunari; nelle cappelle, numerose e splendide sculture di artisti che fanno della Chiesa un piccolo ricco museo rinascimentale, ricchissimo è l'organo di C. Caterinozzi seicentesco. Nella piazza una fontana barocca del 1600;
Chiesa di S. Nicola alla Carità: del 1647. a croce latina e tre navate con cappelle laterali; la navata centrale, affrescata da Francesco Solimena 1696. Spettacolare è il dipinto sull'entrata di S. Nicola che allontana i demoni dall'albero 1712 opera di Paolo De Matteis; l'altare maggiore in marmi policromi, la cupola conserva tracce di affreschi del De Mura; nelle cappelle laterali: affreschi e dipinti di artisti del seicento – settecento, nel transetto, un ciclo di affreschi di Alessio D'Elia caratterizza la volta; la tela dell'altare maggiore opera del Solimena datata 1684, mentre la tela sulla porta della sacrestia è del De Mura; nella piazza, lo scenografico monumento a Salvo d'Acquisto, eroe della resistenza realizzato da: Lydia Cattone in stile rococò;

Terzo Itinerario
Via Toledo: è una delle strade più frequentate della città, ricca di negozi e palazzi ricchi di storia; prende il nome dal viceré Pedro di Toledo che la fece costruire nel 1536, nel 1870 si chiamò: via Roma, nome rimasto nel tratto Spaccanapoli, detta anche rettilinea che ricalcando il decumano romano, attraversa l'abitato dividendolo in due;
Palazzo Maddaloni: o Carafa in via Maddaloni, è uno dei principali edifici di Napoli in stile barocco, eretto nel 1580 dal duca Cesare D'Avalos, marchese di Aragona; nel palazzo, come testimonia una lapide, ebbe sede la Suprema Corte di Giustizia di cui Raffaele Conforti (Calvanico 4 ottobre 1804 – Caserta 3 agosto 1880, politico, patriota Italiano e senatore del Regno) era uno degli illustri membri;
Palazzo d'Angri: o Doria d'angri, eretto su precedenti abitazioni cinquecentesche, nel 1749 su progetto del Vanvitelli prima padre e poi figlio. Nel 1860, il palazzo divenne famoso poiché il 7 settembre, Giuseppe Garibaldi, dal suo balcone, annunciò: l'annessione del Regno delle due Sicilie a quello d'Italia; il dipinto che riprende la scena dell'ingresso del Generale Italiano in città è esposto presso il museo civico di Castel Nuovo in Napoli;
Chiesa dello Spirito Santo: vicino al palazzo Doria, eretta nel 1562; nel 1576 fu ampliata, presenta una facciata sobria e imponente, è dominata da una delle più eleganti cupole della città; l'interno a navata unica e vasta, con cupola e tribuna, conserva i sepolcri seicenteschi di Ambrogio Salvio e Paolo Spinelli, opere di Michelangelo Naccherino; l'abside è arricchita dai dipindi di Francesco De Mura e Fedele Fischetti (altare del transetto destro);
Piazza del Gesù Nuovo: caratterizzata dalla guglia barocca dell'Immacolata del XVIII sec.; al I° piano una balaustra con immagini di Santi; 2° piano: ornato da rilievi di M. Bottiglieri e F. Pagano, quest'ultimo, è anche l'autore dei due medaglioni nella cuspide sormontata dalla statua dell'Immacolata;
Chiesa del Gesù Nuovo: o Trinità Maggiore, eretta nel 1500, con facciata a bugnato del 1470; l'interno a tre navate, in stile barocco, la volta decorata da dipinti del De Matteis, Corenzio e Fischetti, nella contro facciata affresco di Francesco Solimena; il presbiterio è delimitato da parapetto in alabastro, con volta a riquadri decorati e affrescati da Massimo Stanzione; l'altare maggiore è ottocentesco ornato da bronzi cesellati, marmi pregiati e pietre dure, opere di Raffaele Postiglione;
Monastero S. Chiara: costruito nel 1300 con cappella affrescata nel XIX sec., un altro grande affresco, coevo, di Lello da Orvieto, si trova nel coro; ai lati della cappella, due chiostri; il Monastero fu voluto dalla Regina Sancha (come abbiamo annunciato nel I° itinerario alla Chiesa di S. Croce); la facciata semplice, è aperta da un rosone e portale a marmi bicolori con elegante decorazione.
Del campanile trecentesco, rimane la base con lastre di marmo, una scritta gotica, ne ricorda la costruzione; l'interno è un rettangolo con cappelle laterali ad arcate ogivali, vicino all'entrata, il sepolcro di Agnese e Clemenza di Durazzo, opera trecentesca di Antonio Baboccio; nel presbiterio: la tomba di Maria di Valois, realizzata da Tino di Camaino nel 1300, dietro l'altare maggiore, i resti del mausoleo di Roberto I d'Angiò, opera di Giovanni e Pacio Bertini (1345).
Un corridoio, ci conduce al convento dei frati minori, un bel portale si apre sul coro del XIV sec., diviso in due navate, si conservano frammenti architettonici e affreschi provenienti dalla Chiesa di S. Chiara. Il chiostro delle Clarisse, è raggiungibile anche dal cortile sul fianco sinistro della Chiesa. Costruzione del XIV sec., con porticato, subì mutamento nel XVIII sec., ad opera del Vaccaro, che la adattò a giardino rivestendo il muro perimetrale, i sedili dei viali, i pilastri, il fondo delle due fontane con smaglianti mattonelle in maiolica di Giuseppe e Donato Massa, con scene campestre, mitologiche, carnevalesche.
Del chiostro, fanno parte: la Sala Maria Cristina, dove si tengono concerti e convegni e altri ambienti adibiti a museo;
Palazzo Filomarino: palazzo trecentesco e più volte rimaneggiato; nell'ottocento, la famiglia Filarmino si estinse e Benedetto Croce, acquistò il secondo piano dell'edificio e in questo palazzo il 20 novembre del 1952 vi lasciò l'Istituto da lui fondato nel 1946: Istituto Italiano per gli studi storici, ancora oggi ospitato nella dimora di Benedetto Croce, assieme alla biblioteca crociana;
Chiesa S. Domenico Maggiore: trecentesca, sorta su di un oratorio romanico, presenta un portale che si apre sotto il portico, l'interno tripartito con arcate ogivali e pavimento a bande, opera del Vaccaro; arricchiscono vari sepolcri e affreschi; Un antico crocifisso duecentesco, cui la tradizione vuole: abbia parlato a S. Tommaso. La sagrestia settecentesca, è ornata da un grande affresco di Francesco Solimena.
Il vasto ambiente, conserva 45 feretri di varie personalità tra cui: resti di 10 principi della casata Aragonese; nel Presbiterio, opere di Cosimo Fanzago: altare maggiore, le cattedre in marmo e la balaustra; nella prima cappella: una flagellazione di Andrea Vaccaro (copia dell'originale del Caravaggio ora al museo di Capodimonte); un S. Vincenzo Ferreri a fondo oro del 1400; nella settima cappella: l'altare cinquecentesco di Giovanni da Nola, con statue raffiguranti: la Madonna e il Bambino; i Santi Matteo e Giovanni Battista. Annesso è il convento storico dove S. Tommaso d'Aquino tenne la cattedra di Teologia;
Nella piazza S. Domenico, è adornata dalla guglia di S. Domenico, innalzata dai napoletani per la pestilenza del 1656, iniziata da F. A. Picchiatti e completata dal Vaccaro nel 1737, in cima all0obelisco, la statua in bronzo del Santo;
Cappella S. Severo: o S. Maria della pietà dei Sangro, è una cappella funeraria del XVI sec., decorata nel 1700; l'insieme, è vivacizzata da affreschi di Francesco M. Russo nella volta; varie raffigurazioni simboliche: primo pilastro, una statua di Francesco Queirolo rappresenta: l'educazione; al 2°, una di Francesco Celebrano, raffigura: il dominio di se stesso; 3° del Queirolo: la sincerità; ancora: la pudicità del Corradini; davanti all'altare: il Cristo di Giuseppe Sammartino;

Quarto Itinerario
Conservatorio: di S. Pietro a Majella, fu fondato nel 1808, nell'ex convento dei Celestini, annesso alla Chiesa di S. Pietro a Majella; è una delle più prestigiose scuole musicali Italiane. Nel 1739, lo scrittore e politico Francese: Charles de Brosses, riferendosi a Napoli, la definì: Capitale mondiale della musica.
Nel 1825 avviene la prima assoluta di Adelson e Salvini di Vincenzo Bellini; dal 1826, per ordine di Francesco I fu trasferito nella sede attuale con la denominazione: Reale Conservatorio di musica di S. Pietro a Majella, una targa all'ingresso recita: ”Questo antico edificio, già venerato convento dei Padri Celestini di S. Pietro a Majella, nel 1826, per volontà di Ferdinando, re delle due Sicilie, fu destinato ad accogliere la gloriosa scuola napoletana ed a conservare le preziose testimonianze degli antichi conservatori dei poveri di Gesù Cristo; S. Maria di Loreto; S. Onofrio a Capuana; Pietà dei Turchini”.
Fra i direttori di maggiore rilievo: Giovanni Paisiello; Gaetano Donizetti; Saverio Mercadante; Francesco Cilea;
Tra i compositori più illustri che hanno frequentato l'Istituto: Alessandro Scarlatti che nel 1689 assunse il ruolo di primo maestro;
Francesco Durante che insegnerà dal 1742 fino alla morte nel 1756;
Alcuni diplomati al Conservatorio di Napoli: Saverio Mercadante; Vincenzo Bellini; Ruggero Leoncavallo; Riccardo Muti;
Il Conservatorio della Pietà dei Turchini, nacque nel 1573 per accogliere ragazzi orfani e abbandonati;
Conservatorio S. Onofrio a Porta Capuana il 1578 da confraternite religiose; seicentesche;
Conservatorio dei poveri di Gesù Cristo nel 1589 da un terziario Francescano;
Persone legate al Conservatorio come allievi: Nunzio Gallo (cantante); Tullio Pane (cantante); Renato Carosone (cantante); Gigi d'Alessio (cantante); Enzo Avitabile e Giuseppe Anepeta più tanti altri.
Chiesa S. Pietro a Majella: del 1300, nel corso dei secoli, subì trasformazioni, il restauro del 1927, le ha restituito l'originale aspetto gotico, la completa un notevole campanile. Al suo interno, è tripartita da arcate gotiche, transetto e navata centrale, coperti da soffitti adorni con dipinti seicenteschi dovuti a Mattia Preti che vi raffigurò le storie di S. Celestino V e S. Caterina d'Alessandria, interessante è il crocifisso ligneo trecentesco e il coro nell'abside;
Cappella Pontano: del XV sec., voluta da Giovanni Pontano, (letterato umanista) in stile rinascimentale, nota con il nome: ad arcum a causa dei due archi convergenti che sorreggono la torre ad essa adiacente; di notevole interesse il pavimento a maioliche a formelle e motivi decorativi, costituiti da ritratti, stemmi, iscrizioni e figure allegoriche; conserva otto epigrafi greche, e latine autore lo stesso Pontano, esprimono il suo dolore per la morte della moglie e dei figli; l'affresco della Madonna con il Bambino, S. Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista sono stati eseguiti da Francesco Cicino, un artista locale XV – XVI sec.;
Chiesa di S. Maria Maggiore: alla pietra Santa del VI sec., su di una struttura di epoca romana, quella attuale è del 1653 su progetto di Cosimo Fanzago in chiave barocco; il portale del 1675, ulteriori restauri furono eseguiti nel XVII e XIX sec.
Nel 1803 il complesso conventuale fu adibito a caserma dei pompieri; fu chiamata: “della Pietra Santa” poiché al suo interno, baciando una pietra in essa custodita, si guadagnavano: “ indulgenze “ la tradizione vuole che vi sia stato sepolto papa Evaristo. Il campanile in laterizio stile romanico XI sec., ed è una delle più antiche torre campanarie d'Italia.
Conserva numerosi elementi architettonici e iscrizioni di epoca romana, in marmo, rilavorati e riutilizzati come blocchi da costruzione, tale particolarità, è dovuta alla presenza di un tempio romano dedicato alla Dea Diana sito in quel luogo. L'interno a croce greca con cappelle laterali, decorazione in stucco con ordine gigante di lesene corinzie; la pavimentazione in maiolica del XVIII sec.;
Al suo interno, conserva le reliquie di S. Pomponio vescovo che dal suo corpo, il trasudamento della manna.
Cripta: vi sono i resti dell'antica Basilica paleocristiana, con frammenti di antico mosaico di epoca romana. Nel 2011, nel sottosuolo della Chiesa, speleologi hanno rinvenuto dei simboli templari. Durante gli ultimi restauri, è stato rinvenuto il feretro del celebre scienziato Teanese: Stefano delle Chiaie, qui deposto per volere dell'Accademia nel 1860.
Piazza Dante: è una grande piazza, in cui al centro campeggia un monumento a Dante Alighieri di Tito Angelini e un lato è percorso da un emiciclo progettato dal Vanvitelli, ornato di statue. In origine era detta: largo del mercatello, poiché adibita a mercato già dal 1588, l'attuale struttura risale al settecento con Luigi Vanvitelli; dal 1843, la nicchia centrale (foro Carolino) è l'ingresso al convitto dei padri gesuiti, ospitato nei colali dell'antico convento di S. Sebastiano, dove sono ancora visibili due chiostri: il più piccolo e antico, è rara testimonianza tra età romanica e gotica; il maggiore, conserva strutture cinquecentesche;
Port'Alba: su di un lato della piazza Dante, eretta nel 1625 da Don Antonio Alvarez de Toledo, fu aperta nelle mura Angioine, in sostituzione di un torrione per agevolare il passaggio ad altra zona; fu decorata con tre stemmi: uno di Filippo III; uno della città di Napoli; uno del viceré.
