san-gimignano4.jpg
san-gimignano5.jpg
san-gimignano3.jpg
san-gimignano1.jpg
san-gimignano2.jpg
Collina

San Gimignano

Manifestazioni

Segnala un evento


San Gimignano fu abitato dagli Etruschi nel III sec. a. C. essendo il colle dominante, fu scelto per questione strategiche. La prima volta fu nominata nel 929 in un atto relativo alla concessione di un lotto di terreno della Val d'elsa al vescovo di Volterra, da parte del re d'Italia Ugo di Provenza. La prima cinta muraria risale al 998. Non mancarono le lotte intestine tra Guelfi e Ghibellini e sotto i Ghibellini. Nel sec. XIII si ebbe il periodo di maggiore splendore economico. La solida economia espresse la supremazia politica e sociale nella costruzione delle torri; oggi ne restano circa 14 delle 72 del trecento.
Nel XIX sec si cominciò a riscoprire la particolarità e la bellezza della cittadina, che venne sottoposta a vincolo monumentale nel 1929 e nel 1990 è stata dichiarata dall'UNESCO “Patrimonio culturale dell'umanità”.
Per la sua caratteristica architettura medievale del suo centro storico è stato dichiarato dall'UNESCO “PATRIMONIO DELL'UMANITA'”.

Monumenti
Le Torri: è un bene protetto dall'UNESCO essendo famosa per le torri medievali, che le hanno valso il soprannome “Manhattan del medioevo”; delle 72 tra torri e case-torri del periodo d'oro, nel 1580 ne rimasero 25 ed oggi ne contiamo 16. La più antica è la torre “Rognosa“ alta 51 metri, mentre la più alta è la torre del Podestà, detta anche torre grossa di 54 metri.
Torri degli Ardinghelli: risalgono al sec. XII; le due torri sono tra le 14 torri medievali site in piazza della cisterna. Le due torri sebbene entrambe a base quadrilatera, si presentano diverse: quella di destra è più stretta e possiede un aspetto più severamente medievale, coperta da bozze regolari a vista vi si aprono poche strette monofore e una feritoia. Quella di sinistra invece ha una superficie più ampia, con finestre ad arco che sembrano suggerire un impiego anche strutturale degli archi per scaricare il peso della muratura.
Torre dei Becchi: è una delle 14 torri superstiti ed è sita a ridosso dell'antico arco dei Becchi; risale al duecento e si presenta con aspetto molto semplice: a base quadrata è costruita da bozze regolari a vista, che nella parte più alta diventano filaretto; rare aperture a feritoia si aprono sui lati principali.
Torre Chigi: sebbene non molto alta, è una delle più belle della città, risale al 1280. I primi tre piani sono coperti da pietra a vista, tagliata in bozze ben squadrate sui quali si aprono luci con archi ribassati. Al primo piano si accedeva con scale; retaggio dei tempi delle lotte intestine delle città medievali che per dormire sicuri, si preferiva costruire l'accesso al primo piano ritirando le scale durante la notte. Al secondo piano la finestra è una stretta feritoia con arco poggiante su mensola.
La parte superiore è coperta da laterizio con due monofore uguali sui primi due piani.
Torre dei Cugnanesi: si trova a ridosso dell'arco dei Becci che insieme al massiccio palazzo dei Cugnanesi era parte dell'apparato difensivo. La torre risale al sec. XIII ed è una delle più alte della città, il palazzo è coevo ed è riconoscibile per la serie di beccatelli esterni che sostengono il ballatoio aggettante al livello superiore. Sul retro, dalla strada che sale verso la rocca di Montestaffoli, si nota il massiccio angolo del palazzo somigliante ad un bastione; in effetti era parte della prima cinta muraria della città.