Nel 1656, il pittore Mattia Preti, decorò la porta con affreschi raffiguranti: la Vergine con S. Gennaro e S. Gaetano, la statua di quest'ultimo è del 1781. La via Port'Alba, è nota per le sue numerose librerie che risalgono al settecento; nella strada sorge la libreria “Guida” che nel novembre del 1983, il Ministero dei Beni Culturali l'ha dichiarata: ”bene culturale dello Stato”.
All'ingresso della via che da su piazza Bellini, è posta una targa del 1796 che porta a conoscenza degli ambulanti di lasciare libero il passaggio, alle carrozze e ai pedoni pena l'ammenda, di fronte alla targa:” l'antica pizzeria port'Alba” sorta nel 1738 e prima nel mondo.
Dall'ingresso su piazza Dante, oltre port'Alba, il primo palazzo a destra, ha dato i natali a S. Caterina Volpicelli.
Chiesa di S. Domenico Soriano: è una delle Chiese monumentali di Napoli, eretta nel 1600 su progetto di Cosimo Fonzago, a tre navate e cappelle laterali; la facciata, su Piazza Dante ornata con pietre lavica vesuviana e sculture dei Santi: Tommaso d'Aquino a destra e Domenico di Cuzman a sinistra. Al suo interno un ricco e raffinato arredo barocco per lo più del Fonzago, altre decorazioni in stucco e marmo furono eseguite nel settecento e ottocento e della medesima datazione, tutti i cicli che affrescano la volta e le cappelle.
Nella prima cappella, la tomba di Alessio Falcone Rinuccini, decorata da opere di Giuseppe Sammartino, su disegno di Ferdinando Fuga del 1578;
Nella terza cappella, è di Giacinto Diano il quadro raffigurante la Vergine che presenta l'immagine miracolosa di S. Domenico Soriano;
Nel transetto sinistro una tela di Luca Giordano raffigurante la Madonna del Rosario del 1690;
Nel transetto a destra, un'altra Madonna del Rosario, attribuita a Onofrio Palumbo, mentre di Giacomo Farelli, datati 1703, sono le tele: dell'Annunciazione a Maria; la Visitazione dell'Angelo; la Natività; la caduta sotto la Croce; l'incoronazione di spine; la flagellazione e la presentazione al tempio.
La volta fu affrescata nel 1882, rimpiazzando i precedenti cicli di Mattia Preti eseguiti nel 1664. Nella Chiesa trovò sepoltura: il Beato Nunzio Sulprizio e qui sono conservate le sue reliquie.
Chiostro: di S. Domenico Soriano; è un chiostro monumentale, vi si accede da Piazza Dante tramite due imponenti portali, o dal portale in vico Pontecorvo. Fu realizzato dal Domenicano Fra Tommaso Vesti che nel 1606, iniziò anche i lavori della Chiesa.
Tra il 1673 e il 1685 il chiostro era eretto solo da un'ala; nel XVIII sec., Nicola Tagliacozzi Canale, lo completò con 5 arcate per sei come nel progetto iniziale del seicento.
Nel 1850, venne adibito a caserma militare, poi a Guardia di Pubblica Sicurezza e infine a uffici comunali; in seguito a queste nuove destinazioni, furono apportate modifiche che distrussero il manufatto. La struttura può ancora oggi essere percepita, dietro gli elementi di metalli e vetro, che ospitano gli archivi anagrafici del comune.
Accademia di belle arti: una delle più antiche accademie Europee; istituita nel 1752 da Carlo III di Borbone nel complesso conventuale di S. Giovanni delle Monache, oggi ha sede in via S. Maria di Costantinopoli. La facciata è decorata con busti di personalità legate all'accademia, vi si accede tramite un'ampia scalinata, a guardia, due leoni in bronzo; l'edificio è integralmente realizzato in tufo giallo campano.
Gli interni sono costituiti da diverse sale, distribuiti su due piani vi si accede tramite una monumentale scalinata del 1880. Ospita una biblioteca; una gipsoteca (riproduzione in gesso, indicata anche come: Calcoteca dal greco: chaltos, ossia bronzo) e una galleria museale.
Galleria d'arte modera: raccoglie opere di pittura prevalentemente di scuola napoletana e sud Italia del XIX sec., qualche rappresentanza di artisti Francesi e qualche scultura.

Quinto Itinerario
Chiesa S. Maria di Costantinopoli: si racconta che nel 1527, Napoli era minacciata dalla peste e la Vergine di S. Maria di Costantinopoli, apparve ad una anziana donna chiedendole di erigere un tempio “ lì “ dove avrebbe trovato la sua immagine dipinta su di un muro. La costruzione, con annesso monastero femminile, fu iniziata nel 1575, su di una preesistente fabbrica; fu ultimata nel 1586, man mano assumendo la forma attuale, grazie agli interventi dell'architetto Domenicano: Fra Nuvolo.
La facciata a tre portali, la cupola presenta embrici maiolicati; l'interno a navata unica e cinque cappelle laterali, con decorazioni in stucco bianco di Domenico Antonio Vaccaro, il soffitto ligeno intagliato e dorato; sugli archi delle cappelle, delle grate in legno finemente intagliate, opera di Nicola Tagliacozzi Canale del 1728.
La prima cappella a destra, conserva una tavola cinquecentesca del pittore fiammingo: Aert Mytens che lavorò a Napoli negli anni 1580/90; un interessante edicola a tarsie policrome e madreperla, costituisce il monumento funebre per il medico G. Bartiromo; sul lato opposto: il busto di Girolamo Flerio (benefattore).
Notevole è anche l'altare maggiore che occupa il coro in tutta la sua grandezza, progettato da Cosimo Fonzago in marmi policromi. Al centro della cornice marmorea, l'affresco quattrocentesco raffigurante: S. Maria di Costantinopoli e le statue di S. Rocco e S. Sebastiano ai lati. La volta lunettata dell'abside è affrescata da Belisario Corenzio, come anche gli affreschi posti negli archi sotto la crociera e quelli dei pennacchi della cupola.
Museo Archeologico Nazionale: è uno dei musei più insigni del mondo, fondato da Carlo III di Borbone nel XVIII sec., con l'intento di ordinare le famose raccolte dei Farnese, avute con l'eredità materna; le campagne archeologiche a Ercolano, Stabia, Pompei, Cuma e altre località campane, arricchirono talmente la collezione da richiedere un edificio più vasto.
Fu scelto un edificio del 1585, nato come caserma di cavalleria, con una certa rilevanza architettonica, essendo uno dei più imponenti palazzi monumentali di Napoli. Insiste sull'area di un'antica necropoli della greca Neapolis: la necropoli di S. Teresa; ha una superficie espositiva di 12.650 mq. Nel XIX sec., il palazzo rosso iniziava la sua attività, arricchendosi delle collezioni: Borgia – Etrusche ed Egizie la quale per importanza, si colloca al secondo posto in Italia dopo quello del museo Egizio di Torino; inoltre, la raccolta numismatica S. Angelo.
Al piano terra: sarcofagi romani e statue; galleria dei tirannicidi, replica romana da un bronzo greco del 447 a. C., raffigurante: Armodio e Aristogitone, i due fratelli che uccisero il tiranno Ipparco e altre gallerie e statue nonché raccolta dei mosaici di Pompei, tutti del periodo a. C.;
Al primo piano: la collezione di opere provenienti dalla villa dei papiri di Ercolano; ritratti; pitture murali; disegni policromi su marmo; armi, terrecotte; vetri; argenti;
Al secondo piano: la raccolta di vasi campani; apuli; lucani; attici; etruschi.
Chiesa S. Giovanni a Carbonara: eretta nel trecento, rifatta nel quattrocento dal re Ladislao e in seguito modificata, la gradinata settecentesca che porta alla Chiesa, è del Sanfelice; in cima, si apre il ricco portale della cappella di S. Monica, che custodisce il sepolcro di Sanseverino, realizzato da Andrea da Firenze.
L'interno a navata unica di aspetto gotico; dietro l'altare il monumento di re Ladislao del XV sec., accanto è la cappella Caracciolo del sole, con pavimento del XV sec., in maioliche e due fasce di affreschi di Perrinetto da Benevento in basso e di Leonardo da Besozzo in alto.
Dietro l'altare è la tomba di Ser Gianni Caracciolo, fatto uccidere da Giovanna II sua amante. A sinistra del presbiterio è la cappella Caracciolo di Vico, cinquecentesca, popolata di statue e attribuita a G. T. Malvito: alle pareti si alternano arcate che inquadrano i sepolcri e nicchie affiancate da colonne corinzie.
L'altare fu scolpito da: Bartolomeo Ordonez e Diego de Siloe; il Battista è opera di G. Santacroce; il sepolcro di Galeazzo è di G. D. d'Auria.
Chiesa di S. Maria Donnaregina: è un interessante complesso di due Chiese: una Barocca del XVII sec., l'altra trecentesca; la Chiesa barocca, è a navata unica, ornata da affreschi del Solimena, De Matteis, Mellin, Santolo Cirillo, Luca Giordano;
L'altra, vi si accede sul retro della prima ed è un insigne esempio del medioevo napoletano. L'interno, è dimezzato in altezza dal vasto coro delle monache poggiante su pilastri; l'abside è illuminata da bifore slanciate; a sinistra, il magnifico monumento della Regina Maria d'Ungheria, realizzato nel 1326 da Tino di Camaino e Gagliardo Primario. Nella cappella Loffredo, si ammirano vari affreschi di scuola Giottesca.
Dall'esterno della Chiesa, si passa al Coro delle Monache, una grande aula rettangolare con pregevole coro in legno. Alle pareti, affreschi del XIV sec., realizzati da Filippo Rusuti con i suoi collaboratori. Notevoli sono gli episodi della vita di S. Caterina e S. Agnese. Due scalette portano al piano superiore dov'è visibile un grande affresco: Visione dell'Apocalisse, attribuito al Rusuti e alla sua scuola.
Duomo: dedicato a S. Gennaro, costruzione Angioina del 1200, sull'area della Cattedrale del V sec., fu più volte modificata; facciata pseudogotica i portali del 1400 di Antonio Baboccio, quello centrale, elaboratissimo, arricchito da una Madonna con Bambino di Tino di Camaino.
All'interno, le snelle arcate gotiche sono sostenute da pilastri circondati da una selva di 110 colonne che dividono la Chiesa in tre navate. La centrale, ha un sontuoso soffitto in legno dorato con dipinti di Santafede, Forlì, Imparato ed è decorata in alto con figure di Santi dovuti a Luca Giordano.
Il fondo battesimale è costituito da una vasca Egizia in basalto, sormontata da un lavoro seicentesco in marmo e bronzo; in fondo alla navata sono gli organi del XVIII sec. E una sedia episcopale trecentesca.
Cappella di S. Gennaro, voluta dai cittadini per porre fine alla peste del 1526/29, su progetto di F. Grimaldi; delimitata da un grande cancello del Fanzago, coperta di marmi e affreschi, è uno degli esempi più insigni del barocco napoletano. La cupola decorata da G. Lanfranco, gli affreschi alle pareti sono del Domenichino; il pavimento intarsiato, statue del Fonzago, Marinelli, Finelli, G. D. Vinaccia del quale è anche il poliotto argenteo dell'altare maggiore.
Al centro in fondo, la statua di S. Gennaro del Finelli, sotto la quale, in un argenteo trecentesco, sono custoditi: il cranio del Santo e le ampolle del suo sangue che com'è noto, si liquefa a maggio e settembre.
Nella seconda cappella è collocata un'Assunta del Perugino. La cappella Minutolo, è di forme gotiche e pavimento musivo duecentesco; la ricoprono affreschi del XIII – XVI sec., custodisce un polittico trecentesco di Paolo di Giovanni Fei, agli altari laterali, i sarcofagi di Orso e Filippo Minutolo della scuola di Arnolfo di Cambio e l'imponente tomba gotica del Cardinale Arrigo Minutolo, della cerchia del Baboccio; l'abside settecentesca, è affrescata da S. Pozzi e da C. Giaquinto.
Le scale presso il presbiterio, portano al succorpo o cappella Carafa, di forme rinascimentali, opera di T. Malvito 1506 che realizzò anche la statua del Cardinale Oliviero Carafa; la seconda cappella sulla sinistra della maggiore, conserva un vasto affresco trecentesco di Lello da Orvieto.
Un ascensore, conduce alla sommità della Chiesa da cui si nota uno splendido panorama sulla città. Nella navata sinistra della Chiesa, vi è la cappella di S. Restituta, in origine era una Basilica del IV sec., rifatta nel seicento da A. Guglielmelli; della costruzione di origine, le colonne e parte del pavimento.
Alla fine della navata destra: il battistero del V sec., con vasca centrale, nella cupola si notano resti di mosaici dell'epoca, con figure e motivi decorativi; nella sesta cappella, ancora un mosaico di Lello da Orvieto raffigurante: Maria, S. Restituta e S. Gennaro.
Monte della Misericordia: nato come istituzione benefica, tra le più antiche e tra le più attive della città; l'intero complesso ospita pitture seicentesche della scuola napoletana, tra le quali si annovera una cospicua e importante donazione di Francesco De Mura e la tela delle sette opere della Misericordia del Caravaggio, eseguita durante il primo soggiorno a Napoli del pittore Lombardo.
Nacque nel 1601 per volontà di un gruppo di giovani nobili, che si riunivano ogni venerdì all'ospedale degli incurabili per mettere in atto un programma di opere assistenziali e caritatevoli; nel 1602 fu fondato un Ente con il nome: “Pio Monte della Misericordia”. All'edificio vi lavorò: Francesco Antonio Picchiatti, dandogli l'aspetto che oggi ammiriamo.
Chiesa: ornata da sette cappelle, anch'essa del Picchiatti, le pareti laterali del presbiterio presentano S. Anna di Giacomo De Castro e una Madonna della purità di Andrea Malinconico; il pavimento della Chiesa, in marmo policromo e l'acquasantiere, disegnate dal Picchiatti, sono particolari per la bizzarria delle forme; sull'altare maggiore vi è le sette opere di Misericordia del Caravaggio, intorno ad essi, altri sette altari con altrettanti dipinti, raffiguranti le sette opere della Misericordia singolarmente:
- S. Paolino che libera lo schiavo - di Giovanni Bernardino Azzolino 1626/30;
- Cristo in casa di Marta e Maria - di Fabrizio Santafede 1612;
- Deposizione di Cristo - di Luca Giordano 1671;
- Buon Samaritano - di Giovanni Vincenzo Forlì 1606/07;
- S, Pietro che risuscita Tabitha - di Fabrizio Sanfelice;
- Liberazione di S. Pietro - di Battistello Caracciolo 1615;
- Cristo e l'adultera – di Luca Giordano 1660;
Palazzo: si presenta con un portico in piperno con 5 arcate al piano terra, con un fregio sulla fronte recante il motto del Monte, un verso di Isaia:” FLUENT AD EUM OMNES GENTES”. All'interno del portico, un complesso scultoreo raffigurante al centro: la Madonna della Misericordia ai lati, figure allegoriche.
Le statue, commissionate al Bernini, che rifiutandosi, furono eseguite da Andrea Falcone (figlio del celebre Aniello) su disegno di Cosimo Fonzago.
Quadreria: espone importanti documenti dell'archivio storico del complesso, fra i quali, l'atto costitutivo, l'approvazione del re Filippo III e la copia di papa Paolo V del 1605. Il testamento di De Mura che lascia in eredità i suoi dipinti (venduti solo se col ricavato si faccia beneficenza); una collezione di pitture del XVI e XVII sec.; nelle sale vi sono conservati anche paramenti sacri del XVII e XVIII sec., nonché il tavolo a sette lati usato per le riunioni dei governatori dell'Ente.
Chiesa dei Girolamini: o S. Filippo Neri, fu iniziata da G. A. Dosio alla fine del XVI sec., continuata da Dionisio di Bartolomeo e terminata con la cupola da Dionisio Lazzari alla metà del 1600; la facciata settecentesca è del Fuga. Nella contro facciata, si ammira il noto affresco di Luca Giordano raffigurante: i profanatori cacciati dal tempio; una deposizione di Rodriquez e una crocifissione del Corenzio sono nell'abside.
Affreschi del Solimena sulla vita di S. Filippo, ornano a sinistra la cappella del presbiterio; nella sagrestia, è conservato un S. Giovanni Battista di Guido Reni; le statue all'altare del transetto sinistro, sono dovute a Pietro Bernini e il S. Francesco, sull'altare della quinta cappella, a Guido Reni.
Dal chiostro maggiore della Chiesa dei Girolamini, si entra nella quadreria dove sono ordinate opere di Andrea da Salerno; G. F. Criscuolo; F. Zuccari; Cavalier D'Arpino; Pomarancio; L. Giordano; G. Reni e altri artisti.

Sesto Itinerario
Chiesa di S. Lorenzo Maggiore: è un magnifico esempio di Chiesa medievale, eretta nel 1200, su di una costruzione pagana, riadattata a Basilica paleocristiana nel VI sec.; in epoca barocca fu ristrutturata e restaurata varie volte, presenta la facciata settecentesca di F. Sanfelice.
La Chiesa è nota anche per il primo incontro di Boccaccio con Fiammetta; il portale centrale è della Chiesa antica; a destra si notano il portale del XV sec., ornato di stemmi rionali che introduce al convento e il solido campanile. L'interno a navata unica, arcate gotiche delle cappelle; il disegno in ottone sul pavimento, delimita l'area della Chiesa originaria e della Basilica, che sono state rimesse in luce nel sottosuolo.
Sulla destra, un notevole crocifisso del XIV sec., più avanti, la tomba di Lodovico Aldomorisco del Baboccio, inoltre, proseguendo: un polittico cinquecentesco in terracotta; pitture parietali del Corenzio; un pulpito del XVI sec., superato l'arco che delimita il transetto, il pavimento conserva parti a mosaico della Chiesa del VI sec., incontrando: il trecentesco sepolcro di Ludovico Caracciolo, due affreschi coevi di Montano d'Arezzo, la rinascimentale tomba di Cecinello e altri sepolcri.
Il sontuoso altare maggiore di Giovanni da Nola, presenta figure di Santi e rilievi con scorci della città, accanto: il pulpito del XIV sec.; la magnifica abside poligonale con deambulatorio a nove cappelle aperte da snelle bifore e trifore, è opera duecentesca di scuola Francese.
Sulla destra, il bel sepolcro di Caterina d'Austria dovuto a Tino di Camaino, mentre al transetto sinistro, sono collegati i sepolcri di: Carlo di Durazzo; Roberto d'Artois e Giovanna di Durazzo del XIV sec., al centro è il cappellone di S. Antonio eretto nel 1600 dal Fonzago, con un S. Antonio quattrocentesco a fondo oro sull'altare.
Nelle due cappelle, prossime all'uscita, si trovano due dipinti di Mattia Preti. Il convento sulla destra della Chiesa, si presenta con il chiostro del XVIII sec., tra due quadrifore si trova il portale gotico trecentesco con colonne romane che introduce nella sala capitolare; un piccolo portico del 1200 da accesso alla zona degli scavi, dove è riconoscibile un tratto di strada romana con botteghe, ruderi di un edificio pubblico e costruzioni greche.
Chiesa S. Paolo Maggiore: Basilica monumentale di Napoli, fu eretta sui resti del tempio dei Dioscuri I sec., d. C. di cui ne restano due colonne di ordine corinzio con i relativi architravi che ne caratterizzano la facciata, insieme a due nicchie raffigurante i Santi Pietro e Paolo opere di Andrea Falcone.
La basilica, incorpora altri due edifici religiosi: il Santuario di S. Gaetano Thiene e la Chiesa del SS. Crocifisso detta: la Sciabica, con ingresso sotto la base dell'antico tempio romano dei Dioscuri. L'interno a croce latina a tre navate; la navata centrale e il transetto, hanno una copertura ribassata a padiglione, le navate minori sono voltate con una successione di cupolette ellittiche. A causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, che la Basilica fu danneggiata, oggi il soffitto della navata centrale, conserva resti di affreschi di Massimo Stanzione del 1643.
Tra i finestroni: le storie di S. Gaetano opera di Andrea De Lione e sotto il cornicione: affreschi di Santolo Cirillo del 1737; la zona presbiteriale è affrescata da Andrea Vaccaro, sulla sinistra della navata centrale, la statua dell'Angelo custode scolpita nel 1724 da Domenico Antonio Vaccaro. L'altare maggiore, realizzato nel 1775 dal marmoraro Antonio di Lucca, con sculture di Giacomo e Angelo Viva su disegno di Ferdinando Fuga e affreschi di Angelo Cirillo del 1737.
Le navate laterali, con cappelle, contengono: affreschi, stucchi, sculture, storici presepi, lapidi marmorei; l'anti sagrestia, vede esposti dipinti e mobilio seicentesco di Giuseppe Tomajolo e la porta ad angolo conduce alla sagrestia affrescata dal Solimena; sulla destra dell'abside, la cappella di S. Andrea d'Avellino con una cassa di ottone decorata, che conserva i resti del Santo, morto nel 1608 in quel luogo.
Le decorazioni marmoree sono di Dionisio Lazzari e Nicola Tammaro XVII sec.; Domenico Antonio Vaccaro, realizzò i gradini dell'altare e la custodia dell'ampolla contenente il sangue del Santo. La cupola presenta stucchi e affreschi di Giuseppe Marullo.
Chiostri: quello di S. Paolo Maggiore, il più piccolo, è caratterizzato da una serie di colonne antiche, appartenenti all'originaria Chiesa paleocristiana, mentre il chiostro grande costituisce l'archivio notarile di Napoli, conservando atti notarili dal XVIII sec. Ad oggi.
Chiesa S. Gregorio Armeno: o S. Biagio, ubicata nell'omonima strada (l'antica Nostriano, nome del vescovo che nel V sec., fondò il primo ospedale per i poveri ammalati) resa famosa dalle caratteristiche botteghe di pastori e artigianato sacro; è anche conosciuta come la Chiesa di Santa Patrizia. La Chiesa sarebbe stata edificata sulle rovine del tempio di Cerere attorno al 930, sul luogo che secondo la leggenda, avrebbe ospitato il monastero fondato da S. Elena imperatrice, madre dell'imperatore Costantino.
Nel 1864, le spoglie di Santa Patrizia vi furono traslate per la devozione dei napoletani verso la Vergine discendente dall'imperatore Costantino, la quale, nel IV sec., naufragò sulle coste della città, prese alloggio nell'antico convento basiliano dove sarebbe morta il 13 agosto 365.
Nella quinta cappella della navata a destra, vi sono le reliquie della Santa, contenute in un pregevole reliquiario in oro e argento. Le doti miracolose di S. Patrizia erano già note nel XII sec., per il trasudamento della manna ( liquido, chimicamente assimilabile all'acqua pura) che sarebbe avvenuto dalle pareti sepolcrali che custodiscono in corpo della Santa, in seguito per la liquefazione del sangue, con eco minore, rispetto a quello di S. Gennaro.
Tuttavia, capitando per caso nella Chiesa, un martedì mattina, si può assistere, in un'atmosfera di rarefatto misticismo, al prodigio che avrebbe in seguito alle impetrazioni delle monache. Il prodigio avrebbe avuto luogo, secondo la tradizione, i martedì e il giorno della festa di S. Patrizia il 25 agosto. Nella Chiesa, sarebbero avvenute altre liquefazioni:
S. Giovanni Battista il 29 agosto e talvolta il 24 giugno;
S. Pantaleone l'ultima risale al 27 giugno 1950.
Riporto di seguito, i principali luoghi dove avviene il fenomeno del trasudamento della manna:
- Amalfi: dalle reliquie di S. Andrea, il fenomeno si verificò la prima volta nel 1304 e ricorre ancora oggi durante la festa del 30 novembre;
- Atripalda: provincia di Avellino, dal sarcofago di S. Sabino, prodigio non costante dal 1588;
- Bari: il corpo di S. Nicola trasuda la manna a cui vengono attribuiti poteri taumaturgici, durante la festa della traslazione del 9 maggio;
- Ferrara: nel monastero di S. Antonio Abate, la manna scaturisce in inverno dal sarcofago della Beata Beatrice d'Este;
- Latronico: provincia di Potenza, la manna trasuda dal1709 in uno o più venerdì di marzo, da un dipinto laterale della Chiesa di S. Egidio Abate;
- Napoli: dalle reliquie di S. Pomponio;
- Nola: le reliquie di S. Felice trasudano manna il 15 novembre in occasione della festa del Santo oppure l'8 dicembre;
- Maratea: nella basilica di S. Biagio, dove si trova il torace del Santo Armeno, il prodigio della manna, autenticato già da papa Paolo IV nel 1563, si verifica saltuariamente durante le festività di maggio;
- Salerno: dalle reliquie attribuite a S. Matteo Evangelista;
- Soriano nel cimino: provincia di Viterbo, la manna trasuda dalle reliquie di S. Eutizio;
- Venafro: la manna scaturisce dal sarcofago di S. Nicandro martire, nella cripta della Basilica in occasione dei festeggiamenti del 17 giugno e di altre importanti ricorrenze liturgiche. Ad essa sono attribuite doti miracolose e per questo, la Basilica, è meta di pellegrinaggio.
La facciata della Chiesa, si presenta con quattro lesene toscane, tre finestroni in arcate; il portale del 1792 con scomparti in tre battenti, in cui figurano, intagliati a rilievo, S. Lorenzo, S. Stefano e gli Evangelisti.
L'interno a navata unica con quattro cappelle latrali e cinque arcate per ciascun lato; la semi cupola dell'abside decorata da Luca Giordano.. Il soffitto a cassettoni del 1580, opera del pittore fiammingo Teodoro d'Errico; nelle cappelle laterali affreschi di: Pacecco De Rosa; Nicola Malinconico; Francesco Di Maria e un superbo S. Benedetto attribuito allo Spagnoletto.
L'altare maggiore è opera di Dionisio Lazzari.
Sulla destra del presbiterio, il comunichino del 1610, dove la badessa del convento ascoltava la messa e consentiva alle monache di ricevere la comunione; l'ambiente interno, conserva ancora la scala santa che fino al XIX sec., le monache salivano in ginocchio i venerdì del mese di marzo, come forma di penitenza.
Chiostro: vi si accede dal cavalcavia tra i due conventi, poi trasformato in campanile; il chiostro è opera di Giovanni Vincenzo della Monica. Il complesso è importante per la presenza di un ricco archivio; al centro una grande fontana marmorea barocca, affiancata da due statue settecentesche, che raffigurano: Cristo e la Samaritana, opera di Matteo Bottiglieri.