Torre del diavolo: faceva parte dell'attiguo palazzo dei Cortesi; il nome deriverebbe secondo la leggenda, dalla prodigiosa elevazione che il proprietario avrebbe un giorno constatato tornando da un viaggio: l'opera sarebbe stata ritenuta un artificio del demonio. L'alta torre è caratterizzata da un portale di doppia altezza, che suggerisce un antico passaggio pedonale: infatti ai suoi piedi si apriva il cosiddetto “vicolo dell'oro“ dov'erano le botteghe dei battiloro, coloro che riducevano il metallo prezioso in fogli sottilissimi martellando sui fiorini ed usato per le tavole dipinte a fondo oro.
Il piano superiore profilato da una fila di buche pontaie con mensole, il quale fa supporre l'esistenza di un antico ballatoio ligneo; illuminato da una stretta feritoia tipica dell'epoca medievale per esigenze difensive. L'ultimo piano è circondato da mensole sporgenti e doveva contenere una piattaforma attorno ad un'altana in laterizio che ancora esiste. L'aspetto un po' sinistro dei sostegni deve aver contribuito alla leggenda.
Il palazzo Cortesi ha solo due piani con monofora; a differenza della torre che si presenta in candida pietra calcarea, è realizzato in una pietra leggermente più scura e di colore giannognolo.
Torre Grossa: è la più alta di S. Gimignano (da cui il nome) ed è posta accanto al palazzo nuovo del Podestà. Fu iniziata il 21 agosto 1300 quattro mesi dopo che la cittadina aveva ospitato Dante Alighieri e fu completata nel 1311; è alta 54 metri e assieme alle due torri gemelle site nella piazza delle erbe è consentito l'accesso al pubblico.
Come tutte le torri san-gimignanesi ha una base quadrata, il paramento a vista è in pietra tagliata in bozze ben regolari. Dalla sommità si gode uno stupendo panorama sulla cittadina e la campagna circostante. E' presente una cella campanaria circondata da un camminamento protetto da parapetto poggiante su archetti pensili; la copertura della cella è di forma piramidale come la vicina torre Rognosa.
Torre di Palazzo Pellari: non si conosce l'esatta data di costruzione ma un documento la colloca anteriore al 1237; essa ha una forma a parallelepipedo con una copertura piramidale, non dispone di finestre ed è coperta da filaretto (un tipo di muratura irregolare tipica dell'edilizia medievale) a vista.
Il Palazzo Pellari si distingue per il paramento in laterizio con una decorazione marcapiano. Al piano terra dispone di un rivestimento in pietra tagliata in bozze ben squadrate, sul quale si aprono due portali con archi ribassati.
Torre Rognosa: è detta anche “torre dell'orologio“ o “torre del Podestà”, è una delle più alte e meglio conservate. Fu costruita nel 1200 e appartenne alla famiglia Gregori; è alta circa 52 metri ed è la seconda più alta della cittadina dopo la torre Grossa di 54 metri. Il nome Rognosa le è stato attribuito dopo il trasloco del Podestà, essa divenne carcere. Poco sopra i merli del vecchio palazzo del Podestà vi è una stretta apertura architravata che conduce a un terrazzino coperto da tettoia.
La torre dispone di una sola finestrella e all'ultimo piano un'altana, la quale aveva funzioni di una cella campanaria laica per richiamare la cittadinanza in caso di pericolo e non per motivi religiosi. In seguito divenne la campana che segnava le ore. I quattro archi poggianti su solidi pilastri reggono la copertura piramidale con tegole color rosso.
Torri dei Salvucci: sono due torri gemelle appartenute alla più importante famiglia ghibellina della città “i Salvucci”. Esse furono costruite dall'aspetto imponente da simboleggiare la supremazia familiare sulla città, oggi come altre torri sono di altezza inferiore al passato, poiché all'epoca della loro costruzione superavano l'altezza della torre Rognosa e nel 1255 fu emanato un divieto a superare tale altezza. Le torri si presentano entrambe a base quadrata con pochissime aperture, solo qualche finestrella rettangolare.
In alcuni testi le torri da 16 diventano 14 poiché nel conteggio non rientrano il campanile della Collegiata e la Casa-Torre Pesciolini che hanno caratteristiche diverse.