Palazzo Marigliano: o anche palazzo di Capua, del 1512 da Giovanni Francesco Mormando, in architettura rinascimentale; portale cinquecentesco , una lapide commemora: la congiura di Macchia (una cospirazione senza successo del 1701, in cui la nobiltà napoletana, tentò di rovesciare il governo Spagnolo): la facciata poggia su tre ordini su basamento in piperno, con botteghe al piano terra.
Nel piano nobile, cinque finestre con cornici marmoree e architravi con decorazioni a dentelli e ovuli, al suo interno, arricchiscono gli affreschi di Francesco De Mura; oggi ospita la sede della Soprintendenza Archivistica della Campania.
Chiesa S. Giorgio Maggiore: fondata nel IV sec., come Chiesa paleocristiana , voluta dal vescovo S. Severo; ristrutturata nel XVII sec., dal Fonzago che ne invertì la posizione: l'abside originaria, si trova all'ingresso, dove è sistemato l'antico sedile marmoreo di S. Severo. Si presenta a strisce di mattoni e tufo con due colonne romane che sostengono gli archi della conca absidale.
L'interno ha una navata maggiore con triplice cupola e una minore; nella cappella a sinistra dell'altare maggiore, affreschi giovanili del Solimena.
Palazzo Cuomo: pregevole costruzione rinascimentale del 1400, con solenne facciata a bugnato. Al suo interno è allestito il Museo civico Filangieri dove sono esposte: armature e armi orientali, materiali romani, africane, europee, sculture e rilievi; inoltre: dipinti in prevalenza di scuola napoletana: Luca Giordano; A. Vaccaro; G. B. Caracciolo; S. Conca; M. Preti e altri.
Nella galleria superiore sono: una tavola in avorio seicentesca del Regno di Napoli, vasi, ceramiche, porcellane, merletti e ricami.
Chiesa SS. Severino e Sossio: del X sec.,, ampliata nel 1400, la cupola cinquecentesca, restaurata nel XVIII sec.; l'interno a navata unica, conserva opere importanti di F. de Mura; tra le finestre della navata, scene stupende della vita di S. Benedetto del 1740 che si allungano sulla volta.
Nella quarta cappella, un polittico del quattrocento e la cappella medici, con il sepolcro di Andrea Bonifacio, opera di Bartolomeo Ordonez e la tomba di G. B. Cicara entrambe cinquecentesche. Nella cappella a destra del presbiterio, le tombe dei fratelli Sanseverino, avvelenati dallo zio per impossessarsi dell'eredità, realizzati da Giovanni da Nola.
Archivio di Stato: è ordinato nell'ex monastero dei Santi Severino e Sossio ; il chiostro grande, ospita gli uffici del catasto. Nel museo storico diplomatico, sono custoditi, codici, pergamene, documenti antichi.
Il chiostro del platano, così detto per un platano millenario che ivi sorgeva, è ornato nel portico di affreschi con episodi della vita di S. Benedetto, dipinti da Antonio Solario detto: lo zingaro, nel 1500.
Palazzo del monte di pietà: del 1539, per combattere l'usura elargendo prestito senza scopo di lucro. Nel 1574 Bernardino Rota, lasciò in eredità 500 ducati per la gestione del Monte. Tra il 1597 e il1603, per insufficienza di spazio, fu acquistato il palazzo di Girolamo Carafa realizzandovi una cappella in stile manierista.
Il palazzo si eleva su basamento di piperno con fascia decorata, diviso in tre settori attraverso paraste di bugnato; il portale a bugne di ordine dorico. La facciata della cappella, si ispira alla Chiesa di S. Andrea sulla flaminia. Tra due coppie di lesene ioniche, si aprono due nicchie con le statue di Pietro Bernini che rappresentano: la carità e la sicurezza; nel timpano, la pietà di Michelangelo Naccherino, con due Angeli di Tommaso Montani.
La volta della cappella, è affrescata dal pittore greco Belisario Corenzio, con tele di: Ippolito Borghese e Fabrizio Santafede. Nell'anti sagrestia, il sepolcro del Cardinale Acquaviva del Fonzago 1617; la sagrestia, decorata in oro, sulla volta un affresco di Giuseppe Bonito.
La sala cantoniere, in arte settecentesca, con pavimentazione in maioliche e affreschi con i ritratti di Carlo III di Borbone e di Maria Amalia e una pietà lignea seicentesca di autore ignoto.

Settinmo Itinerario
Palazzo Carafa – S. Angelo: è un palazzo del XV sec., dopo vari proprietari e abbandoni, oggi è diviso in condomini. Interamente rivestito da bugne grige e gialle che si alternano tra loro; la facciata è caratterizzata per le finestre trabeate mentre il portale presenta una corona rotonda di foglie di alloro, nel fregio i simboli della famiglia Carafa, gli stemmi e la stadera, la trabeazione sorretta da mensole che sostiene i busti degli imperatori: Claudio e Vespasiano; al centro la statua di Ercole.
Sui due vertici i volti scolpiti di Diomede Carafa e sua moglie; nel cortile del palazzo, è custodita la testa di un cavallo in terracotta. Dal 1809 la testa originale del cavallo in bronzo si trova presso il museo archeologico Nazionale di Napoli.
Chiesa S. Angelo a Nilo: o cappella Brancaccio, eretta nel trecento e rimaneggiata nel XVIII sec., il piazzale che da sulla piazzetta, è quattrocentesco mentre quello principale in via mezzo cannone è gotico e appartiene alla Chiesa originaria. Al suo interno, a destra dell'altare maggiore, lo splendido monumento funebre del Cardinale Rinaldo Brancaccio che Donatello, Michelozzo e Pagno di Lapo Portigiani realizzarono nel 1428: tre statue sorreggono l'urna ornata da una splendida assunzione donatelliana; sopra è il defunto giacente e dietro una Madonna con il bambino. Di Jacopo della Pila è il sepolcro di Pietro Brancaccio a lato dell'altare maggiore.
Cappella Pignatelli: precedente al 1348 è uno dei gioielli più rari della Napoli del rinascimento, fu ristrutturata nel 1493 e 1515, ospita il sepolcro di Carlo Pignatelli, opera di Malvito del 1506 e la piccola cappella Caterina Pignatelli, opera del grande scultore spagnolo Diego de Siloe del 1513, vicino alla cultura della Roma papale di Raffaello, Michelangelo e Sansovino.
L'interno decorato con lastre di marmo rivestimenti verticali, la volta affrescata degli stucchi, cornici e decorazioni pittoriche. Dal 1736 assunse forme barocche con la cupola a scodella e affrescata da Fedele Fischetti.
Università: fu voluta da Federico II e nel 1700, fu ospitata nel collegio dei gesuiti che occupa la parte posteriore dell'edificio. Oltre ad una fornitissima biblioteca, vi sono ordinati i musei di mineralogia e Petrografia, di zoologia e di Paleontologia. L'edificio comprende anche:
Chiesa del Gesù vecchio: stupenda, ricca di affreschi, un gioiello nascosto tra le vie di Napoli. La facciata del XVII sec. Opera di Giovan Domenico Vinaccia in stile barocco; l'interno a croce latina a navata unica e cappelle laterali con numerose opere d'arte, tra cui la tela raffigurante S. Luigi Conzaga, opera di Battistello Caracciolo del 1627; dipinti di Marco Pini da Siena, tele di Girolamo Cenatiempo 1712; la tavola di S. Francesco Saverio opera di Cesare Fracanzano 1641 e la statua di S. Francesco Borgia di Pietro Ghetti e dipinti di Francesco De Mura.
Chiesa di S. Giovanni maggiore: eretta con editto ( accordo del febbraio 313 dai due Augusti dell'impero romano: Costantino per l'occidente e Licinio per l'oriente) su di un tempio pagano. Si presenta con navata centrale e due laterali, nove cappelle e un transetto; l'altare maggiore, opera di Domenico Antonio Vaccaro del 1743, limitato da due balaustre marmoree, ai lati dell'altare, due colonne corinzie romane, in marmo cipollino del VI sec., sormontate da capitelli corinzi.
Tra le cappelle: quella del Ravaschieri, uno dei più bei monumenti scultorei di Giovanni da Nola: un retablo marmoreo che rappresenta: al centro il battesimo di Gesù; a sinistra: S. Francesco di Paola; a destra: S. Giacomo della Marca.
Il cappellone del crocifisso: con raffigurazioni in stucco e statue di Costantino e Costanza sua figlia, opera di Lorenzo Vaccaro 1689. E' possibile vedere due lapidi del 999, da riferirsi alla consacrazione della Basilica.
Congrega dei Bianchi del SS. Sacramento: con lo splendido pavimento maiolicato, una colonna di epoca romana e decorazioni in stucco nella volta di gusto barocco.
Chiesa di Pietro martire: del XIV sec., più volte rifatta, l'ultima risale al dopoguerra. L'unica navata coperta da cupola contiene varie opere, tra cui un interessante dipinto di Niccolò Antonio Colantonio, raffigurante S. Vincenzo Ferreri con riquadri della sua vita del 1400.
Il complesso dell'edificio è l'attuale sede Universitaria della Facoltà di lettere e filosofia con il vasto monastero e il grande chiostro.
Piazza Giovanni Bovio: ornata dalla fontana del Nettuno, realizzata da Domenico Fontana con un successivo intervento del Fonzago. La statua del Nettuno è del Naccherino e i mostri marini, di Pietro Bernini.
Palazzo della borsa: realizzato da Alfonso Guerra nel 1895, decorato da due gruppi bronzei raffiguranti: il genio che domina la forza di Luigi de Luca. L'edificio ingloba la Cappella di S. Aspreno al porto dell'VIII sec., sulla grotta che secondo la tradizione, fu dimora del Santo.
Si presenta a croce latina, un piccolo transetto e una cupoletta decorata con stucchi neoclassici; sull'altare maggiore, dove Gennaro Aspreno Galante, segnalava, nel 1872, un quadro di Giovanni Bernardino Azzolino; è visibile il busto del Santo ornato da ex voto.
Una scala porta all'ipogeo chiamato cripta o sacello di S. Aspreno, è un ambiente a botte appartenuto ad un edificio termale romano di età imperiale, dov'è conservato un altare dell'VIII sec.. Nel Duomo di Napoli, nella cappella a lui dedicata, la prima a sinistra dell'altare maggiore, contiene l'urna con le spoglie del Santo: si apre una finestrella confessionis, chiusa da una grata, dove i fedeli inseriscono la testa affinchè fossero guariti dall'emicrania, male che S. Aspreno ha fama di curare, ma anche da altre malattie ossee.
Piazza Nicola amore: meglio conosciuta come i quattro palazzi; la piazza presenta una pianta circolare dove si modellano le facciate di quattro palazzi in stile neo rinascimentali; sono caratterizzati da una possente e monumentale architettura. Ogni portale è affiancato da due coppie di telamoni ( scultura maschile a tutto tondo o autorilievo , impiegato come sostegno strutturale e decorativo, spesso in sostituzione di colonne o lesene), che accentuano la grandezza degli edifici.

Ottavo Itinerario
Chiesa S. Agostino della zecca: iniziata da Carlo I d'Angiò e terminata da Roberto d'Angiò e nel 1287, vi fu fondato lo studio generale dell'ordine Agostiniano; ricostruita nel XVII sec., opera del Picchiatti e completata da G. Astarita e G. de Vita nel settecento, con una grandiosa facciata e un robusto campanile. Al suo interno, una Madonna del Laurana; un pulpito decorato da Annibale Caccavello e notevoli pitture di Giacinto Diano.
Chiesa al mercato: Chesa duecentesca del periodo Angioino, in forme gotiche e più volte ristrutturata; conserva il portale gotico e belle arcate rinascimentali. L'arco dell'orologio del XV sec., collega il campanile con una costruzione a fianco.
Si affaccia su piazza mercato, antico luogo dove avvenivano le esecuzioni capitali, vi fu ucciso: Corradino di Svevia; da qui partì la rivolta di Masaniello nel 1647.
Chiesa di S. Maria del Carmine: fu ricostruita nel 1300 su di una precedente basilica; la facciata è del 1700. Tra le opere d'arte che l'arricchiscono, prevalgono quelle di scuola napoletana. Un tabernacolo presso il transetto, custodisce un crocifisso del trecento; dietro l'altare maggiore, un dipinto raffigurante: la Madonna della Bruna del XIV sec., oggetto di grande devozione, la Chiesa è ornata esternamente, da uno snello campanile con cuspide coperta da maioliche.
Chiesa della SS. Annunziata: la Basilica fa parte di un vasto complesso monumentale, costituito in origine: dalla Chiesa; dall'ospedale; dal convento; da un ospizio. Dedicata alla cura dell'infanzia abbandonata eretta nel 1318. La regina Sancha d'Aragona, moglie di Roberto I d'Angiò, nel 1343 provvide a dotare la congregazione all'ombra dei re di Napoli, assumendo la veste giuridica di: Real Casa dell'Annunziata di Napoli; la congregazione, era sostenuta dalle famiglie nobili della città; fu ricca ed ebbe vita lunga fino alla metà del novecento.
Sulla via dell'Annunziata, a sinistra dell'arco cinquecentesco d'ingresso, è ancora visibile la:”ruota degli esposti”; un pertugio nel quale si lasciavano i neonati abbandonati dalle madri. Da questo derivano numerosi cognomi: Esposito; Degli Esposti e cosi via.
Esistono ancora registri con annotato: il giorno, l'ora d'ingresso, l'età e lineamenti del piccolo con eventuali segni distintivi: abiti, biglietti o piccole doti, con i quali erano stati lasciati. Molti erano coperto solo da stracci. Nel 1875 fu chiusa, ma molti e per diversi anni, venivano lasciati, nottetempo, sui gradini della Chiesa.