Chiesa Collegiata: detta anche “il Duomo“; i lavori iniziarono nel 1056 e fu completata nel 1148 ed è considerata uno dei più prestigiosi esempi di romanico-toscano; venne ampliata nel 1460 su progetto di Giuliano da Maiano. Si presenta a tre navate e le pareti completamente affrescate; tra le opere: San Sebastiano di Benozzo Gozzoli e le storie di Santa Fina di Domenico Ghirlandaio site nella cappella di S. Fina.
Di scuola senese: il Vecchio e Nuovo Testamento ad opera di Bartolo di Fredi e il Giudizio Universale di Taddeo di Bartolo. Notevoli le sculture di Giuliano e Benedetto da Maiano, nonché l'Annunciazione lignea di Jacopo della Quercia.
La facciata è preceduta da una scalinata ed è aperta da un doppio portale con arco e lunetta monolitica a tutto sesto e la ghiera decorata a cordone, interessante è la presenza nell'archivolto di conci di gabbro (roccia magmatica) caso estremamente raro da trovarsi, mentre tutto il parametro della facciata è in travertino.
Nel 1239 Matteo Brunisemd lavorò al grande occhio in pietra sagomata al centro della facciata; la cornice è decorata con un motivo a foglie arrotondate a nervate. L'interno si presenta a tre navate scandite da colonne col volte a vela affrescate e intonaco dipinto alle pareti. Le navate sono divise da una serie di archi che formano le sette campate e sorrette da colonne in pietra sovrastate da capitelli romanici e realizzate con rocchi di travertino. Alcuni capitelli sono decorati con un motivo a fogliami con festoni e vortici, rosette sovrapposte e teste umane.
La sacrestia è ornata da vari dipinti di scuola fiorentina del sec. XVIII, tra i più interessanti “discesa di Cristo al limbo” opera di Matteo Rosselli; Incoronazione della Vergine del Passignano; un presepe e un adorazione della Trinità opera di Giovanni Camillo Sagrestani e le due Deposizioni cinquecentesche di Jacopo Ligozzi (1591) e di Domenico Passignano (1590).
La torre campanaria è l'elemento più antico dell'intero complesso, nasce come elemento isolato e prima del sec. XIII viene trasformata in campanile. Il cambio di uso comportò anche ampie aperture di monofore per la collocazione delle campane.
Una porta con imposte lignee di Antonio da Colle (1469) porta al chiostro, circondato da un portico con arcate sostenute da colonne poggianti su di uno zoccolo continuo. Dal chiostro si gode la vista delle torri nell'angolo sud-occidentale.
Chiesa di S. Agostino: Affreschi sono presenti nella cappella di Santo Bartolo ad opera di Benedetto da Maiano; le storie della vita di S. Agostino di Benozzo Gozzoli e altri affreschi, tavole e tele di autori diversi come: Benozzo Gozzoli – Piero del Pollaiolo – Pier Francesco Fiorentino – Vincenzo Tamagni e Sebastiano Mainardi.
Adiacente alla Chiesa sorge il convento Agostiniano e un chiostro quattrocentesco. In questi locali fino al 1938 fu ospitata la raccolta ornitologica donata al comune di S. Gimignano dalla machesa Marianna Panciatichi Ximenes d'Aragona Paolucci nel 1918 ed ora esposta nella Chiesa del Quercecchio.
La Chiesa risale al 1280 interamente realizzata in mattoni, è semplice e austera con finestroni gotici, che scandiscono i fianchi coronati in alto da una cornice di arcatelle tribolate. La facciata è aperta da un prtale e da un occhio con la cornice decorata in cotto.
L'ampia navata è coperta con capriate lignee e si conclude con una cappella quadrangolare affiancata da due cappelle minori anch'esse a pianta quadrangolare. La cappella di S. Bartolo è posta nella contro-facciata della Chiesa e l'altare marmoreo è opera di Benedetto da Maiano, mentre il pittore sangimignanese “Sebastiano Mainardi“ cognato del Ghirlandaio, ha affrescato la volta con i dottori della Chiesa (Ambrogio – Agostino – Girolamo e Gregorio) e la parete accanto all'altare con S. Gimignano, S. Lucia e S. Nicola di Bari.