E' stata più volte ristrutturata, l'ultima è del XVIII sec., da Luigi e Carlo Vanvitelli. Un vestibolo ornato di rilievi, introduce nel solenne interno a navata unica con colonne corinzie, coperto da cupola. La sagrestia, fu abbellita da Girolamo d'Auria e Annibale Caccavello; gli affreschi sulla volta sono del Corenzio. Interessanti sono gli armadi intagliati che riproducono scene del vecchio e nuovo testamento.
Piazza Garibaldi: su di essa dal 1866, si affaccia la stazione centrale della città di Napoli, una stazione della linea 1 e della linea 2 della metropolitana e della circumvesuviana. Sulla destra, la quattrocentesca porta Nolana, inglobata tra due torri di piperno dette: Torre della fede a sud e Torre della Speranza a nord; fu eretta da Giuliano da Maiano in stile rinascimentale. Sul portale: un bassorilievo in marmo raffigura il re Aragonese Ferrante I.
Castel Capuano: dopo Castel dell'Ovo, è il più antico della città, di origine normanna, oggi è sede della sezione civile del Tribunale di Napoli, deve il suo nome perchè a ridosso di Porta Capuana che conduceva all'antica Capua.
Il Castello risale al XII sec., destinato a residenza reale dei sovrani normanni. Scavi del XIX sec., hanno dimostrato che il Castello fu eretto nell'area in cui, nella Napoli romana, sorgeva il Gimnasium, trasformato poi in cimitero, dalle tombe che vi sono state rinvenute. Sul portale d'ingresso, campeggia una lapide che celebra la vittoria di Carlo V a Tunisi e la data in cui divenne sede della Corte di Giustizia.
Il portale è sormontato, poi, da una grande aquila bicipide stemma della Casa Reale di Spagna, opera di Sangallo e da colonne d'ercole binate, con il motto: “ Plus Ultra”; al livello superiore quello dei Savoia, posto dopo l'unità d'Italia, l'orologio è del 1858.
Il cortile interno, è sormontato da un portico sostenuto da pilastri di ordine dorico.
Porta Capuana: tta dal re Ferrante d'Aragona nel 1484, è formata da un arco bianco in marmo, riccamente ornato da bassorilievi, con ai lati due torri che simboleggiano l'onore e la virtù; sono in stile rinascimentale.
Chiesa di S. Caterina a Formiello: adiacente al castello e porta Capuana, sorta nel 1500 sulla precedente Chiesa dedicata a S. Caterina d'Alessandria, Vergine e martire, con annesso convento dei frati Celestini. Il portale ornato con la statua della Santa, opera di Francesco Antonio Picchiatti 1659. L'interno a croce latina con navata unica e cappelle laterali.
Custodisce pregevoli affreschi del seicento e settecento opere di: Luigi Garzi; Paolo De Matteis; Santolo Cirillo; Guglielmo Borremans; Giacomo del Po; Giuseppe Simonelli; accoglie sculture dal XVI al XVIII sec., opere di: Annibale Caccavallo; Pietro Benoglia; Giovan Battista Colombo; Matteo Bottiglieri.
La cupola slanciata con lesene corinzie in piperno e il fondo colore bianco. Nel 1712, Paolo De Matteis affrescò la cupola. La cappella dei domenicani, è dedicata al domenicano Vincenzo Maria Orsini, papa nel 1724 con il nome di Benedetto XIII, custodisce anche le reliquie di S. Vincenzo martire; S. Eliodoro martire; S. Innocenzo martire; ornata nella volta con stucchi napoletani, arricchisce un dipinto di Vincenzo Gamba del 1732 raffigurante papa Benedetto XIII tra i Santi domenicani.
Tutte le altre cappelle, sono arricchite da pavimento maiolicato, cupola affrescata, ricche di dipinti, sculture e tele di artisti famosi.
Chiostri: nell'ottocento, dopo la soppressione dell'ordine dei Domenicani, voluta da Gioacchino Murat, il monastero e i chiostri, furono adibiti a lanificio militare con vaste alterazioni del disegno originario: (tompagnature di arcate) e copertura (del chiostro piccolo affrescato), costruzioni di strutture: ( ciminiere e padiglione nel chiostro grande), formando in pieno centro cittadino, un singolare monumento di archeologia industriale.
Albergo dei poveri: (nell'uso popolare: reclusorio o serraglio) realizzato nel settecento da Ferdinando Fuga su incarico del re Carlo III di Borbone per i poveri del Regno, ma l'opera rimase incompiuta; la sua attuale mole di oltre 100.000 mq. È solo un quinto del progetto iniziale che oltre all'ingente cifra, necessaria per il completamento, ci fu anche la rivoluzione del 1799, quando Ferdinando IV, decise di diminuire i locali a camere e ampliarli per le macchine di produzione manifatturiera, puntando sulla rieducazione dei detenuti e assicurare un avvenire agli orfani dell'Annunziata.
Nel 1838 trovò posto una scuola di musica; sorse anche una scuola per sordomuti; nel corso degli anni, si avvicendarono: un centro di rieducazione per minorenni; un tribunale per minori; un cinema; delle officine meccaniche; una palestra; un distaccamento dei VV.FF. E l'archivio di stato civile.
Il progetto iniziale, doveva estendersi su una vasta superficie, con un prospetto di 600 metri di lunghezza e 135 di larghezza, comprendere cinque grossi cortili e dotato di una cappella. Nella veste attuale: si estende su 103.000 mq. E una facciata di 400 metri, caratterizzata da cinque ordini di finestre e tre marcapiani con timpano centrale. Sul fronte d'ingresso, scolpita un'epigrafe la dedica di Alessio Simmaco Mazzocchi (1684 – 1771) noto umanista e epigrafista: “REGIUM TOTIUS REGNI PAUPERNUM HOSPICIUM”.
L'interno è articolato attorno a tre cortili, quello centrale, occupato dal corpo a croce di S. Andrea che doveva essere la base della Chiesa, i cortili laterali, dovevano essere giardini con aiuole. L'edificio è dotato di 430 stanze di diverse dimensioni. Oggi la struttura ospita la sede cittadina dell'associazione: “ kodokan” collocata nel quadro del progetto: “ la città dei giovani”; inoltre, è regolarmente utilizzato come sede per alcuni spettacoli del: “Napoli Teatro Festival Italia”.
Orto botanico: è una struttura dell'Università Federico II, fa parte della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali. Attualmente si estende su 12 ettari; circa 9.000 specie di vegetali e quasi 25.000 esemplari. Fu fondato il 28 dicembre 1807 con decreto di Giuseppe Buonaparte.
Le aree espositive, sono disposte secondo tre criteri:
quello sistematico – quello ecologico - quello etnobotanico.
Nel criterio sistematico vi sono le zone:
- area delle Pinophita;
- il feliceto destinato alla coltivazione di felci e piante affini;
- il palmeto;
- area della Magnoliophita;
- l'agrumeto;
Nel criterio ecologico:
- deserto piante succulente (grasse);
- spiaggia, quelle diffuse sulle spiagge Italiane;
- torbiera – ciperaceae ( acquatiche o su strati umidi);
- Roccaglia, tipiche delle zone calcaree degli appennini;
- macchia mediterranea.
Nel criterio etnobotanico è la sezione sperimentali delle piante officinali.
Castello : del XVI sec., oggi è la sede della attività amministrative e tecniche, oltre che del museo di paleobotanica ed etnobotanica.

Nono Itinerario
Chiesa S. Teresa degli Scalzi: conosciuta anche come: Chiesa di S. Teresa al museo; Chiesa di S. Teresa agli studi; Chiesa della Madre di Dio; eretta nel 1604, per volontà dei frati Carmelitani Scalzi con annesso convento. Una doppia rampa di scale, ci conduce alla facciata di Cosimo Fonzago del 1652, con statue in stucco che raffigurano: S. Teresa d'Avila e S. Giovanni della croce.
L'interno a croce latina e navata unica con cappelle laterali; vi sono conservate opere di molti scultori e pittori del periodo barocco, tra questi: Paolo De Matteis; l'artista di origine fiamminga Niccolò de Simone; un sepolcro di Tito Angelini; delle statue di Domenico Antonio Vaccaro; busti di Matteo Bottiglieri e Angelo Viva; alcune decorazioni di Costantino Marasi.
Nella seconda cappella opere pittoriche di: Battistello Caracciolo del 1616; nella quarta cappella affreschi di Belisario Corinzio; tele del settecento di Giacomo del Po; Quì vi è conservata una scultura raffigurante l'imperatore Carlo VI (unica testimonianza artistica di un esponente Asburgico) eseguita da Giacomo Colombo nel 1715.
La cappella di S. Teresa d'Avila, disegnata da Cosimo Fonzago nel 1640 con decorazioni a intarsi commesso alle pareti e al pavimento; un elegante cancelletto di ottone, sculture in stucco e due dipinti di Ippolito Borghese. Il convento ospita varie istituzioni facenti capo all'Istituto Paolo Colosimo per i non vedenti.
I chiostri, sono oggi di proprietà dell'Istituto per non vedenti di Paolo Colosimo; il chiostro piccolo è stato modificato ed adibito a sala interna per la vendita; il chiostro grande con uno splendido pozzo in marmo, ha subito solo una modifica: la chiusura delle finestre delle arcate.
Poco più avanti tra la Chiesa di S. Teresa e l'emiciclo di Capodimonte, si trova la casa dove spirò Giacomo Leopardi, assistito da Antonio Ranieri e dalla sorella Paolina il 14 giugno 1837. Nel libro di casa che il padre Monaldo aveva scritto la sua nascita, si legge a firma della sorella Paolina: “ Adì 14 giugno 1837 morì nella città di Napoli questo mio diletto fratello divenuto uno dei primi letterati d'Europa: Fu tumulato nella Chiesa di S. Vitale sulla via di Pozzuoli. Addio caro Giacomo: quando ci rivedremo in Paradiso?”.
Anni dopo, la tomba di Giacomo Leopardi, fu traslata accanto a quella di Virgilio sempre a Napoli.
Chiesa S. Maria della Sanità : detta anche Chiesa S. Vincenzo alla sanità; nota a Napoli come :” 'O Munacone” perchè custodisce la statua del domenicano S. Vincenzo Ferreri. Eretta nel 1602 sul sito delle catacombe di S. Gaudioso, presenta una facciata con decorazioni in stucco del settecento, affiancata al campanile del 1612 con orologio in maiolica settecentesco. Colpisce la cupola rivestita di maioliche gialle e verdi.
L'interno a croce greca e presbiterio rialzato, espediente ideato dal progettista: frate Nuvolo, per inglobare la preesistente Basilica paleocristiana, permettendo l'ingresso alla catacomba. Numerose sono le opere d'arte lungo la navata e nelle cappelle laterali; all'ingresso: due acquasantiere a muro in marmi policromi del seicento con lo stemma dell'ordine Domenicano.
Nella prima cappella, tra le altre opere: un affresco con la Madonna della sanità proveniente dalla cripta, il dipinto datato V sec., è la più antica immagine Mariana conosciuta a Napoli. Nella seconda cappella: opere di Giovanni Balducci e Luca Giordano. Nelle altre cappelle opere di: Giovanni Bernardino Azzolino (1612); Andrea Vaccaro (1659); Michelangelo Naccherino seicento; Dionisio Lazzari (1678) e altri.
Catacombe S. Gaudioso: vi si accede attraverso una cancellata posta sotto il presbiterio, erano luogo di sepoltura; di fronte all'ingresso: la tomba rivestita a mosaico del Santo, le pareti rivestite di affreschi del XVII sec..
Il chiostrino: a pianta ellittica, risale al XVII sec., (oggi, deturpato da un pilone del ponte della sanità del XIX sec., lungo 118 metri e campata di sei metri, unisce via S. Teresa degli Scalzi e corso Amedeo di Savoia). Le decorazioni a graffito sono state eseguite nel 1624 da Giovan Battista di Pino.
Le Catacombe di S. Gennaro: tra la Neapolis greca e la Napoli di oggi, non ci sono millenni ma metri di sottosuolo. Le Catacombe erano luoghi di sepoltura e d'incontro con le loro anime. Il nucleo originario delle Catacombe di S. Gennaro, risale al II sec. d.C.; l'ampliamento iniziò nel IV sec., in seguito alla deposizione delle spoglie di S. Agrippino, primo Patrono della città. Nella Basilica ipogea, ad unica navata scavata nel tufo, conserva ancora una sedia vescovile ricavata nella roccia e l'altare, con un'apertura per vedere e toccare la tomba del Santo.
Sviluppandosi su due livelli, non sovrapposti, la Catacomba inferiore, si è sviluppata attorno alla Basilica di S. Agrippino, con una struttura a reticolato; il vestibolo inferiore, con soffitti alti fino a sei metri, ospita una grande vasca battesimale voluta dal vescovo Paolo II che nell'VIII sec., si rifugiò nelle Catacombe di S. Gennaro a causa delle lotte iconoclaste.
La Catacomba superiore è databile III sec. d. C., la sua espansione è iniziata nel V sec., con la traslazione delle spoglie di S. Gennaro, divenendo in seguito, meta di pellegrinaggio. Due esempi dell'espansione della Catacomba sono la cripta dei vescovi, dove sono sepolti i vescovi e la maestosa Basilica adiecta (sotterranea) a tre navate, realizzata dopo la traslazione dei resti di S. Gennaro.