Il pavimento è stato realizzato con mattonelle in maiolica originali del sec. XV, opera di Andrea della Robbia. La cancellata in ferro battuto che delimita la cappella, è ottocentesca. La zona absidale è composta dalla cappella centrale del coro e due cappelle laterali. Nella cappella del coro si trovano le celeberrime storie della vita di S. Agostino di Benozzo Gozzoli; la pala dell'altare maggiore raffigurante l'Incoronazione della Vergine, Santi e Angeli musicanti è opera di Piero del Pollaiolo datata 1483.
Nella cappella alla destra troviamo affreschi con scene della vita della Vergine opera di Bartolo di Fredi, copiate dalle perdute scene che erano state affrescate da Simone Martini, Ambrogio e Pietro Lorenzetti del 1335 ed erano sulla facciata dell'ospedale di S. Maria della Scala di Siena, mentre la pala d'altare di questa cappella raffigura la nascita di Maria opera di Vincenzo Tamagni 1523.
Nella cappella di Sinistra vi è stata collocata una tavola di scuola fiorentina degli anni trenta – quaranta del sec. XV raffigurante una Pietà con episodi della Passione. Adiacente a questa cappella vi è un affresco di Sebastiano Mainardi con S. Gimignano che benedice tre illustri sangimignanesi datato 1487 e sovrasta il monumento funebre di Fra Domenico Strambi (1488) committente dell'affresco.
All'interno di un altare barocco vi è un affresco con la Madonna del latte di Lippo Memmi datato 1314/1315. Troviamo anche un pulpito di vero marmo di gusto rinascimentale decorato nel 1524. Lungo la navata troviamo altri affreschi di Benozzo Gozzoli di S. Sebastiano con devoti 1464; tavola con Madonna in trono con Bambino e Santi di Ridolfi del Ghirlandaio 1511; adorazione della Croce di Vincenzo Tamagni.
Pieve di Santa Maria Assunta a Cellole: Le prime testimonianze risalgono a due carte datate 949 e 1011 ed era dedicata a S. Giovanni Battista. Alla base della torre campanaria è posta un'iscrizione che recita: “+ REMOTA FUIT H PLEBS A M CXC IN ITA FACTA TEMPORE ILD PLE”; ciò testimonia che nel 1190 una precedente Chiesa nei pressi venne traslata in questo edificio sacro per volontà dell'allora pievano “Ildebrando”.
Nel sec. XVIII la Chiesa venne ridefinita in stile barocco, altri lavori si ebbero nel 1860 con l'abbattimento del campanile (pericolante) fino all'altezza del tetto. La facciata è datata 1238 e presenta un prospetto molto schiacciato, caratteristica abbastanza comune nelle Chiese a tre navate del contado senese; il portale e la feritoia a croce posta sotto la cuspide sono originali.
Il portale si presenta con un arco extradossato a tutto sesto e una ghiera decorata mediante prismi incuneati, inoltre ha una lunetta monolitica con risega poggiante su di un architrave con mensole decorate. Il semi-capitello di sinistra presenta una decorazione di tre ordini di fogliame le cui punte sono rivolte verso l'alto e un intreccio di figure zoomorfe stilizzate e disposte in maniera simmetrica. Al centro della facciata campeggia una bifora e sulla sua destra sporge una testa umana molto consunta.
L'interno si presenta a tre navate divise da colonne e pilastri che sorreggono archi a tutto sesto. L'aula interna presenta sette campate di cinque colonne per parte e alcune presentano tracce di affreschi.
Santuario di Maria Santissima Madre della Divina Provvidenza: Il Santuario si trova a Pancole frazine del comune di S. Gimignano, dove sorgeva un'edicola sulla quale Pier Francesco Fiorentino affrescò l'immagine della Vergine allattante il Bambino (1475/99); successivamente fu trascurata e venne coperta da rovi ed edera. Nel sec. XVII tutta la Valsesia conobbe un periodo di miseria e carestia dovuto alla siccità e nei giorni di aprile del 1668, Bartolomea Ghini pastorella muta dalla nascita, era particolarmente triste per la propria povertà che pianse a dirotto mentre il gregge pascolava. A quel punto le apparve una bella signora che le chiese il motivo di quel pianto, Bartolomea spiegò e la signora la rassicurò dicendo di andare a casa che avrebbe trovato la dispensa piena di pane, l'oliera piena d'olio e la cantina colma di vino.