Basilica di S. Gennaro Extra Moenia: la Basilica paleocristiana, collegava la città dei vivi con la città dei morti; il culto religioso a Napoli, è rappresentato da quasi 500 Chiese e più di 2.000 edicole votive. Eretta nel V sec., a ridosso delle Catacombe a tre navate, attraversando le fasi:
- nel XVII sec., restaurata e aggiornata allo stile barocco;
- diventa ospedale per gli appestati, voluto dal Cardinale Carafa;
- diventa ospizio per i poveri;
Nei primi del novecento, furono eliminati gli elementi barocchi per riportarla allo stile originario;
- diventa deposito dell'ospedale S. Gennaro dei poveri;
- restaurata e riaperta al pubblico nel 2008.
Oggi si presenta con l'impianto paleocristiano originario a tre navate, abside semicircolare e colonne di spoglio che reggono l'arco trionfale, con arcate in stile Durazzesco – Catalano, l'atrio rinascimentale con affreschi attribuiti ad Agostino Tesauro.
Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte: hanno sede nel palazzo reale eretto nel 1738 da G. A. Medrano per il re Carlo di Borbone.
- Galleria nazionale: le varie sale espongono arazzi del 1700 di manifattura napoletana e cinquecenteschi di Bruxelles; bronzetti dal 1200 di scuola Campana al 1500; dipinti dal trecento al 1500 di artisti tra cui: il Perugini; Raffaello; Botticelli; Mantegna; Bellini e altri artisti di fama mondiale.
- Galleria dell'ottocento: espone sculture e dipinti del XIX sec., di Italiani e stranieri, con prevalenza la scuola napoletana: Palizzi; D. Morelli; G. Toma; F. P. Michetti; A. Mancini; V. Gemito; G. De Nittis.
- Appartamento storico e museo: vi sono raccolte le porcellane di manifattura napoletana e straniera, appartenenti ai palazzi reali di Napoli; in una sala vi è esposta la collezione: Marsiconovo che comprende pitture Europee del XIX sec.; in due sale: arazzi del 1700 napoletano; una sala dedicata ai disegni e stampe; in cinque sale si trovano: un pavimento in marmo di una villa romana Caprese; oggetti dei Borbone e del periodo della dominazione Francese; quattro sale sono dedicate alla collezione: De Ciccio con maioliche Arabo – Spagnole 1400/1500; maioliche orientali dal 1200 al 1700; inoltre: porcellane napoletane e straniere fino al 1700; bronzetti rinascimentali; avori; smalti; orologi; vetri di Murano; in altre sale: armi e armature.
Una sala, conserva il famoso salottino di porcellana del 1759, realizzato dalla fabbrica di Capodimonte per Carlo di Borbone, che lo donò a Maria Amalia di Sassonia; segue ancora una sala con arazzi Gobelins, scene del Don Chisciotte e altri, infine una sala con portantine del XVIII sec.;
Parco o bosco di Capodimonte: destinato a riserva di caccia, fu sistemato dal Sanfelice nel 1742 e nel 1833 F. Dehenhardt adattò ampi tratti a giardino inglese; ricopre un'area di 120 ettari, protetto da una cinta muraria, vi si accede da Porta di mezzo, con cancello in ferro battuto, ritenuto uno dei più eleganti esempi del rococò napoletano; del 1736, originariamente era ornato con stemmi ed effigi Borboniche oltre ad essere affiancata da corpi di guardia ed abitazione del custode.
All'interno del parco: il Casino dei principi del 1826, è stata la residenza dei figli di Francesco I delle due Sicilie; la Real Casa della Porcellana, restaurata da Ferdinando Sanfelice nel 1743; fondata da Carlo di Borbone con officine e forni: la produzione raggiunse fama mondiale pur restando attiva dal 1743 al 1759. Nell'edificio ha sede: l'Istituto Professionale per l'industria della ceramica e della porcellana.
La Chiesa di S. Gennaro del 1745, voluta da Carlo di Borbone per gli abitanti del parco; l'Eremo dei cappuccini del 1817 come voto da parte di Ferdinando, per la riconquista del Regno dopo l'invasione Francese e divenuto sede, nel 1950, dell'opera della salute del fanciullo.
Il Casino della Reggia, originariamente luogo di riposo durante le battute di caccia e donato, nel 1840 da Ferdinando II delle due Sicilie, alla madre Maria Isabella di Borbone – Spagna.
La Chiesa di S. Gennaro, una facciata sobria con paraste doriche e interno alquanto luminoso, con un invaso ovale ornato da decorazioni sobrie con statue in nicchie; oggi vi sono solo quelle di S. Carlo Borromeo e S. Amelia. Sull'altare maggiore: una tela raffigurante S. Gennaro, opera di Leonardo Olivieri, allievo di Francesco Solimena.
Castel S. Elmo: Castello medievale sito sulla collina del Vomero un tempo era denominato: Paturcium e sorge sul luogo dove vi era, a partire dal X sec., una Chiesa dedicata a S. Erasmo (da cui Eramo; Ermo e poi Elmo) in parte è ricavato nella viva roccia (tufo giallo napoletano). Trae origine da una torre d'osservazione normanna chiamata: Belforte.
La sua poderosa costruzione, fu iniziata da F. di Vito e Tino di Camaino nel 1329 e terminata da altri architetti nel 1343. Per la sua posizione (250 m.s.l.m.) è controllabile tutta la città, il golfo e le strade che portano alla città. Oltre ad essere un museo permanente il: “Napoli Novecento” in cui sono esposte opere di artisti napoletani o legati alla città dal 1910 al 1980, è anche sede di mostre, fiere e manifestazioni.
Sul portale d'ingresso in piperno, campeggia lo stemma imperiale di Carlo V con l'Aquila bicipite e un'iscrizione in marmo che ricorda il suo regno. Sette feritoie assicuravano la difesa del ponte levatoio.
Certosa di S. Martino: fu un antico convento del periodo Angioino nel trecento; per la sua realizzazione fu chiamato l'architetto e scultore senese: Tino di Camaino già famoso per il Duomo di Pisa. Nel 1581 fu ampliato dall'architetto: Giovanni Antonio Dosio, destinato a trasformare il gotico in barocco; nel 1606 è Cosimo Fanzago ad apportare una straordinaria attività decorativa, utilizzando marmi bianchi di Carrara; bardigli e broccatelli della Spagna; neri del Belgio; breccia dalla Francia e infinite altre qualità per comporre il caleidoscopico universo vegetale, riprodotto con la raffinata tecnica del commesso marmo, divenendo uno degli esempi più insigni del barocco napoletano.
Chiesa della certosa di S. Martino: eretta nel 1325 per volontà di Carlo d'Angiò, a navata unica con otto cappelle laterali, fu rimaneggiata nel cinquecento dal Dosio che riadattò il pronao da cinque a tre arcate, poi Cosimo Fanzago, nel seicento, costruì una serliana per mascherare la facciata precedente. La parte superiore e le pareti laterali sono opera di Nicola Tagliacozzi Canale, affreschi: del Cavalier d'Arpino; Micco Spadaro; Giovanni Baglione; Belisario Corenzio.
L'interno: pavimento marmoreo del Fanzago, un coro ligneo del 1629, l'altare maggiore in legno dorato e finto marmo, su progetto di Francesco Solimena. I putti che decorano i lati del paliotto sono del settecento, opera di Giacomo Colombo; gli angeli capo altare sono di Giuseppe Sammartino 1768; le statue nelle nicchie laterali di Pietro Bernini.
Il presbiterio, è preceduto da una balaustra in marmi, pietre preziose e bronzo dorato da Filippo Belliozzi del 1761; il pavimento in preziosi marmi policromi, fu realizzato da Bonaventura Presti. La volta è arricchita da un ciclo pittorico che maschera le strutture a crocieraella copertura; gli affreschi furono compiuti dal 1636/39, che fu uno dei più importanti e prezioso lavoro del pittore emiliano Giovanni Lanfranco. Le transenne di tutte le cappelle e la decorazione marmorea sono del Fanzago; tutte le cappelle sono affrescate.
La sagrestia è decorata nella volta da affreschi di Cavalier d'Arpino, alle pareti, arredi mobiliari intarsiati del cinquecento. La cappella del tesoro nuovo è frutto della volontà di fra Bonaventura Presti; la scodella centrale della volta è affrescata da Luca Giordano. La sala del Capitolo, coro dei conversi e parlatorio sono affreschi di Belisario Corenzio del 1624; nella volta, nel lunettone e lungo le pareti laterali, i dipinti sono di: Paolo Finoglio; Simon Vouet; Battistello Caracciolo; Massimo Stanzione; Francesco De Mura.
Chiostro: realizzato dal Dosio con portico e loggiato, al centro una bella vera da pozzo del 1600, opera di Felice de Felice.
Museo Nazionale S. Martino: espone modelli di brigantini, cannoniere, corazzate, raccolta di rivestimenti lignei, armadi e banchi; la sala dei cimeli storici del Regno di Napoli: pitture, stampe, medaglie, monete, porcellane, ritratti dei Borbone e documenti fino al risorgimento.
La sezione topografica: paesaggi partenopei e carte topografiche; segue una sezione: feste e costume con costumi, maschere, dipinti, oggetti delle varie provincie; la sezione dei presepi: interessante collezione del 1700, tra tutti spicca il presepe Cuciniello con rari esemplari di pastori.
Chiostro grande: con l'ingresso alla pinacoteca; nelle prime due sale, opere dei primitivi napoletani, nelle seguenti tre: pitture del 1500/1700 Caracciolo; Giordano; De Mura; Solimena e altri; seguono sale della scultura dal 1300 al 1700 di: Tino di Camaino; Santacroce; P. Bernini;

Decimo Itinerario
La Floridiana: una stupenda villa il cui complesso, faceva parte del gruppo di edifici utilizzati come residenze reali Borboniche in Campania. Fu acquistata da Ferdinando IV di Borbone nel 1815 per la moglie Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia, che in suo onore chiamò: Floridiana.
La villa si presenta arricchita da due brevi ali destinati a locali di servizio. La facciata è sobria, curata dall'architetto Antonio Niccolini, con una scala a tenaglia divisa in due rampe simmetriche, si protende verso lo scenografico scalone marmoreo. Il complesso è preceduto da un grande parco lussureggiante il cui vanto, sono le piante di camelie. Lo ornano: sentieri e boschetti, terrazze panoramiche, tempietti, una serie di finte rovine, un piccolo teatro.
Museo nazionale della ceramica: duca di Martina; nel complesso della Floridiana, oltre a raccolte di arti minori di porcellane, di maioliche, provenienti da tutte le parti del mondo, espone varie opere d'arte. Nel vestibolo: ritratti di Ferdinando I e della duchessa di Floridia; nel corridoio: consolle seicentesca olandese, maioliche, nature morte.
Nelle sale, tra pregevoli esemplari di ceramiche di Meissen di Capodimonte, si trovano opere di: De Matteis; Solimena; Luca Giordano; G. del Po; D. A. Vaccaro; F. de Mura; C. Giaquinto. Poco più avanti si ammirano: porcellane di Venezia; di Doccia; di Chantilly; Sevres; Vincennes, porcellane cinesi e Giapponesi a altri. Mobili napoletani del 1700; maioliche Spagnole; Abruzzese; Napoletane; Umbre; cristalli, avori smalti, lacche.
Dopo una passeggiata sul lungomare che si snoda in un paesaggio di suggestiva bellezza, ornata dalla fontana dell'Immacolatella, a triplice arcate si giunge al porto di S. Lucia, uno dei punti più famosi della città di Napoli, dove un molo unisce alla terraferma la piccola isola, il borgo marinaro, animato da numerose trattorie e il colosso:
Castel dell'Ovo: il vecchio Castrum Ovi in latino; è il castello più antico della città di Napoli ed è uno degli elementi che spiccano maggiormente nel celebre panorama del golfo. A causa di diversi eventi, hanno in parte distrutto l'originario aspetto normanno. Il castello sorge sull'isolotto di tufo di magaride, propaggine naturale del monte Echia ( spuntone roccioso interamente in tufo giallo) che era unito alla terra ferma da un sottile istmo di roccia.
Questo è il luogo dove venne fondata Parthenope VIII sec., a. C., per mano Cumana. Nel I sec., a. C., Lucio Licinio Lucullo vi costruì una villa; l'isola, ospitò l'ultimo imperatore (deposto) di roma: Romolo Augusto nel 476 d. C.. Nel medio evo arrivarono i monaci basiliani e nell'872, le flotte del ducato di Napoli e quelle della Repubblica marinara di Amalfi, scacciarono i musulmani.
Nel 1140 Ruggiero il normanno, conquistando Napoli, ne fece la propria sede; nel 1222 fu ulteriormente fortificato da Federico II di Svevia. Carlo I d'Angiò, ne fece la residenza della famiglia e vi mantenne il tesoro reale. Nel 1503, l'assedio di Ferdinando il cattolico, demolì quanto restava delle torri e fu nuovamente ristrutturato, assumendo la la forma che oggi vediamo.
Oggi è annesso allo storico rione S. Lucia, dopo i restauri del 1975 ed è visitabile. Nelle grandi sale si svolgono: mostre, convegni e manifestazioni. Il porticciolo turistico del borgo marinari è animato da ristoranti e bar, nonché sede di alcuni tra i più prestigiosi circoli nautici napoletani.
Palazzo Cellamare; del XVI sec., coinvolto durante la rivolta di Masaniello, divenne lazzaretto nel 1656. Il portale d'ingresso, consiste in un arco di piperno stile barocco, la facciata è del settecento nobiliare. Lo scalone monumentale è opera di Giovan Battista Manni; il portale a linee spezzate, interno all'edificio, sono di Ferdinando Sanfelice; mentre la bellezza della cappella: Vergine del Carmelo, è di Giovan Battista Nauclerio del 1727.