Bartolomea si rese conto di aver parlato e scappò a casa chiamando a squarciagola i genitori anch'essi stupefatti nel sentire la figlia parlare e trovare la dispensa piena. Tutti vollero recarsi sul posto ma trovarono solo rovi; con falce e roncole estirparono i rovi scoprendo l'edicola con l'immagine che Bartolomea vide nell'affresco la signora che le aveva parlato. Nell'estirpare i rovi l'immagine fu graffiata da una roncola e tuttora il segno è visibile, da allora si venera la Madonna con il titolo di Madre della Provvidenza.
La notizia si divulgò presto e numerosi pellegrini accorsero con offerte e materiali edili per edificare una Chiesa e riparare l'edicola che in soli due anni fu completata la Chiesa. Il 14 luglio del 1944 i tedeschi in ritirata minarono la Chiesa che venne quasi completamento distrutta; si salvò la parete dell'altare dov'è posta l'immagine sacra; fu ricostruito secondo il precedente modello e il Santuario fu riconsacrato il 19 ottobre 1949.
Al suo interno oltre alla Vergine allattante si conservano due sculture lignee policrome del sec. XVII raffiguranti S. Giuditta con il figlioletto Quirico e S. Geminiano, nonché centinaia di ex voto, piccole tavolette dipinte lasciate in segno di devozione dai fedeli.
Chiesa del Quercecchio: risale al cinquecento e l'interno è interamente decorato da motivi ornamentali riferibili al settecento. Alla Chiesa è annesso l'oratorio di S. Francesco con lunette affrescate da Lorenzo Ciardi raffiguranti storie della vita di S Francesco. L'oratorio ospita il museo ornitologico dono della marchesa Marianna Panciatichi Ximenes d'Aragona Paulucci, una collezione di 1.260 pezzi all'epoca.
Il museo collocato nella sede attuale nel 1990 espone una selezione di 371 esemplari con l'intento di offrire al visitatore una vasta panoramica dell'avifauna Italiana ed Europea, ripercorrendo la via evolutiva da cui sono derivate le differenti specie. Si ammirano rapaci diurni e notturni, gruppi di uccelli acquatici; esemplari rari quali: una albanella pallida, un voltolino, una schiribilla e un re di quaglie, tutti catturati nel territorio toscano, nonché un pollo sultano di origine sicula e una gallina prataiola. Sono presenti anche specie estinte quali il picchio rosso mezzano e il picchio rosso minore.
Chiesa dell'ex Conservatorio di S. Chiara: qui nel 1448 sorgeva l'ospedale di S. Croce e nel 1500 furono trasferite le monache di Santa Chiara. La trasformazione in Conservatorio femminile risale al 1700 e in anni recenti è stato destinato a sede museale. Esso è l'unico esempio d'interno neoclassico presente in città; dipinti del 1800 realizzati dal pittore fiorentino Luigi Catani si conservano sulla volta decorata da stucchi.
Chiesa della Madonna dei Lumi: è sita a ridosso della porta San Giovanni, fu realizzata nel 1601; al suo interno si ammira la decorazione da stucchi e dipinti a monocromo ad opera di Pietro Scaliano nel 1794. Nel 1922 venne parzialmente demolita perchè ostruiva una parte della porta San Giovanni.
Chiesa di San Bartolo: è sita appena fuori della porta Cellolese appartenente alla prima cerchia di mura ed è tradizionalmente individuata cole lo spedale Gerosolimitano di S. Matteo eretto nel 1173 lungo la via Francigena. La prima testimonianza la troviamo in un documento datato 21 giugno 1196.