Ferdinando del Fuga, abbellì il portale d'ingresso al cortile, di chiara impronta barocco napoletano. Il palazzo dispone di un vasto giardino con al centro frammenti di una fontana, realizzata da Giovanni da Nola. I saloni interni sono affrescati dai pittori locali come: Giacomo del Po; Pietro Bardellino; Giacinto Diano; Fedele Fischetti.
Nel 1948 è stato aperto in alcune cave di tufo, al di sotto del palazzo, (usato per reperire materiale alla costruzione dell'edificio) il cinema – teatro Metropolitan, famoso per essere il più capiente della città (3.000 posti). Il palazzo ha ospitato: Giacomo Casanova; Angelica Kauffmann; Jakob Philipp Hackert; Goethe nel 1787; Torquato Tasso; Caravaggio che fu la sua ultima dimora.
Palazzo Calabritto: del XVII sec., restaurato da Luigi Vanvitelli; la facciata ha due portali d'ingresso: quello che si apre sulla piazza, è fiancheggiato da due colonne scanalate e da altrettanti pilastri con capitelli ioniche che sorreggono la lunga balaustra; le finestre hanno alternativamente timpani triangolari ad arco, a loro volta, sormontati da alcuni ablò.
In via Calabritto, il portale il portale d'ingresso presenta una rosta a raggiera e due colonne che prima del capitello terminano con delle teste femminili da cui pendono ghirlande decorative. Anche l'interno venne ritoccato dal Vanvitelli, che costruì un cortile con doppio atrio e la scalinata che conduce ad un terrazzamento con vista sul golfo.
Villa Pignatelli: del XIX sec., con annesso parco affaccia sulla riviera di Chiaia e rappresenta uno dei più significativi esempi di architettura neo classica di Napoli. La residenza è pensata come una domus Pompeiana, preceduto da un portico all'ingresso dotato da un colonnato di ordine neo dorico; il giardino all'inglese con diversi tipi di Cycadaceae, palme di vario genere, camelie e una magnolia grandiflora.
Il parco è stato arricchito da piccoli edifici di genere pittoresco: la torretta neogotica; lo Chalet Svizzero; la serra; attraverso un portichetto a quattro pilastri, con altrettante semi colonne doriche, si accede al piano terra, la cui facciata principale richiama le antiche ville Pompeiane.
A seguito dell'unità nazionale, i Borbone furono allontanati dalla città e la villa fu ceduta ai principi Pignatelli Aragona Cortes che ne furono proprietari fino al 1955, quando la principessa Rosina Pignatelli, nata Fici dei duchi di Amalfi, ne fece dono allo stato perchè fosse destinata a museo, a perpetuare il nome del marito Diego Aragona Pignatelli Cortes. Oggi ospita il museo delle carrozze, con diversi esemplari di vetture e accessori, annessi nell'ottocento e per lo più realizzati a Parigi – Napoli e Londra.
La villa dispone di tre piani, il piano terra conserva l'aspetto di dimora nobiliare ed offre una ricca collezione di porcellane orientali del settecento – ottocento; la principessa Rosina, donò: argenti, bronzi e cristalli appartenuti alla sua famiglia con una ricca collezione di porcellane Europee del XVIII e XIX sec.. Il nucleo più rappresentativo è quello della manifattura di Meissen (o porcellana di Dresda, uno dei primi esempi Europei di produzione di porcellana) con esemplari di datazione antica, come il servizio da caffè con paesaggi marini del 1735 o il gruppo plastico con il ratto di Proserpina del 1750; il sottotetto e gli scantinati, accessibili mediante scale di servizio, erano per la servitù, per i ripostigli, le dispense; le cucine erano poste nell'interrato di una vicina costruzione, collegata alla villa mediante una piccola galleria sotterranea.
Dal vestibolo è visibile un tripode neoclassico in legno, marmi policromi e pietre dure. A piano superiore c'è la sala d'armi e utensili da caccia; il grande salone delle feste (oggi utilizzato per convegni); al piano superiore si accede tramite una scala a chiocciola. Il salotto rosso, punto centrale da cui si snodano gli altri ambienti; la sala rossa, con il soffitto dipinto e decorato in stucco bianco e oro; il pavimento, in terracotta dipinto, mentre gli arredi e mobilia sono manifattura Napoletana e Francese tipica dell'ottocento.
Da qui, la sala verde che troneggia lo scrittoio con alzata in legno intarsiato e bronzo con inserti di porcellana e motivi floreali, il pavimento in cotto dipinto; segue la sala da pranzo con vasi di porcellana decorati con motivi di animali, floreali e storici, nonché servizio con posate in argento e bicchieri con lo stemma nobiliare della famiglia Pignatelli; la ricca biblioteca e più di 4.000 microsolchi di lirica e classica. Sul retro della villa, adibita a mostre e concerti, vi è la pregevole veranda neoclassica.
Chiesa S. Teresa a Chiaia: eretta nel 1620 in stile barocco, realizzata su di un livello superiore a quello stradale; l'ingresso con portale completamente in bronzo, affiancato da due nicchie con statue e sormontate da medaglioni; la facciata con una ricca decorazione in stucco, divisa in tre livelli, nel secondo e terzo, sono presenti snelli pinnacoli. L'interno a croce greca, sull'altare la statua di S. Teresa del Fanzago; custodisce opere di Luca Giordano.
Chiesa S. Maria in Portico: del 1632 a croce latina e navata unica, tre cappelle laterali e transetto, le coperture da volte a botte, la cupola rivestita da embrici a squame gialli e turchini, impostata su un alto tamburo con otto finestre; sul lanternino cieco, è posta una sfera di rame sormontata dalla croce; lo snello campanile concluso da elegante bocciolo ottagonale, innalzato nel 1645, sormontato dalla croce e da una banderuola in lamina di ferro a forma d'orso.
La facciata di Cosimo Fanzago; la volta della navata, è decorata con stucchi, il pavimento seicentesco in cotto, ai lati riquadri in marmo bianchi e grigio; al centro la lapide tombale di Felice Maria Orsini che qui fu sepolta nel 1647. Ai lati dell'ingresso, due acquasantiere in marmo bianco e grigio.
Sul lato destro del presbiterio: la poltrona vescovile in legno dorato con zampe a fusto tigrato e braccioli formati da due serpenti che s'intrecciano nella spalliera. Presenti anche quattro confessionali artigianato napoletano, in legno finemente intagliato. Altri elementi di arredo: i lampadari settecenteschi, decorati con foglie e fiori in vetro di Murano. Armadi seicenteschi in noce intagliato della sagrestia del 1647 e il lavabo di Domenico Antonio Vaccaro; il pulpito seicentesco in legno, scolpito e dorato, sormontato da baldacchino con frange, al centro: la colomba dello Spirito Santo.
L'altare maggiore, in marmi policromi con ciborio e tempietto, sotto la mensa un'arca in marmo gialla, sostenuta da zampe di leone, balaustra in marmo e pavimento in marmo: bianco, rosso e nero con disegni a rombi. La cona dell'altare maggiore è di Domenico Antonio Vaccaro del 1732; tre angeli in marmo, sorreggono un drappo in gialletto. Al centro l'effige della Vergine, copia dell'originale del XIII sec., (conservata in Roma nella Chiesa di S. Maria Campitelli). Le cappelle sono arricchite da affreschi, tele, sculture, statue policrome e pavimenti e balaustre in pregevoli marmi, opere di noti artisti di rilievo e fama internazionale.
Via Caracciolo: una passeggiata lungo lo splendido lungomare di via Caracciolo, di fama mondiale creato nel 1869, è considerata: una delle più belle litoranee del mondo, con visioni panoramiche sulla città, dei rioni storici di Mergellina: insenatura suggestiva che ispirò: musicisti, pittori e poeti; Vomero e Posillipo il cui nome deriva dal greco:”Pausilypon” (che placa il dolore), la cresta così chiamata, è il rilievo tufaceo di un cratere vulcanico dei Campi Flegrei che divide i golfi di Napoli e Pozzuoli.
Villa comunale: lungo via Caracciolo, è ricca di verde, statue di epoca romana, fu già villa Reale o Real passeggio di Chiaia, risale al 1697, ricca di fontane di età rinascimentale come:
- Fontana della tazza di Porfido: una grande tazza di porfido, sottratta al Duomo di Salerno;
- Fontana S. Lucia: opera di Michelangelo Naccherino, così chiamata perché era in via S. Lucia;
- Fontana Ratto d'Europa: di Angelo Viva del 1798;
- Fontane: ratto delle sabine; Lucio Papirio; oltre a sculture, statue, busti di personaggi storici e una cassa armonica.
La villa, comprende anche un acquario, il più antico d'Italia e secondo in Europa, fondato nel 1872 dal naturalista e zoologo tedesco: Anton Dohrn con annessa stazione zoologica, con numerose specie di animali e vegetali del golfo di Napoli.

Undicesimo Itinerario
Chiesa di S. Maria del Parto: Chiesa monumentale; Federico I di Napoli, salito al trono del Regno di Napoli il 26 giugno 1497, concesse a Jacopo Sannazzaro (poeta e umanista Italiano), una pensione di seicento ducati oltre a un terreno nella zona di Mergellina, il quale, vi costruì una villa con una torre oltre a due Chiese sovrapposte (1504); la Chiesa, interamente scavata nel tufo, somigliante alla vicina tomba di Virgilio.
Le diede il nome di una delle sue opere:” De partu Virginis”, fu luogo di preghiere per donne incinte. Una serie di tre rampe di strette scale, conduce al sagrato; la facciata è tinteggiata in rosso. L'interno a navata unica con cappelle laterali; il pavimento in piastrelle bianche e nere, che nel XX sec., sostituirono le maiolicate, le cui tracce, sono ancora visibili in una delle cappelle laterali.
Lungo la navata, decorazioni in stucchi bianchi e dorati riproducenti elementi naturali e putti; sulla cantoria un organo del 1770, con rifiniture in legno dorato e verde scuro. Nell'abside è posta la tomba di Jacopo Sannazzaro , monumento realizzato da Giovanni Angelo Montorsoli. In una sorta di piccola cappella è custodito un presepe con statue lignee, realizzato da Giovanni di Nola.
Sculture, dipinti, affreschi e tele di artisti come: Francesco Saverio Candido; Dirk Hendricksz (conosciuto anche come: Teodoro D'Errico morto nel 1594 ) e Manlio di Barletta, morto nel 1566, la cui aspirazione era quella di farsi seppellire a Mergellina, in quanto, innamorato del luogo; Leonardo Grazia di Pistoia; Wenzel Cobergher; Pietro Nicolini; Francesco Saverio Citarelli; Giovan Battista Lama; Jean Baptiste Dubuisson; Bartolomeo Annannati, arricchiscono la Chiesa.
Nella sagrestia è presente una tavola di Francesco da Tolentino del 1515 e un lavamano in marmo bianco del XVI sec., il quale porta scolpito al centro un putto; al lato destro: lo stemma dei servi di Maria; al lato sinistro: lo stemma di Sannazzaro.
Palazzo di Donn'Anna: palazzo monumentale del XVII sec., uno dei più celebri palazzi di Napoli del 1600, per volontà di donna Anna Carafa, consorte del viceré Ramiro Nunez de Guzmàn, duca di Medina di Las Torres, su disegno di Cosimo Fanzago. Il palazzo, restò incompiuto per la prematura morte di donna Anna, assumendo lo spettacolare fascino di una rovina antica, confusa fra i resti delle ville romane che caratterizzano il litorale di Posillipo.
Al suo interno, di notevole interesse è il teatro, aperto verso il mare dal quale si gode un magnifico panorama della città partenopea. E' sede della fondazione culturale: Ezio De Felice. L'edificio è interamente utilizzato come abitazioni private (diviso in vari condomini). Molte leggende sono legate al palazzo come quelle scritte da Matilde Serao, compresa quella del fantasma della giovane e bellissima Mercedes de las Torres; Giovanna d'Angiò e i suoi giovani pescatori amanti; trovò posto anche nella letteratura di Raffaele La Capria che ne fece uno dei luoghi del suo: “ferito a morte”.
Parco della rimembranza: si estende su un'area di 12.000 mq., è caratterizzato da un sistema di terrazze che affacciano sul golfo di Napoli, da qui è possibile osservare le isole di Procida, Ischia e Capri, l'isolotto di Nisida, il golfo di Pozzuoli con i quartieri che affacciano sul mare, il Vesuvio, la costa vesuviana, il centro storico di Napoli e la penisola sorrentina.
Nel parco è presente l'anfiteatro che ospita spettacoli teatrali e musicali di vario tipo. Un impianto sportivo con pista di atletica leggera; sono presenti busti di diverse specie: lecci; olivi; roveri e un denso sottobosco.
Chiesa S. Maria di Bellavista: così chiamata per la magnifica posizione che occupa; nella sua forma di cappella, fu eretta nel 1860 per volontà della nobile famiglia: Capece Minutolo, specialmente dalle sorelle Adelaide e Clotilde dei principi di Canosa.
E' decorata con un organo settecentesco, statue lignee ad opera della scuola Caravaggesca; venne affidata all'ordine di Malta e poi ai Padri Vocazionisti, che la reggono ancora oggi.
Villa Maria Pia: già Rosebery – è un complesso monumentale, uno dei principali punti di riferimento del neoclassicismo a Napoli. La villa è stata costruita come residenza reale ed è una delle tre residenze ufficiali del Presidente della Repubblica Italiana perciò: (non visitabile).