Si presenta come semplice edificio in laterizi a unica navata con copertura a capriate e priva di abside. La muratura è in mattoni di varie tonalità: dal nocciola all'arancio-rosato disposti in maniera irregolare. La facciata è uno degli episodi più importanti dell'architettura romanica in Val d'Elsa ed è spartita in due gallerie cieche di cinque arcate: il primo ordine è impostato su semi-colonne con basi pisane (toro-scozia-toro) con capitelli in stile dorico trasformati in semplici cornici.
Lateralmente gli archetti sono a tutto sesto con la ghiera scolpita a zig – zag e foglie ellittiche; l'arco centrale extradossato ha per ghiera una semplice cornice e sotto di esso si apre il portale con arco falcato e decorato ad archetti poggianti su di un architrave scolpita con una croce a otto punte a rilievo e mensole di travertino.
Il secondo ordine separato da quello inferiore da una cornice decorata a zig zag presentando cinque archi uguali e ogni arco poggia su capitelli ungulati con corallino e corpo. Gli archi di sinistra hanno una semi-colonna in mattoni mentre gli altri una colonnetta in travertino. Il timpano sembra frutto di un rifacimento e presenta mattoni non graffiti e di tonalità diversa alle sottostanti.
Al suo interno è interessante la decorazione presente nella lunetta dell'arco del portale che mostra, dipinte di rosso, numerose rosette a sei petali incorniciate da racemi stilizzati e conserva un Crocifisso ligneo fiorentino del XV sec.
Chiesa di S. Francesco: è tra gli edifici cosiddetti “minori” e quello che più di ogni altro si avvicina ai modelli stilistici del romanico pisano lucchese; è datato al XIII sec e nacque come spedale gerosolimitano. La Chiesa dopo la demolizione settecentesca da parte di un certo Salvatorelli che comprò l'edificio nel 1787 per il declino della stessa Chiesa, lasciando solo la facciata intatta, conserva oggi solo il primo ordine e presenta una galleria cieca di cinque fornici a tutto sesto, all'interno del più grande si apre il portale.
Ogni arcata è realizzata con conci di travertino e poggia su di una colonna molto esile; esse sono coronate da un capitello ungulato con collarino a tondino e l'abaco (parte del capitello degli ordini architettonici classici che ne costituisce la terminazione superiore) modanato in maniera varia. Ai lati del portale al posto delle foglie dei capitelli ci sono due teste umane insieme a dei motivi vegetali.
Tutto il paramento è fatto con travertino chiaro e sono visibili due fasce orizzontali e parallele di gabbro (pietra magmatica) che percorrendo tutta la parete di fondo della galleria danno un effetto di profondità. Il coronamento in conci di travertino scolpiti a stiacciato con motivi raffiguranti rosette a cinque punte, palme, giunchi intrecciati e anelli.
Chiesa di San Jacopo al tempio: Secondo un'antica tradizione fu fondata nel 1096 da alcuni sangimignanesi reduci dalla prima crociata in terra Santa, ma resta solo una leggenda poiché il primo insediamento in toscana dei templari risale alla prima metà del sec. XII.
L'edificio si presenta a navata unica senza abside e coperta a volta. Il paramento murario è composto da conci in travertino disposti a corsi orizzontali e paralleli nella parte inferiore, mentre nella parte superiore sono stati utilizzati mattoni zigrinati disposti in maniera irregolare. La facciata è a capanna aperta da un portale con arco estradossato a tutto sesto e ghiera stile pisano; nell'architrave su cui poggia la lunetta monolitica, è scolpito una croce dell'ordine templare in rilievo mentre le mensole sono decorate con figure antropomorfe.
L'ordine superiore della facciata presenta un rosone a ruota di carro posto sopra il portale e perfettamente inserito nella muratura; la ghiera del rosone è decorata con un motivo ad arcatelle cieche, caso unico nelle Chiese Val d'Elsane, mentre la cornice interna presenta una modanatura a gola. Al culmine della facciata vi è una cornice a mensole scolpite che continua per tutto il sotto-gronda e una serie di mattoni disposti a dente di sega. Il campanile a vela e il cavalcavia sono di epoche successive.
L'interno a navata unica è divisa in cinque campate scandite da arconi trasversali che poggiano su semi-colonne e semi-pilastri, coperte da una volta a crociera in mattoni. La contro-facciata presenta un matroneo del sec. XVII. Interessanti sono i semi-capitelli lapidei che coronano le lesene per le forme che presentano: vi sono scolpiti rosette a sei petali e a gigli, ampi fogliami d'acqua. Sulla parete di fondo vi sono tre affreschi trecenteschi opera di Memmo di Filippuccio e Pier Francesco Fiorentino.
Chiesa di S. Lorenzo al Ponte: deve il suo nome ad un ponte levatoio che permetteva il collegamento con l'antico castello del vescovo. La Chiesa risale al 1240; essa si presenta a navata unica con paramento murario realizzato mediante l'uso del mattone. L'interno conserva diffuse decorazioni ad affresco realizzate da Cenni di Francesco di ser Cenni. Interessante è la Madonna in Gloria sulla parete destra il cui volto è attribuito al giovane Simone Martini.
Chiesa di S. Pietro in Forliano: la prima testimonianza risale al 28 dicembre 1262 quando tale Noccio fu Guiciardo nel suo testamento lasciò 10 soldi alla Ecclesia s. Petri de Forliano. Si presenta a navata unica rettangolare coperta a tetto. La facciata è a capanna con occhio sovrapposto al portale il quale presenta un arco realizzato con conci di calcare e architrave a mensole scolpite a teste umane; la lunetta è tamponata mediante l'uso di mattoni disposti a lisca di pesce. É dotata di un campanile a vela.
L'interno conserva interessanti affreschi del trecento di Memmo di Filippuccio che realizzò L'Annunciazione, la Madonna in trono tra due Sante e l'Adorazione dei Magi.
Chiesa di S. Girolamo: la fondazione risale al 1337 per trasferirvi le monache del vicino monastero di San Vittore e S. Niccolò. Da quasi sette secoli è affidato alla cura delle monache Benedettine Vallombrosane. Sull'altare maggiore campeggia una tavola di Vincenzo Tamagni firmata e datata 1522 raffigurante la Madonna col Bambino, S. Giovanni Gualberto, S. Giovanni Battista, San Benedetto e S. Girolamo. Pregevole è il monumento sepolcrale con il busto di Suor Fidamonte Malenotti morta nel 1932.
Convento di Monte Oliveto: venne fondato nel 1340 e ingrandito nel 1458. La Chiesa mostra una facciata in pietra con in basso un portico su colonne; nella lunetta è collocato un affresco di Vincenzo Tamagni raffigurante la Madonna con due monaci.
L'interno a navata unica con cappelle laterali e volta a crociera decorata con stucchi barocchi del 1698. Vicino alla tomba del maestro Antonio Salvi 1411 si accede alla sagrestia con preziosi arredi rinascimentali. Il chiostro quattrocentesco con portico ad arcate su colonne, di fronte all'accesso vi è un affresco con Crocifissione risalente al 1466 della bottega di Benozzo Gozzoli.
Loggia del Battistero: è un loggiato romanico, venne chiuso nel 1632 e trasformato nell'oratorio di S. Giovanni. Sulla parete di fondo è visibile l'affresco dell'Annunciazione 1482 di Sebastiano Mainardi, tra i più importanti pittori della bottega di Domenico Ghirlandaio.
Spedale di S. Fina: che insieme all'ex Conservatorio di S. Chiara forma il museo archeologico e la Galleria d'Arte moderna e contemporanea. La sua fondazione risale al 1253 con numerose elargizioni devozionali, presenta una sobria facciata dalle forme tardo rinascimentali e conserva nell'ingresso un interessante complesso decorativo con lunette affrescate da Sebastiano Mainardi, raffigurante i Santi: Bartolo, Gimignano, Pietro martire e Niccolò” e due busti in marmo policromato del fiorentino Pietro Torrigiani, mentre le sculture raffiguranti “S. Fina e S. Gregorio” furono realizzate a Roma nel 1498.