Ha una superficie di 66 mila mq., deve la sua origine all'ufficiale Austriaco Joseph Von Thurn, come residenza di campagna; in seguito acquistata dalla principessa di Gerace di Oristano che convertì la villa in rappresentanza. Nel 1857, fu venduta a Luigi di Borbone Comandante della Real Marina del Regno delle due Sicilie, in seguito fu venduta al banchiere Francese Gustave Delahante e nel 1897, acquistata da Lord Rosebery (statista Britannico) il quale per non sostenere spese di manutenzione, la lasciò al governo Inglese restando il proprietario, così fu sede di rappresentanza e villeggiatura per gli ambasciatori Inglesi in Italia.
Deceduto Lord Rosebery, gli eredi la donarono allo Stato Italiano che la adibì a residenza reale estiva. Nel 1934 la principessa Maria Josè, moglie di Umberto di Savoia, vi diede alla luce la primogenita Maria Pia e da quel momento fu chiamata: Villa Maria Pia. Con l'esilio del re, fu provvisoriamente degli alleati, riprendendo il nome: Rosebery e fu concessa all'Accademia Aeronautica; dal 1957 è una delle tre residenze ufficiali del Presidente della Repubblica Italiana.
Villa Volpicelli: la villa è già presente nella veduta del Baratta (pittore Italiano per i paesaggi) del 1629, riconoscibile dall'alta torre cilindrica della struttura fortificata del palazzo i cui lavori di Pietro Santacroce; fu soprannominata:” il fortino” (come riporta la mappa di Giovanni Carafa).
Nel 1884, fu acquistata da Raffaele Volpicelli dai principi di Ischitella. Oggi è tra le più belle di Posillipo; interessante il suo vasto giardino, nascosto da un muro di cinta; si distende verso il mare e sfiora le proprietà di villa Rosebery. Dal 1999 è stata scelta per rappresentare l'esterno di palazzo Palladini, il condominio nel quale sono ambientate gran parte delle vicende della : ”soap opera di RAI tre un posto al sole”.
Marechiaro: piccolo borgo del quartiere di Posillipo, negli anni sessanta, fu uno dei simboli della dolce vita napoletana, divenendo famoso per le sue frequentazioni Hollywoodiane, i suoi ristoranti tipici che affacciano sullo splendido panorama del golfo e per il caratteristico scoglione; da Marechiaro si ha una vista panoramica su tutta la città di Napoli, il Vesuvio, Penisola sorrentina e isola di Capri.
Il nome Marechiaro, non è dovuto alla trasparenza delle acque ma alla quiete, già in alcuni documenti del periodo Svevo, si parla di mare planum che tradotto in napoletano:” mare chianu” da cui Marechiaro. Un particolare, noto in tutto il mondo:” la finestrella”; la leggenda narra che il poeta e scrittore napoletano: Salvatore di Giacomo, vedendo una piccola finestrella, sul cui davanzale, c'era un garofano, ebbe l'ispirazione per quella che è una delle più belle e celebri canzoni napoletane: ”Marechiaro”.
Tutt'oggi, la finestra esiste e c'è sempre un garofano fresco sul davanzale oltre ad una lapide celebrativa in marmo bianco, con sopra inciso lo spartito della canzone e il nome dell'autore (morto nell'aprile del 1934). L'archivio della canzone napoletana, testimonia l'esistenza di circa 200 canzoni dedicate a questo piccolo borgo di Posillipo ed un gran numero di poesie.
Palazzo degli spiriti: lasciando sulla sommità dell'abitato, i ruderi di un tempio romano dedicato alla dea Fortuna, ci facciamo affascinare dal palazzo sgretolato dal tempo e dal mare, costruito nel I sec., a. C., nell'ambito della villa imperiale di: Pausilypon, lussuosa dimora del ricco liberto: Publio Vedio Pollione. La leggenda narra che nelle notti di calma piatta, molti pescatori, hanno sentito suoni melodiosi provenire dal palazzo degli spiriti; qualcuno afferma pure di aver visto tra le arcate, una figura luminosa suonare la cetra e declamare versi poetici.
Un'altra leggenda racconta di falsari levantini, forse Turchi che vi avessero impiantato una zecca e coniare monete false; per non essere disturbati, appendevano alle finestre del palazzo, alcuni teli bianchi, che agitati dalla brezza marina e illuminati dalle torce retrostanti, arricchivano ancor più l'elenco del mistero.
La Gaiola: piccolo borgo peschereccio e piccola isoletta dirimpetto alla costa di Posillipo, nel parco sommerso di Gaiola (piccola area marina protetta 42 ettari di mare). In origine la piccola isola, affiancata da due scogli, fu nota come Euplea e caratterizzata da un piccolo tempietto dedicato a Venere Euploea.
Nel XVII sec., l'isoletta era piena di fabbriche romane (epoca imperiale) ; più vicina ai tempi nostri, fungeva da batteria a difesa del golfo e negli anni 20 del novecento, una teleferica collegava l'isoletta alla terraferma. Nel XIX sec., era abitata da un eremita chiamato: lo stregone che viveva con le offerte dei pescatori.
L'isoletta fu acquistata dall'archeologo Guglielmo Bechi (archeologo, architetto, insegnante, teorico Italiano) nel 1820 e diresse gli scavi di Pompei dal 1851 alla scomparsa; fu acquistata poi da Luigi de Negri che fallì; tra i successori proprietari: Norman George Douglas (scrittore Britannico). Dopo tanti proprietari che si sono succeduti, data la nomea di: isola maledetta per insuccessi, fallimenti e morte improvvise e misteriose di proprietari, oggi è proprietà della Regione Campania.
Una gita in barca, consente di visitare le grotte scavate nella costa dalla forza delle onde, la più vasta è chiamata: grotta dei tuoni, per il forte rumore che la risacca produce tra le sue pareti.
Villa Pausilypon: fu costruita nel 31 a. C. da Publio Vedio Pollione (equite e liberto, ricco cavaliere romano) per trascorrervi gli ultimi giorni. La villa comprende anche un teatro di 2.000 posti, un odeon per piccoli spettacoli, un ninfeo e un complesso termale. Per la sua posizione panoramica, con vista suppa parte restante di Napoli, penisola sorrentina, Vesuvio e Capri, divenne residenza di Augusto alla morte di Publio nel 15 a. C.. L'ultimo da abitarla fu Publio Elio Traiano Adriano (Italica 26 gennaio 76 d. C. Baia 10 luglio 138 d. C.) imperatore romano della dinastia degli imperatori adottivi (la dinastia degli imperatori adottivi va dal periodo 96 elezione di Nerva al 180 d. C. con la morte di MarcoAurelio.
Parco di Posillipo: legato alla villa Pausilypon , si affaccia tra i golfi di Napoli e Pozzuoli, offre numerose testimonianze archeologiche, naturalistiche e paesaggistiche con diversi itinerari di visite guidate, trovandosi in uno dei luoghi più belli della città e dotato di un belvedere che offre uno scenario incomparabile.
Al suo interno anche la Grotta di Seiano, un traforo lungo 770 metri, scavato in epoca romana, nella pietra tufacea. Deve il nome a Lucio Elio Seiano del I sec., d. C. che lo ampliò per collegare la villa Pausillypon e altre ville patrizie ai porti di Puteoli e Cumae.
Nisida: è una piccola isola appartenente all'arcipelago delle isole Flegree. Il suo piccolo porto era utilizzato dalla: NATO. Da alcuni decenni è collegata alla terraferma da un lungo cortile carrozzabile; è di origine vulcanica la sua eruzione si data tra i 10.500 e gli 8.000 anni fa rientrando essa, nel terzo periodo Flegreo.
Fu chiamata dagli antichi greci: Nesis ( isola) e Nesida (dal greco piccola isola). In epoca classica Lucio Licinio Lucullo, vi costruì una villa che divenne famosa per le feste e le cene (luculliane) che si celebravano. Sull'isola vi era anche la villa di Marco Giunio Bruto (che ci porta all'uccisione di Cesare).
Nel XV sec., la Regina di Napoli Giovanna II d'Angiò ebbe qui una villa, trasformata poi in castello, che divenne uno dei capisaldi della difesa napoletana. Nel XVII sec., i Borbone riadattarono la struttura in penitenziario. Oggi, è divisa tra un presidio militare e un carcere minorile aperto nel 1934.
Mostra d'oltremare: è una delle principali sedi fieristiche Italiane, assieme alla fiera del Levante di Bari, si estende su 720.000 mq e comprende edifici di notevole interesse storico – architettonico : teatro Mediterraneo; Arena Flegrea; parco giochi Edenlandia; piscina; campi da tennis; pattinaggio; acquario; giardino zoologico; cinodromo; stadio S. Paolo; e la monumentale:
Fontana dell'Esedra: del 1938, voluta dal regime fascista per celebrare il colonialismo Italiano (ebbe inizio nel 1882 con il possedimento di Assab in Eritrea e alla massima espansione: Libia; Somalia; Etiopia; Eritrea; Dodecaneso (arcipelago della Grecia); Albania e la piccola concessione Cinese nella città di Tientsin) ispirata ai settecenteschi modelli della Reggia di Caserta.
Si estende su 900 mq., in grado di contenere 4.000 m.cubi di acqua; emettere getti alti a 40 metri; conta 76 vasche a esedra; 1300 ugelli di ottone e bronzo; 12 fontane a cascata e altrettante elettropompe. Grazie a 800 proiettori che emettono luci di vario colore e un impianto audio, è in grado di offrire spettacoli suggestivi.
Le decorazioni in ceramiche sono opera di: Giuseppe Macedonio.
Chiesa S. Maria di Piedigrotta: del 1352 sul sito di una precedente Chiesa dedicata all'Annunciazione del V sec., la facciata è di Errico Avellino, mescolando linee rinascimentali con quelle gotiche; nel timpano c'è un bassorilievo che rappresenta la Madonna, a sinistra, re Alfonso d'Aragona in ginocchio; a destra Agostino d'Ipponia, padre ispiratore dei canonici Lateranensi; sotto il timpano l'iscrizione: “DEIPARAE VIRGINI NASCENTI SACRUM”.
Il portale in noce, fu scolpito da Bernardo Manco nel 1853 e reca i quattro Evangelisti e i Santi: Pietro e Paolo, gli stemmi e la scritta: ”UNA EX SEPTEM”.
L'interno a croce greca a navata unica arricchita da cupole decorate da Eugenio Cisterna; oltre alla Chiesa, il complesso monastico formato dal cenobio, farmacia, canonica, campanile e chiostro. Nella canonica vi è un ex voto di Edoardo Dalbono, offerto dall'artista per la guarigione della moglie e altre tele di Francesco Solimena, Mattia Preti e Salvator Rosa.
La volta è affrescata tra il 1818 e il 1824 da Gaetano Gigante. All'ingresso l'iscrizione della storica visita di Pio IX il 15 settembre 1849. L'edificio sacro è ricco di affreschi, sculture, dipinti di: Fabrizio Santafede; Paolo Domenico Finoglia; Wenzel Cobergher; Giuseppe Mancinelli; Gaetano Filangieri; Tino di Camaino; Belisario Corenzio.
Nella Chiesa venne sepolto: Claudio Gonzaga (1586) figlio di Luigi Gonzaga (1549), dei Gonzaga di Palazzolo. Il chiostro è arricchito da entrambi i lati con colonnato e capitelli in marmo, gli stemmi Aragonesi e delle famiglie nobili locali, opera di Tommaso Malvito. Attualmente è occupato dall'ospedale della Marina Militare.
La Chiesa è popolare soprattutto l'otto settembre, che si celebra la festa religiosa della natività di Maria. Tale culto, risale al 1353, festa della Piedigrotta Napoletana.
Parco Vergiliano: a Piedigrotta , dietro l'omonima Chiesa; fu risistemato nel 1885, ma solo nel 1930, in occasione del bimillenario delle celebrazioni Virgiliane è diventato parco. E' monumento nazionale. Nel parco è presente il: cenotafio (monumento sepolcrale) di Virgilio, un colombario di età romana e dal 22 febbraio 1939, ospita la tomba di Giacomo Leopardi, che inizialmente era nella Chiesa di S. Vitale martire a Fuorigrotta.
L'ingresso è gratuito; la tomba è rappresentata da un'altra ara con base quadrata alquanto larga, all'interno di una grotta tufacea. Sull'ara è presente il nome del poeta e a fianco una stele, incisa nella pietra, a dimostrare l'attendibilità della tomba da parte del governo Italiano firmata da Vittorio Emanuele III; più avanti, è la crypta neapolitana: imponente galleria di epoca romana che collega Mergellina con Fuorigrotta.

Escursioni
Eremo di Camaldoli: fu fondato mille anni fa dal San Romualdo, una comunità di monaci Benedettini, immerso nella pace della foresta, nel punto più alto dei Campi Flegrei; dotato di un belvedere sotto cui si estende uno dei più vasti e impareggiabili paesaggi d'Italia, come impareggiabile punto panoramico è il belvedere: Pagliarella.
Agnano: è una nota stazione termale, alimentata da copiose sorgenti, situata sulla bocca di un cratere che emana modeste fumarole. Il cratere è occupato dall'ippodromo di Agnano, notissimo per la lotteria legata alle corse che vi si svolgono. Poco lontano è il bosco degli Astroni, cupo e rigoglioso, sviluppatisi su rilievi craterici, è ricco di piante e animali selvatici e piccoli laghi.
Napoli sotterranea: da non dimenticarla, partecipare all'escursione è come compiere un viaggio nella storia di 2400 anni, dall'epoca greca a quella moderna. Si snoda a 40 metri di profondità, tra cunicoli e cisterne, resti dell'antico acquedotto romano, dei rifugi antiaerei , il museo della guerra e gli orti ipogei, la stazione sismica Arianna e tanto altro ancora.
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