Speziera di S. Fina: è di grande interesse, vi è riprodotta l'antica farmacia con i contenitori di ceramica e vetro per i medicinali.
Museo archeologico: è ospitato nella loggia dal 1977 con reperti di etrusca e romana, sono essenzialmente ceramiche, urne e bronzi del periodo ellenistico.
Galleria d'arte moderna e contemporanea: dedicata al pittore Raffaele De Grada ed è diventato un importante spazio espositivo della città. La Galleria custodisce anche dipinti di Niccolò Cannicci, Renato Guttuso, Ugo Nespolo e altri pittori del novecento.
Abbazia del S. Sepolcro e di S. Maria a Elmi: il documento più antico dell'Abbazia è l'atto di fondazione redatto il 2 ottobre 1034 il cui fondatore Adelmo di Subbio dona beni e terre. Attualmente è difficile identificare l'antica struttura a causa dei numerosi edifici che si sono addossati al corpo abbaziale. Spicca una massiccia torre a panta quadrata aperta da una stretta feritoia nella fiancata.
La facciata è a capanna tripartita da quattro lesene, è intonacata e decorata con una serie di archetti pensili. La parte anteriore a cui si accede dal portale in facciata, è occupata dalla cappella, mentre la parte retrostante è stata suddivisa in due piani: nel piano superiore vi è un'abitazione privata a quello inferiore un magazzino. Conserva intatta la cripta romanica, utilizzata fino alla seconda guerra mondiale come cantina.
Casa Salvestrini: è un antico palazzo nobiliare e risale al duecento, caratterizzato da un paramento in laterizio con rinforzi in pietra agli spigoli e buche pontaie (trattasi di un buco fatto intenzionalmente per sostenere un'impalcatura di ponteggio e si trovano soprattutto nell'edilizia medievale). Al piano terra si aprono due portali gemelli con archi a tutto sesto incorniciati da estradossi ogivali, mentre ai piani superiori si allineano tre file di monofore. Dal 1918 ospita una struttura ricettiva.
Fonti medievali: la loro costruzione risale al sec. XIV, queste in antichità erano le fonti pubbliche dove si raccoglieva l'acqua e si lavavano i panni.
Loggia del comune: presenta tre arcate a tutto sesto sotto le quali le autorità prendevano posto durante le cerimonie pubbliche. Risale al 1338; sotto le arcate è affrescata una Madonna col Bambino e i Santi Michele Arcangelo e Giovanni Battista di scuola senese.
Palazzo comunale o palazzo nuovo del Podestà: attualmente ospita il museo civico e la pinacoteca, contenente capolavori di artisti come: Pnturicchio – Benozzo Gozzoli – Filippino Lippi – Domenico di Michelino – Pier Francesco Fiorentino ecc- all'interno del palazzo è visitabile la sala di Dante con la maestà di Lippo Memmi ed accedere alla torre Grossa alta 54 metri del 1311.
Altri Palazzi Nobiliari, mura medievali, Porta S. Giovanni, Porta delle Fonti, Bastione di S. Francesco e Rocca di Montestaffoli arricchiscono ancor più la cittadina.
Riserva naturale Castelvecchio: quasi tutto il territorio ha una natura calcarea con vegetazione eterogenea e l'erica multiflora pianta tipica delle terre calcaree. Nella parte meridionale della riserva affiorano le pareti rocciose su cui campeggiano le rovine di Castelvecchio.
Necropoli di Cellole: qui sono state rinvenute sepolture etrusche risalenti al periodo V sec. a. C. al II sec. a. C.
Conosci questa località ?
Oppure chiedi a chi la conosce

Aggiornamenti degli utenti

Se conosci notizie ulteriori, hai consigli per chi intende visitare questa località, oppure precisazioni particolari, scrivile qui in modo da aiutarci a tenere sempre aggiornata la scheda della località.

Foto inserite dagli utenti
Click per ingrandire

Aggiungi
Foto

Carica un'Immagine

×

Diari di viaggio
Click per leggere

Aggiungi
Diario